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Arezzo capitale Italiana della cultura 2022. La proposta di Demos

Lettera di Giuseppe Giorgi, presidente di Demos che propone Arezzo come città italiana della cultura per il 2022: Argomenti affascinanti, città della cultura, città d’arte. Espressioni un po’ retoriche, soprattutto nel contesto di oggi, fatto di...

Lettera di Giuseppe Giorgi, presidente di Demos che propone Arezzo come città italiana della cultura per il 2022:

Argomenti affascinanti, città della cultura, città d’arte. Espressioni un po’ retoriche, soprattutto nel contesto di oggi, fatto di volgarità e mercimonio della bellezza. Basterebbe la triste Venezia, prostituita al denaro delle crociere. Comunque, accettiamo pure queste espressioni di uso corrente, molto vicine tanto che, in un “pie chart”, sarebbero forse sovrapponibili per un buon 50%.

Città d’arte: condizione necessaria ma non sufficiente è che vi si trovino testimonianze d’arte importanti ma inserite naturalmente nel tessuto urbano, che ne facciano parte integrante. Ci sono, nel mondo, luoghi che ospitano, da sempre, capolavori ma che non si possono chiamare città d’arte perché manca loro, ormai (ecco la sovrapposizione), la cultura necessaria per sentire propria l’eredità ricevuta. Un tempo depositari di civiltà, ora magazzini di musei a cielo aperto, magari anche mete turistiche frequentatissime.

Poi, all’opposto, ci sono luoghi nati dal nulla che avvertono la necessità di arte e cultura. Una recente, lodevole iniziativa degli Emirati arabi e della Francia, è stata la creazione, ad Abu Dhabi, di un nuovo museo del Louvre; ottimo evento sul piano politico per i rapporti dell’Europa con il mondo arabo ma che non farà certo diventare l’emirato una città d’arte. Questo perché mancherebbe il collegamento con il territorio che, viceversa, nello stesso mondo arabo, potrebbe aversi nel caso di una città antica o anche moderna che però fosse nata per iniziativa locale.

Città d’arte e della cultura si avvicinano ma non si sovrappongono del tutto; con tutta l’ammirazione ed il rispetto, le bellissime Pienza o Massa Marittima o San Gimignano, sono città d’arte ma si farebbe fatica ad accettarle come città della cultura. Quindi cos’è percepito come città della cultura? Intanto è necessaria qualche presenza istituzionale, come scuole, università, circoli culturali, produzione letteraria. La città d’arte è a mezza strada, come abbiamo detto (quel 50% sovrapponibile), però l’arte non basta, come non bastava essere custodi dei capolavori perché si deve sentirli propri, nell’attualità, quindi essere contemporanei, nel nostro tempo, come i grandi furono nel loro.

Cos’hanno avuto i grandi del territorio, da Piero a Masaccio, Michelangelo o Vasari? Erano innovatori, fecero cose come nessuno prima. Ora non è obbligatorio essere geni però si può, direi si deve, essere contemporanei, partecipare all’innovazione che non sia solo quella esteriore ed effimera delle tecnologie; Icastica, per venire al concreto di Arezzo, era proprio un tentativo di contemporaneità, dimostrare che la città meritava ancora di essere custode di Piero e degli altri. Lavorare per Arezzo capitale italiana della cultura 2002 significa impegno per contemporaneità e vivibilità.

La cultura, poi, deve essere uno stato permanente, un modo di essere e di vivere, che condiziona positivamente tutta una comunità; non ci può essere l’ora della cultura come non c’è più lo “spazio donna” o lo “spazio giovani”; non basta una visita di Sgarbi per fare una città d’arte e meno che mai una città della cultura. Cultura vuol dire cultura diffusa, amore per il luogo che non sia solo campanilismo ma familiarità, sentire le strade come corridoi e le piazze come le stanze della propria casa. In casa nessuno getta cicche o cartacce per terra.

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