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Arezzo ai tempi della peste: un excursus nel passato della città

Anche nelle “Vite” di Giorgio Vasari c’è un accenno alla peste e lui da Firenze ritornato ad Arezzo, dopo la morte del padre dovette rimanere fuori città per evitare il contagio

Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Santino Gallorini, appassionato ed esperto conoscitore della storia locale.

Tutti sappiamo che nel passato i più gravi flagelli erano rappresentati dalla peste, dalla fame e dalla guerra e spesso, l’arrivo di uno di questi provocava anche la successiva comparsa degli altri due. Una guerra provocava una carestia, la carestia provocava la fame e la debolezza dei fisici favoriva l’insorgere di gravi epidemie.

Non per niente, nelle litanie delle rogazioni, la chiesacattolica fin dal VI secolo pregava “A peste, fame et bello, libera nos Domine!” (dalla peste, dalla fame e dalla guerra, liberaci o Signore). Ad Arezzo non sono ben noti i tragici effetti provocati dalla peste nera del 1348, mentre sappiamo che la peste del 1631 ebbe effetti minori di altre epidemie. Le più gravi epidemie di peste che incontriamo leggendo i registri dei morti della Fraternita dei Laici di Arezzo, risalgono al 1390 (circa 1.200 morti), 1478 (oltre 2.000 morti), 1527 (circa 2.500 morti), 1529 (circa 1.200 morti) e 1591 (circa 1.500 morti). Anche in altri anni il numero dei decessi registrati nei documenti supera la media dei 300, considerato il numero dei morti degli anni “normali”. Nel XV secolo questo numero fu superato sensibilmente ben 9 volte e nel XVI secolo ben 15 volte.

Dobbiamo considerare il numero degli abitanti di Arezzo, che se agli inizi del XIV secolo erano circa 18.000, alla fine del secolo, tra guerre, carestie ed epidemie gli aretini erano ridotti a circa 3.500 unità. Nel XV secolo la popolazione risalì fino alle 4.000 e le 5.000 unità, con varie oscillazioni dovute alle ben note cause. Agli inizi del ‘500 ci fu una forte crescita demografica, che portò Arezzo fino alle 10.000 persone, ma le gravi pestilenze del 1527 e del 1529 ridussero gli abitanti alle 7.500 unità e questa cifra rimase più o meno stabile fino alla fine del ‘700. Abbiamo visto che la più grave epidemia di peste ad Arezzo fu quella del 1527, probabilmente favorita dal passaggio dei Lanzichenecchi in marcia verso Roma. Abbiamo una testimonianza di un contemporaneo, che ci mette di fronte alla spaventosa situazione in Arezzo, nella primavera ed estate del 1527: “Dilatandosi la peste di maggio e giugno ogni dì maggiore e per fino a 20 di settembre fu tale peste e stragie grande che ne moriva 30, 40, 50 al dì” (Biblioteca della Città di Arezzo, Ms 45, c. 171).

Anche nelle “Vite” di Giorgio Vasari, nel 1527 poco più che sedicenne, c’è un accenno alla peste e lui da Firenze ritornato ad Arezzo, dopo la morte del padre dovette rimanere fuori città per evitare il contagio:

“Ma essendo l’anno 1527 stati cacciati i Medici di Firenze, et in particolare Alessandro et Ippolito, coi quali aveva così fanciullo gran servitù per mezzo di detto Cardinale [Passerini di Cortona], mi fece tornare in Arezzo don Antonio mio zio paterno, essendo di poco avanti morto mio padre di peste. Il quale don Antonio tenendomi lontano dalla città, perché io non appestassi, fu cagione, che per sfuggire l’ozio, mi andai esercitando pel contado d’Arezzo, vicino ai nostri luoghi, in dipingere alcune cose a fresco ai contadini del paese”.

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Bartolomeo della Gatta (1448 - 1502) San Rocco. La città sullo sfondo è Arezzo.

E in tempo di peste, Vasari dipinse più che altro immagini di San Rocco, protettore contro la peste. Ne dipinse alcune nell’area di Palazzo del Pero, come ci racconta nelle sue Ricordanze (carta n. 2).

“Ricordo come a dì 15 di novembre 1527 da Giovanni di Matteo da Galoro noi convenimo insieme che io dovessi farli una figura d’un San Roco dipinto a fresco nella Maestà di Galoro e così fummo d’acordo per prezzo di grossi 4, soldi 4. Ricordo come a dì 17 di novembre 1527 io convenni col Piovano di San Donnino [Palazzo del Pero] di farli una figura di un San Roco dipinto in fresco sopra il batesimo della chiesa di San Donnino per prezzo di grossi 4 che tanto fui d’acordo seco, grossi 4”

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Giorgio Vasari (1511-1574) San Rocco

La vita continuò. Vasari diventò il grande artista che sappiamo e Arezzo ebbe le sue logge in piazza. E passerà anche questo virus.

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