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Un anno di preparazione poi un nulla di fatto: ritirata la modifica statutaria sull'acqua pubblica

In consiglio comunale acceso dibattito prima dell'esito finale, protagonisti Michele Menchetti, Francesco Romizi e Marco Donati

È stata discussa dal consiglio comunale una proposta di modifica dello statuto del Comune, illustrata dal consigliere comunale Michele Menchetti, che prevedeva d’inserire tra i principi ispiratori il riconoscimento come diritto umano fondamentale dell’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari e lo status dell’acqua come bene comune pubblico. In un capoverso, la proposta precisava: “tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà. Il Comune garantisce, nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, che la proprietà e la gestione della rete di acquedotto, potabilizzazione, distribuzione, fognatura e depurazione siano pubbliche e inalienabili”. Inoltre era chiesto d’integrare il titolo quinto dello statuto con il seguente testo: “il servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale di interesse generale. Il Comune, in attuazione della Costituzione e in conformità con la normativa nazionale e comunitaria nonché nel rispetto della volontà popolare espressa con il voto dei cittadini nei referendum sull’acqua del 12 e 13 giugno 2011, al fine di rafforzare la coesione economico-sociale e territoriale, promuovere la solidarietà e garantire la protezione dell’ambiente e della salute delle persone, anche in considerazione delle peculiarità locali, nell’esercizio delle sue competenze, realizza tale missione attraverso il perseguimento della gestione pubblica del servizio idrico integrato effettuata da un soggetto di diritto pubblico non tenuto alle regole del mercato e della concorrenza”.

È stato Francesco Lucacci a illustrare un emendamento del centrodestra: “congiunto a tutte le forze di maggioranza che prevede una formulazione che a nostro giudizio contempera il diritto all’acqua pubblica e l’equilibrio di un testo, caratteristica che deve essere propria di uno statuto”. Nell’emendamento era riportata la “proprietà” e non la “gestione” nel capoverso sopra riportato e scompariva in merito al titolo quinto il riferimento al referendum.

L’emendamento è stato respinto da Michele Menchetti, Francesco Romizi e Marco Donati: i tre consiglieri comunali di opposizione hanno ricordato “la messinscena del sindaco quando si faceva paladino dell’acqua pubblica, le divisioni nel centrodestra, la mancanza del numero legale durante il precedente Consiglio Comunale sull’argomento. Le omissioni della maggioranza snaturano l’atto. Parliamo peraltro di statuto comunale, di dichiarazioni di principio e non di atti vincolanti”. Marco Donati ha puntato il dito soprattutto contro Fratelli d’Italia che “a questo punto snatura anni di battaglia sull’acqua pubblica. Di questa presunta bandiera, evidentemente, si è solo riempita la bocca”.

Michele Menchetti ha di conseguenza ritirato l’atto “visto che non è stata raggiunta l’auspicata convergenza. La città perde una grande occasione ma almeno è politicamente tutto più chiaro”. Francesco Lucacci ha replicato ricordando la ratio dell’emendamento: “vogliamo l’acqua pubblica, ma gestita in maniera efficiente, industriale e professionale da soggetti di diritto privato, ma di totale proprietà pubblica e non da soggetti di diritto pubblico che in questo paese non vantano una tradizione edificante, con società che hanno avuto una gestione inefficiente, affette da clientelismo e nepotismo. Ecco il discrimine fondamentale. Ancora non conosciamo le evoluzioni legislative in materia, dunque l’emendamento risulta coerente con l’attuale quadro normativo e teneva una porta aperta a eventuali sviluppi. Vorrei ricordare che ben altri, e non Fratelli d’Italia, hanno fatto scempio del bene pubblico dell’acqua ovvero il PD e tutti coloro che hanno firmato l’emendamento, a esclusione del M5S”.

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