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Venerdì, 19 Aprile 2024
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La bonifica della Valdichiana

La storia dell'opera che ha cambiato volto al territorio compreso tra Chiusi e Arezzo. Così Fossombroni bonificò l'area

Quando oggi parliamo di Valdichiana (senese o aretina) la nostra mente collega quel territorio alle coltivazioni in aperta campagna, da Arezzo fino a Cortona, da Pieve al Toppo a Lucignano fino a Chiusi. Una valle oggi coltivabile che si estende per 60 km dal fiume Arno, da Ponte Buriano o per meglio dire dalla Chiusa dei Monaci, con due argini che sono diventati il terreno preferito di escursionisti e amanti di attività sportive all'aria aperta come ciclisti e runner. Ma un tempo non era così. La Valdichiana (il cui nome originale era Clanis, datogli in epoca romana) era un gigantesco acquitrinio, una palude che significava malattie pericoli per gli abitanti. Anche Dante conosceva quell'area che nell'Inferno descrive così:

Qual dolor fora, se de li spedali
di Valdichiana tra il luglio e il settembre
e di Maremma e di Sardigna i mali
fossero in una fossa tutti insembre;
tal era quivi, e tal puzzo n’usciva
qual suol venir de le marcite membre.

Gli Etruschi furono i primi ad attuare interventi di regolamentazione del regime idraulico della zona, per rendere coltivabili i terreni e navigabile il Chiana sino al Tevere.  Il problema fu il dissesto del terreno unito poi (secondo un'altra ipotesi) alle scorrerie di barbari e briganti che spinsero le popolazioni in collina, rifugiandosi nei borghi, lasciando in stato di abbandono per diverso tempo quei terreni. Forse è troppo semplicistico parlare di una mancanza di manutenzione, ma di certo anche questo può aver influito. Tra l'altro nel 115 la realizzazione della Chiusa dei Monaci, nei pressi di Chiani, sicuramente influì nell’impaludamento della valle.

L'immagine di copertina risale all'inizio del 1500 (1502-1503) ed è un'opera di Leonardo Da Vinci, oggi conservata nella Biblioteca Reale di Windsor. Una veduta a volo d'uccello che è una fotografia perfettamente realistica della Valdichiana in quel periodo. Leonardo aveva ricevuto l'incarico di predisporre uno studio di sistemazione idraulica del territorio. L'obiettivo era quello di realizzare un canale navigabile da Pisa al Lago Trasimeno. Un'opera che i pisani fecero fallire prima ancora di avviare i lavori. Ad ogni modo il disegno d Leonardo evidenziò un assetto lineare del corso d'acqua dall'Arno fino a Pieve al Toppo, ma da lì in poi ecco la palude e i suoi pericoli.

Nel 1782 Pietro Leopoldo di Lorena dette mandato a Vittorio Fossombroni, avvocato aretino, ma con la passione per la matematica e l'idraulica, di predisporre la bonifica della Valdichiana e della Maremma. I lavori partirono in quel periodo tramite l'idea di sfruttare la bonifica per colmata o per alluvione. Le acque di torrenti vennero portate in terreni acquitrinosi appositamente recintati, delimitati da arginature di terra al fine di riempirli progressivamente con le alluvioni, ovvero le particelle di terra portate in sospensione dalle acque del torrente. Tramite un’opera di scarico usciva l’acqua ormai diventata limpida dato che aveva già depositato il materiale solido trasportato dal canale immissario.

Fossombroni quindi abbassò il livello della Chiusa dei Monaci, dette un apendenza regolare al canale Maestro. La direzione dei lavori dal 1838 al 1859 fu assunta dall’ingegnere fiorentino Alessandro Manetti. Dopo l’Unità d’Italia Carlo Possenti, ispettore del Genio Civile di Arezzo, completò i lavori. La bonifica si può considerare ultimata nel ventennio fascista.

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