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"Lezioni online alle medie? Quasi mai fatte, per i nostri figli solo compiti". La testimonianza di tre famiglie

A prendere la parola sono alcuni genitori di ragazzi iscritti a due scuole medie della città. "Dopo un mese le video lezioni stentano a decollare e i nostri figli si sentono abbandonati a se stessi"

"Le lezioni online? Si contano sulle dita di una mano. Un mese a casa senza fare nient'altro che esercizi e compiti". Sono alcuni genitori di studenti iscritti alle scuole medie Cesalpino e Francesco Severi a lamentare disagio per una situazione che, stando ai loro racconti, vede una scarsa attenzione nei confronti di specifiche classi. Una fotografia a macchia di leopardo che vede da un lato, anche all'intero dello stesso istituto scolastico, una programma di studio vivace e ricco di momenti di interazioni virtuali, dall'altro invece situazioni dove ad essere garantiti sono soprattutto compiti ed esecizi a casa.

Ma partiamo dal principio. 

Lo scorso 4 marzo ad Arezzo ha suonato l’ultima campanella prima dello stop imposto dal governo. Le motivazioni, come ampiamente noto, sono legate al boom di casi di Coronavirus registrati in tutto il territorio nazionale. Condizione che non ha certo risparmiato la provincia dove, ad oggi, i contagiati hanno superato la soglia di 200. Da quel momento, così come disposto dal ministro per l’istruzione, le scuole di ogni ordine e grado hanno chiuso le porte rimodulato l’attività didattica garantendo continuità nell’insegnamento delle varie discipline. Video lezioni, aule trasferite in chat e una miriade di opzioni per consegnare compiti attraverso piattaforme digitali. Ma, a quanto pare, non è  andata così per tutti. 

“I nostri figli fino ad oggi - racconta un genitore - non hanno fatto altro che nove pagine di storia, alcune di geografia, qualche lettura di antologia, un argomento di geometria, uno di aritmetica e poco altro ancora. Lezioni virtuali? Si contano sulle dita di una mano. Paradossalmente, sono gli insegnanti di religione, educazione fisica e arte i più attivi”.

Ma oltre all’aspetto prettamente didattico, le preoccupazioni delle famiglie riguardano anche la sfera sociale. “I ragazzi così si sentono in vacanza - sottolineano - e allo stesso tempo sono smarriti perché, si sa, la scuola a quell’età ha un ruolo da protagonista nella socializzazione. Il fatto che non vengono fatte lezioni, nemmeno nella forma virtuale, contribuisce a creare una distanza sempre più ampia tra i compagni”.

“Ciascuno fa del suo meglio - racconta uno dei genitori - però così è dura trovare un equilibrio per una nuova normalità. Ecco, credo davvero che le scuole medie dove vanno i nostri figli dovrebbero insistere nel voler costruire un nuovo concetto di quotidianità. In questo senso rispettare le scadenze, fare interrogazioni e continuare le lezioni sarebbe significativo. Qui invece assistiamo ad una penuria di iniziative e ad una quasi totale assenza di comunicazioni. Quando ho chiesto lumi ai dirigenti sul perché i professori non si fossero attrezzati per garantire il servizio mi è stato risposto: “forse alcuni non si sentono a loro agio con questi strumenti”. Mi è sembrata una giustificazione inaccettabile. Credo che anche chi lavora in ospedale non si senta a proprio agio in questo momento eppure, medici e operatori sanitari vanno al lavoro tutti i giorni".

Una precisazione però occorre farla. Di fatto l'attività didattica è stata sospesa ad inizio mese su disposizione del presidente del Consiglio dei ministri per le ben note difficoltà di carattere sanitario presenti nel paese. Contrattualmente parlando, non esistono vincoli per gli insegnanti che obbligano a prestare servizio per la didattica online. Ciascuno può scegliere la forma di insegnamento che ritiene più opportuna anche se, ed anche questo occorre precisarlo, la stragrande maggioranza di professori, insegnanti ed educatori hanno fatto l'impossibile per mantenere fede agli impegni scolastici. Un punto molto controverso che di fatto rappresenta una "zona grigia" della normativa visto che da una parte i dirigenti scolastici sono obbligati ad operarsi per attivare la didattica a distanza ma i docenti possono scegliere, in autonomia, diversamente. Ciò nonostante, le famiglie si sono anche rivolte direttamente alla dirigenza scolastica per comprendere come mai, a distanza di un mese dalla chiusura delle scuole, per i loro figli le attività vadano così a rilento. 

Didattica a distanza tra gap e contraddizioni. Il provveditore: "Dovere civico garantire le video lezioni

"Abbiamo sollecitato la dirigenza - racconta un altro genitore - e ci sono state riportate giustificazioni del tipo: 'dobbiamo rivedere il sistema perché non tutte le famiglie dispongono di supporti multimediali, pc o connessione internet'. Una spiegazione assurda visto che, così come previsto dal decreto, dovrebbe essere la scuola stessa a fornire gli strumenti necessari per la continuità didattica che, e lo dice ancora il ministro, deve essere garantita. Siamo a conoscenza che in altri istituti, sia superiori che scuole elementari, i ragazzi stanno già ricevendo tutto il supporto necessario per la continuità di studio. In alcune scuole primarie i piccoli sono riusciti ad interagire con le maestre e con i compagni. Piccole cose, che però accorciano quelle distanze che ciascuno di noi deve mantenere dall'altro. Per mio figlio che frequenta le medie invece non è così. Qualche video caricato online e poi una chat dove i prof scrivono e commentano la video-lezione. Assurdo".

Un panorama variegato dove, alle difficoltà quotidiane, si aggiunge anche quella di accesso alla scuola che, ai tempi del Covid-19, diventa un’impresa. Negli scorsi giorni entrambe le scuole hanno inviato ai genitori dei documenti attraverso i quali è stato richiesto il nulla osta affinché i figli potessero partecipare alle video lezioni. “E poi nessun altro riscontro. Mi chiedo se, vista la forte riduzione dell’attività didattica, lo stipendio dei prof abbia subito dei tagli - dice un altro genitore - perché qui, delle due l’una. O continuiamo tutti a fare il nostro lavoro oppure dobbiamo rivedere qualcosa. C’è bisogno di un programma di attività più calzante altrimenti a rimetterci saranno solo i nostri figli. Chiediamo una migliore e maggiore comunicazione e risposte concrete perché, da scuole blasonate e rinomate quale credevamo che fossero, gli istituti dove abbiamo iscritto i nostri figli, ad oggi, non si sono dimostrati all’altezza di gestire la situazione”. 

Per quello che riguarda le scuole interessate invece, lo scorso 25 marzo sono stati pubblicati sui siti internet di riferimento dei messaggi dove viene richiesto alle famiglie di trasmettere "alcune informazioni sulla didattica a distanza". Attraverso un questionario vengono rivolte domande specifiche ai genitori così da "avere un primo feedback sull’andamento dell’organizzazione della didattica a distanza, attuata nelle diverse istituzioni scolastiche, al fine di proporre modelli più funzionali e sempre più rispondenti ai bisogni e alle effettive infrastrutture digitali concretamente in uso all’utenza".

"Molto bene - concludono i genitori - ma nel frattempo è quasi trascorso un mese dalla chiusura delle scuole. Perché attivare questa procedura soltanto adesso? Quanto altro tempo andrà perso?"

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