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15 giugno 1944. Sante e i martiri trucidati dopo giorni di torture e soprusi

Ricorre oggi l'anniversario dell'uccisione dei fratelli Tani e Aroldo Rossi. Una pagina drammatica della storia contemporanea

Sono passati 76 anni da quando, all'interno del carcere aretino San Benedetto, persero la vita Sante Tani, suo fratello don Giuseppe e Aroldo Rossi. Una pagina particolarmente cruenta della storia contemporanea locale che si intreccia anche con la drammatica sorte di Jean Mauritz Justin Meuret (cittadino belga di 20 anni ucciso fuori dalla casa circondariale) e Giuseppe Oddone, orefice di Alessandria fucilato nelle stesse ore a Ponticino. La cella in cui per mano dei fascisti di Salò persero la vita i tre partigiani è stata riconosciuta monumento nazionale e preserva il ricordo intatto ed indelebile del terribile episodio accaduto esattamente un mese prima della liberazione della città. Il racconto di quei terribili fatti è stato ripercorso da Enzo Gradassi in più di una sua pubblicazione e, recentemente, sempre sulla stessa vicenda insieme a Santino Gallorini aveva avviato un importante ed accurato lavoro di ricostruzione ed indagine storica sintetizzandolo in un libro di prossima pubblicazione.

15 giugno 1944

Nel carcere di Arezzo vennero brutalmente trucidati da componenti della Guardia Nazionale della Repubblica di Salò, Santino Tani, Don Giuseppe Tani e Aroldo Rossi, catturati il precedente 30 maggio nei pressi di Montauto (Anghiari). Poco dopo, in un conflitto a fuoco fuori Porta San Biagio, dietro la chiesa di San Domenico, veniva ucciso il Tenente belga Jean Mauritz Justin Meuret, che aveva partecipato al tentativo di liberare i tre prigionieri.

Figlio di Angiolo Tani ed Elisa Meacci, Sante Tani fin da giovane fu un aperto oppositore del fascismo. Si laureò in giurisprudenza a Roma e, una volta rientrato ad Arezzo, operò come agitatore e cospiratore in contatto con esponenti di tutti i partiti politici clandestini. Venne arrestato il 4 febbraio 1942, tre giorni dopo la nascita di sua figlia, e rimase in carcere ad Arezzo per più di tre mesi, dopodiché venne condannato a quattro anni di confino in provincia di Benevento. Dopo la caduta del fascismo poté però tornare nella propria città, diventando presidente della locale sezione del CLN (comitato liberazione nazionale) e prendendo il comando di formazioni partigiane operanti nella campagna. Nuovamente arrestato, fu ucciso in cella dopo diciassette giorni di torture il 15 giugno 1944. A lui è stata conferita la medaglia d'oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione: 

"Subito dopo l'armistizio dava vita al movimento di resistenza nella città e nella provincia di Arezzo. Organizzatore ed animatore impareggiabile, presiedeva il Comitato di Liberazione Cittadino e comandava formazioni di partigiani nella campagna dando, in difficili circostanze, bella prova di decisione di coraggio. Caduto in mani nemiche, veniva brutalmente seviziato, gettato in carcere senza soccorso alcuno e, per 17 giorni, barbaramente ripetutamente interrogato. Mantenendo contegno fiero ed esemplare nulla rivelava anche quando gli veniva offerta la libertà a prezzo di delazione. Trucidato nella sua cella, sacrificava la vita agli ideali di Patria e di Libertà".

L'immagine che riportiamo di seguito è stata realizzata da Enzo Gradassi in occasione del 75esimo anniversario dell'uccisione. 

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