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Post referendum, Giorgi (Pd): "Costruire il partito comunità"

Riflessione politica post referendum per Giuseppe Giorgi di Convenzione Democratica, ecco come vede il suo partito e come lo vorrebbe: Ripartire dal referendum del 4 dicembre, rimettere il PD al centro delle politiche per il lavoro, partecipare...

Riflessione politica post referendum per Giuseppe Giorgi di Convenzione Democratica, ecco come vede il suo partito e come lo vorrebbe:

Ripartire dal referendum del 4 dicembre, rimettere il PD al centro delle politiche per il lavoro, partecipare alla costruzione del campo largo del centrosinistra, costruire il partito comunità.

Ho riflettuto alcune settimane sul mio partito, sulle opportunità d’interpretare le ragioni della democrazia, l’avanzamento di una linea progressiva alternativa al contenitore, al verticismo, al leaderismo e per quanto riguarda il livello locale come rendere più robusta una opposizione che ambisce a farsi governo popolare.

Il 4 dicembre in positivo ha visto un risultato straordinario di partecipazione di popolo e ha disegnato la vittoria della Costituzione con una vistosa presenza di centrosinistra. Il risultato referendario non è ascrivibile a nessuna parte politica in toto. Chi invece ha cercato il plebiscito inondando il paese per es. di sms con frasi tipo : “ … siamo in fortissimo recupero. Ce la giochiamo sul filo dei voti…” ha avuto una sconfitta epocale, in particolare da quei giovani esperti di smartphone. Il partito del 41% non esiste e il mio invito va ai volenterosi di tutto il PD e del centrosinistra. Ripartiamo dalla politica senza essere adoratori del verbo del “ capo “.

La povertà si allarga, il lavoro manca, l’insicurezza sociale si fa avanti, il PD non può adagiarsi sulla politica delle mance, su legislazioni che appartengono alla dottrina delle destre, non deve fare a meno dei corpi intermedi, saltare a piè pari associazionismo, sindacato, volontariato, questa è una scelta che non appartiene alla scelta del centrosinistra. Sul lavoro dobbiamo tornare a una politica di programmazione industriale, dei lavori, che accompagni la formazione dei lavoratori, investa in sicurezza, limiti l’esponenziale crescita del sistema voucher, scelga le filiere d’investimento lavorativo per il nostro Paese, senza farsi dettare l’agenda.

Il PD si metta in ascolto del campo largo del centrosinistra, quella parte che con coraggio ha interpretato il fronte riformatore del NO, rifuggendo dal populismo di chi ha voluto dividere l’Italia per raccogliere un plebiscito personale. Il centrosinistra ha il compito di battere i populismi opposti che si cimentano in una lotta muscolare fatta di verticismi che scartano la politica.

Ora è il tempo di più politica.

La sconfitta durissima del Sì apre al PD un territorio finora inesplorato, quello del partito comunità. Si apre un tempo straordinario di cambiamento che se sappiamo cogliere ci porterà ad affrontare insieme le sfide grandi che ci attendono in Italia e ad Arezzo. Fuori dai palazzi vuoti, fuori dalle torri. Torniamo a far eleggere le segreterie dagli iscritti (ha ragione Massimo Cacciari quando trancia l’alchimia che permette all’elettore di destra di andare a votare per il candidato renzista), a far contare il voto degli elettori, ad ascoltare le differenze dentro e fuori il partito.

In breve il partito plurale che si fa comunità.

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