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Elezioni 2022

Pd inconsistente e accordi mancati. Romizi: "Così abbiamo consegnato l'Italia a una minoranza"

L'analisi del voto di Francesco Romizi, consigliere comunale di Arezzo 2020

Un’autosufficienza evidentemente insufficiente, classe dirigente non troppo centrata, alleanze disattese ed ecco qua: la sconfitta è servita. O quanto meno molto prevedibile. Ad esserne convinto, all’indomani dello spoglio elettorale con il quale Giorgia Meloni, FdI e centrodestra hanno fatto il pieno di voti, è il consigliere comunale Francesco Romizi (Arezzo 2020). Fuori dalla campagna elettorale quale parte attiva, nel corso delle settimane scorse non ha fatto mistero di appoggiare la candidatura di Nicola Fratoianni della lista Alleanza Verdi Sinistra convinto della bontà “dei temi di giustizia sociale e ambientale” proposti nel programma elettorale. "Abbiamo consegnato - afferma il consigliere - l'Italia ad una minoranza, il 42% del 64% degli aventi diritti" in quanto, sempre secondo l'analisi di Romizi, il Pd non ha compreso che "l’autosufficienza è destinata alla sconfitta in virtù dell’attuale sistema elettorale". Insomma, a suo avviso, è mancata una reale rete e squadra coesa. 

“Italia e Toscana: non ci sono veli a mascherare la sconfitta - scrive Romizi in una nota stampa - Il centrosinistra ha perso. Per responsabilità in primis del Partito democratico. Non voglio dire che il Pd sia l’unico imputabile per la mancanza di accordi politici con le altre forze di centro e di sinistra. Lo sono altrettanto Carlo Calenda e Giuseppe Conte. Ma una volta che le alleanze sono abortite, una addirittura dopo una conferenza stampa a reti unificate disattesa nell’arco di 24 ore sui social, la pretesa dell’autosufficienza, al netto della presenza di Verdi e Sinistra, ha svelato l’inconsistenza della classe dirigente a ogni livello del Pd stesso. L’autosufficienza è destinata alla sconfitta in virtù dell’attuale sistema elettorale, cosa di un’evidenza talmente assodata da risultare imbarazzante. Per assurdo, e cito un leader politico che non stimo affatto, poteva essere legittima quando nel biennio 2013-2015 c’era il vento in poppa e Renzi poteva tranquillamente dire: proviamoci. Ma nell’ottobre 2022, quando anche i sassi conoscevano il trend prevalente, abbarbicarsi a una pretesa simile, senza allargare il campo - personalmente preferivo in direzione dei 5 Stelle - è stato semplicemente masochistico. Così, consegniamo a una minoranza, il 42% del 64% l’Italia. Soltanto questo dato sta a dimostrare come la partita fosse assolutamente contendibile. C’è poi il dato toscano che è emblematico: qui è profondo rosso, con solo l’area fiorentina a reggere. È un netto segnale di sfiducia nei confronti del Pd. Certo, anche del centrosinistra, ma devo registrare che nell’ambito di questa coalizione, il dato dell’Alleanza Verdi-Sinistra è superiore a quello nazionale. Ad Arezzo il centrodestra canta vittoria ma ha perso voti: solo due anni fa Ghinelli ne aveva 23.638 e 23.620 rispettivamente al primo e secondo turno. Alla destra andrebbero peraltro ascritti i voti di Fabio Butali che sono altri 1.022. Ebbene, Nisini ha ottenuto 22.340 voti e Petrucci 22.401. Il centrodestra ad Arezzo è nettamente sotto il 50%. Quindi abbiamo un Fratelli d’Italia a livelli notevoli  - complimenti ai veri vincitori di queste elezioni - e un centrodestra più debole, cannibalizzato dalla Meloni. Solo il dato della Lega: da 6.494 del 2020 a 3.487 voti del 25 settembre 2022. Il dato della vicesindaca Lucia Tanti è addirittura sconfortante. Il partito democratico nel 2020 aveva 11.477 voti e a queste politiche 10.825. In città conferma il suo zoccolo duro di un aretino su 4, seppur in arretramento: è una buona base di partenza. Se verrà curata a dovere con una precisa fisionomia, senza ambiguità foriere di ulteriore astensionismo. E ora che fare? Il poeta Robert Frost ha scritto: “divergevano due strade”. In vista ovviamente delle prossime amministrative. Da una parte abbiamo un Movimento 5 Stelle che da 1.768 voti del 2020 passa a 4.416. Dall’altra abbiamo un’area di opinione di centro che si conferma oramai su uno standard di 4.500 voti circa: poco sopra Donati nel 2020, poco sotto i candidati della premiata ditta Renzi/Calenda. A proposito: quanto dureranno assieme queste due inconsistenti e melliflue primedonne?”.

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