Si chiama papero ma per gli aretini è 'l'ocio'...
Vi siete mai chiesti come si è arrivati a questo sostantivo? Proviamo a dare una spiegazione
Dicesi "ocio" il maschio dell'oca. Una spiegazione logica che potrebbe avere un suo fondamento, ma dietro una parola che è nell'uso quotidiano o quasi della gastronomia aretina forse c'è altro.
Partiamo da un presupposto. Quello che gli aretini chiamano ocio di fatto è il maschio dell'oca, ovvero quello che in altre regioni d'Italia viene chiamato papero. Quante volte vi è capitato di dover spiegare a una persona (non aretina) cosa è l'ocio, facendo attenzione a non far confondere il papero con l'anatra e con l'oca. Insomma quello che per noi è un vocabolo normale disorienta gli altri.
Ma da dove arriva il termine ocio? Partiamo dall'etimologia di auca, parola latina da cui è derivata la nostra oca. Auca deriva a sua volta da aucium e per chi mastica il latino il richiamo a un termine come avis che significa uccello è evidente.
Oggi il termine ocio/oca ha assunto anche il valore di persone poco intelligente, poco sveglia o comunque frivola.