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"Dopo il Covid, impennata di giovani aretini dallo psicologo. E' tempo di ricostruire le relazioni"

Terza puntata de "La Voce del Colonna", il giornale realizzato dagli studenti del Liceo Vittoria Colonna di Arezzo con la collaborazione di ArezzoNotizie. Intervista alla dottoressa Sara Borri

Terza puntata dell'approfondimento "La Voce del Colonna", realizzato dagli studenti del Liceo Vittoria Colonna con la collaborazione di ArezzoNotizie: l'articolo pubblicato oggi si intitola "Covid, come lo vivono gli adolescenti".

Covid, come lo vivono gli adolescenti

Se dovessimo riassumere questi due anni di pandemia con una singola parola, la scelta ricadrebbe sicuramente su: "paura". Paura di contagiare i propri cari e di perderli, di non poter mettere più piede fuori dalla porta senza il rischio di contrarre il virus e di non potersi mai liberare di quel pezzo di stoffa che ci copre il volto.

Come risultato di tale paura sono sorti problemi in alcuni casi di tipo psicologico, più o meno gravi, tra cui ansia, depressione, disturbi ossessivi compulsivi e disturbi alimentari. Così nasce l’intervista Sara Borri, psicologa che lavora come educatrice al Liceo Vittoria Colonna e che, proprio per questo, può restituire uno sguardo esterno e al contempo interno su come i ragazzi del iceo abbiano vissuto la pandemia. “Dopo la pandemia le richieste di aiuto sono aumentate”, afferma. “Molti si isolano credendo di essere soli. Parlare però aiuta.” Il covid e le conseguenti restrizioni, hanno portato infatti molti giovani ad isolarsi e chiudersi in loro stessi, provocando così un accumulo di stress e ansia, sfociato poi in alcuni casi in attacchi di panico o ansia. “Bisogna però distinguere un attacco d’ansia da un attacco di panico. Spesso si usa la parola – panico – per tutto, ma sono due cose assolutamente diverse. Un attacco di panico è più orientato ad una paura di imminente morte”.

Anche sotto il punto di vista scolastico sono sorti diversi problemi. Ben il 67% di coloro che hanno preso parte ad un sondaggio sottoposto agli alunni sostiene che la scuola abbia influito negativamente in questa situazione, dal momento che non sono diminuiti i compiti per casa, le interrogazioni e le verifiche in classe da dover svolgere.

Viene spontaneo attribuire la responsabilità della pressione scolastica cui gli studenti sono stati sottoposti ai professori ma bisogna ricordare, come sottolinea la Borri, che “era una situazione nuova per tutti, anche per gli insegnanti”.

L’alternanza tra didattica a distanza (Dad) e didattica in presenza, inoltre, ha giocato la sua parte, generando confusione generale e stress per gli alunni, per i docenti e per tutto il personale scolastico.

La pandemia ha avuto una ricaduta anche nelle relazioni all’interno delle classi in cui talvolta, soprattutto in quelle classi che non avevano già stretto un forte legame, i legami si sono incrinati non trovando in questa situazione un terreno solido su cui consolidare i rapporti.

Il lockdown è stato vissuto da alcuni ragazzi come una “convivenza forzata” con i propri genitori, fratelli e sorelle, 24 ore su 24. Una convivenza che è stata avvertita da molti alunni come un peso perché costretti a farsi carico, oltreché delle proprie, anche delle preoccupazioni dei familiari.

Adesso siamo chiamati ad un altro cambiamento tornare alla normalità “che può sembrare una cosa banale” dice la dottoressa Borri, “ma in realtà non lo è affatto. Per questo è necessario superare la chiusura e l’individualismo che purtroppo ha contraddistinto questo periodo e unire le forze, tutti insieme, per ricostruire sane relazioni e quel senso di comunità che sostiene la crescita di tutti”.

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