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Derby e ballottaggio: il lungo lunedì degli aretini...

Il voto e l'eterna sfida tra Arezzo e Perugia. Il D-Day aretino

Il Perugia e il ballottaggio oggi vanno in contemporanea. Ci dev’essere stata una congiuntura astrale, di quelle che si verificano ogni mille anni, per propinarci tanto lunedì. Due madri di tutti i derby in un giorno solo che, in ogni caso, passerà alla storia. Già l’urgere della cronaca, ci manda in ballodole d’attesa. Perfino il Covid è in ansia, per i responsi serali. Come andrà a finire il derby tra il Grifo e il Cavallino, che ci ha reso orfani da dieci anni di emozioni pallonare ineguagliabili? Chi vincerà l’epico scontro, tra il baffo da sparviero del Ghinelli, che attraversa l’Atlantico e quel gatto mammone del Ralli, che a noi ricorda vagamente il tondo Doni e, dunque, che Michelangiolo è nato in queste terre?

Per Arezzo e i suoi centomila abitanti, è il giorno più lungo dai tempi dello sbarco in Normandia. Vanno in scena due derby in uno, entrambi da tripla. Il primo sarà deciso dal voto delle donne, imprevedibili per definizione. L’altro è una faccenda tra uomini, che dura dai tempi di Montaini e D’Attoma, di Landoni e Castagner. Era esattamente l’11 di maggio del 1975, quando il Perugia maramaldo, non restituì all’Arezzo il favore ricevuto un anno prima e lo spedì in B senza pietà, con un 3-2 in rimonta. Quel gol firmato da Scarpa in zona Cesarini, è un chiodo piantato in cuore agli aretini da quarantacinque anni, inoperabile. Da allora, quelli del Cavallino, sarebbero disposti a convivere a vita con il Covid, pur di spennare quel Grifone, che fa il suo nido al Curi. Ora capite quale scherzo del destino, sarebbe stato giocare un simile derby, senza un’anima sugli spalti. Meno male che Giani, il nuovo Granduca, ha riaperto un pertugio negli stadi di Toscana, con parsimonia tipica di questi luoghi, dove nacque la mezzadria e la regione cominciò a tingersi di rosso, reduce dalle cinque palle dei Medici, con la croce patriarcale dei Lorena. Non fu un bel vivere nel Comune governato dai fiorentini, che issava il botolo nelle sue bandiere. Dunque, stasera, saranno Mille i fortunati, sia pure contati, contingentati, distanziati, mascherati e guardati a vista da un nugolo di steward, che costeranno all’Arezzo molto più dell’incasso. Tutto serve, per garantire alla C la perennità del passivo, il buon senso dei nostri avi contadini, per sempre perduto nei loro campi. Sarebbe stata l’unica medicina, in attesa del vaccino.

Dunque stasera saremo in Mille, come quelli di Garibaldi. Del resto c’è da rifare l’Italia, assalita da un virus molto borbonico e non si parte da Quarto, ma dal Città di Arezzo. Vuoi mettere? Per l’occasione s’è scomodata perfino mamma Rai, che riprenderà in diretta lo scheletro della Maratona, mentre dai seggi affluiranno i primi dati sul ballottaggio, in una sorta di flash back in diretta tra i due derby. Cari sindaci in pectore, non sarà uno spettacolo edificante per la città, quel rudere in mostra. In tanto derby che torna dopo 10 anni, le opposte curve si annunciano deserte e unificate dallo sciopero del tifo. Comprendere è negato a noi, epigoni di un’altra era calcistica, dove gli ultras nemmeno esistevano e le bandiere scendevano in campo.

Comunque, in questo storico lunedì, il tifo della Minghelli sarà rimpiazzato ad abundantiam dai sostenitori di Ralli e Ghinelli, in urne traboccanti di opposte passioni, altrettanto incomprensibili a noi, per questa politica manichea, di bandiere ammainate da tempo. Anche nella terra di Petrarca, padre dell’umanesimo e di Amintore Fanfani, impera da anni un tifo manicheo, del tipo di quello dei derby tra Perugia e Arezzo. Ghinelli e Ralli non si incontreranno a Mezzavia, le forche caudine del tifo perugino in trasferta. Ma sia ben chiaro: noi, in questo lunedì di passione, tifiamo solo per Arezzo e per l’Arezzo. Due realtà che stanno insieme, che possono e devono crescere solo insieme. Finora non è stato così.

Lo specchio di questa situazione, datata almeno quanto la rivalità calcistica tra Arezzo e Perugia, è proprio il nostro Comunale, abbandonato dalla politica e dall’imprenditoria locale. Ancora una volta una proprietà “straniera” ha evitato, per un pelo, il terzo crac al calcio aretino, nella sua recente storia. In questo, la città dell’oro, vanta una specie di primato italiano, molto poco onorevole. Perché? Ma la cronaca urge e pretende attenzione esclusiva. Ci ha perfino fatto dimenticare il Covid, questo incastro calcio-politico del tutto straordinario, per non dire unico, che stanotte ci terrà svegli di gioia, o di rabbia. Prego. Per brindare alle vittorie, o consolarci delle sconfitte, fare adeguata scorta del vecchio, caro brandy Stock, che invecchiato è ancora più efficace. Come dicevano i nostri padri latini, semel in anno licet insanire. Oggi, col Grifo alle porte, non è il caso di fare i guelfi e i ghibellini. Gridiamo tutti a squarciagola Forza Arezzo, l’unico che può unire destra e sinistra inesistenti, Ralli e Ghinelli, per il bene superiore del Comune. 

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