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Toscana Pride, Bardelli: "Vogliono introdurre la poligamia"

"Voglio essere chiaro: tutti hanno il pieno e sacrosanto diritto a manifestare per il loro credo politico, per la loro idea di vita o per qualsiasi altra ragione, anche la più strampalata. Insomma ogni cittadino italiano è libero di pensarla come...

"Voglio essere chiaro: tutti hanno il pieno e sacrosanto diritto a manifestare per il loro credo politico, per la loro idea di vita o per qualsiasi altra ragione, anche la più strampalata. Insomma ogni cittadino italiano è libero di pensarla come gli piace e di manifestarlo.

Tuttavia, ammetto che sono rimasto interdetto dal vedere riproporre una manifestazione, quella che si svolgerà sabato ad Arezzo, che trovo antiquata e ripetitiva: un cliché logoro e fine a se stesso". Inizia così la nota del consigliere comunale di Arezzo Roberto Bardelli a proposito del Toscana Pride di sabato.

Per non parlare del documento politico lanciato dagli organizzatori che in molte parti trovo assurdo e irragionevole. Perché si fonda su un punto di enorme confusione: quella tra desideri e diritti.

Ma come si può pensare, come richiesto al primo punto, di estendere eguali diritti del matrimonio ad altre forme di unione utilizzando come unico requisito necessario un fantomatico “affetto” e introducendo senza mezzi termini la poligamia.

Che dire poi della reiterata insistenza nel proporre l’adozione o la procreazione surrogata per singoli e coppie, con la aberrante e disumana pratica dell’utero in affitto. Un bambino non può essere considerato un oggetto.

O ancora, è il punto due a trattarne, dell’introduzione nel nostro sistema giuridico della aggravante di “omobitransfobia” e una legislazione specifica sui crimini di odio. Chiunque pratichi violenza fisica o verbale deve essere punito, ma non ha senso punire di più chi commette un certo tipo di reato verso soggetti specifici, altrimenti dovremmo riconoscere centinaia di aggravanti, appunto, specifiche.

Il terzo punto poi chiede di intervenire nei programmi formativi delle scuole dai 6 ai 18 anni: qui a parlare chiaro è la Dichiarazione dei diritti dell’uomo: “I genitori hanno diritto di

priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”.

Ultimo ma non ultimo, la sigla di questa comunità manifestante: LGBTIQA+, sigla che a me sembra quasi inumana. Una sigla “aliena”, un acronimo che nasconde termini incomprensibili.

Manifestate e dite la vostra perché tutto ciò è legittimo, ma sappiate distinguere: i vostri desideri non possono tradursi nella società dei diritti.
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