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1 maggio, Movimento Arturo: "Oggi si celebra il lavoro che non c'è"

Sappiamo che non è un titolo originale. Ma purtroppo è una triste considerazione dalla quale non possiamo esimerci. Le mirabolanti promesse, prima di Berlusconi poi giù giù fino a Renzi, sui milioni di posti di lavoro sono rimaste balle spaziali...

Sappiamo che non è un titolo originale. Ma purtroppo è una triste considerazione dalla quale non possiamo esimerci. Le mirabolanti promesse, prima di Berlusconi poi giù giù fino a Renzi, sui milioni di posti di lavoro sono rimaste balle spaziali. In Casentino, poi, viviamo questo problema con ancora più drammaticità. Si sono persi centinaia di posti di lavoro nel silenzio assordante di forze politiche, sindacali e delle stesse istituzioni. Se non si sentono urla di ribellione è solo perché è subentrata la rassegnazione ed i giovani se ne vanno, spesso anche all'estero. E quel che rattrista è l'assenza di una seria presa di coscienza da parte delle istituzioni e delle forze politiche di ogni schieramento, tutt'al più perse dietro ad ipotetiche fusioni dei comuni. Problema importante, certo, ma che andrebbe affrontato proprio anche alla luce della drammatica situazione occupazionale e non come battibecco su ingegnerie istituzionali a difesa di qualche seggiola o con la speranza di conquistarne una più importante.

Accanto alla mancanza di lavoro c'è anche un altro problema: la precarietà e lo sfruttamento.

Per anni ci hanno spiegato da destra a sinistra (?), che il lavoro fisso era roba del passato, che il sole dell'avvenire era la imprenditoria personale, il bisogno di cambiare, la libertà dell'autorganizzazione. In omaggio a questo neoliberismo rafforzato è stato abolito l'art.18 dello statuto dei lavoratori, considerato un inutile orpello del passato, che non interessava più le nuove generazioni.

Peccato che le ultime indagini, le ultime ricerche ci dicono il contrario. I giovani che hanno scoperto l'imbroglio della sacra flessibilità, tramutatasi in sfruttamento e mancanza di diritti, stanno richiedendo a gran voce il posto fisso e la reintroduzione dell'art.18. Non è una richiesta di quegli arretrati della CGIL o dei sinistri radicali, ma dei giovani precari o disoccupati. Il bisogno di sicurezza (non nel senso poliziesco della lega salvinista, ma come dignità di vita) sta prevalendo su tutti i bei discorsi sulla bellezza della flessibilità. Il Jobs act è fallito sia nella creazione di posti di lavoro, sia nel tentativo di introdurre una cultura della flessibilità come nuovo status sociale e lavorativo.

Se la sinistra anche in Italia è scomparsa crediamo sia dovuto soprattutto all'abbandono delle lotte a difesa dei lavoratori per essersi lasciata travolgere dalle sirene neoliberista come pensiero unico.

I lavoratori, anche quando hanno un lavoro, si ritrovano sempre più soli, sfruttati, non protetti, ricattati. L'aumento delle morti bianche è ulteriore conferma della regressione ad una situazione di tipo ottocentesco, anche se in forme più sofisticate ed a volte non immediatamente individuabili.

Ed è drammatico che un movimento come i 5 stelle, che è sicuro di avviarsi a governare, si proponga di “disintermediare”, cioè di eliminare ogni intermediazione tra singolo lavoratore e “padrone” (scusate il linguaggio all'antica) di eliminare la mediazione sindacale, lasciando così definitivamente i lavoratori soli davanti al potere dei datori di lavoro. Così si capisce perché i cosiddetti “poteri forti”, dai vescovi all'imprenditoria rappresentata dal Corriere della Sera siano sempre più a sostegno del grillismo

Siamo noi demodé, superati, residui del passato?

Può darsi. Ma chiedetelo ai lavoratori quale è la loro condizione di lavoro, smettendola di teorizzare sui social, scambiando la realtà virtuale con la concretezza delle vite umane.

Facciamo fatica a fare gli auguri per il primo maggio festa del lavoro. Ma ci sforziamo di farli, se non altro nella speranza che sia l'occasione, guardando alle lotte del passato, che hanno portato anche a questa festa, perché rinasca la voglia di lottare insieme, superando quell'individualismo che ci hanno inculcato ( e che trova l'ultima teorizzazione nell'uso dei social network come surrogato dei rapporti umani), ritrovando la forza della collegialità, dello stare insieme, ridando valore al vecchio motto: l'unione fa la forza.

Buon primo maggio a tutti

Movimento Arturo. Circolo Bibbiena e Poppi
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