"Into the dreams", mostra di Mario Rotta
La mostra "Into the dreams" verrà inaugurata il 26 settembre, si tratta della personale di uno dei maggiori intellettuali aretini, Mario Rotta.
La mostra
La poetica di Mario Rotta - spiegano gli organizzatori - è un viaggio nella metafisica e nella complessità dei significati. Fotografo, scrittore, intellettuale poliedrico, critico d’ arte e docente universitario, con le sue sperimentazioni, Rotta riesce a dar vita ad un nuovo modo di creare, in cui le forme sono subordinate ad un gioco esegetico che mette in crisi le certezze della percezione sensibile.
La mostra Into the dreams verrà inaugurata il 26 settembre alle 18 presso Galleria Ambigua e resterà aperta fino al 12 ottobre. L’ esposizione nasce con l’intento di trasportare il fruitore nel mondo onirico, attraverso immagini che sono il prodotto di un modo nuovo di guardare alla realtà. Quest’ ultima, infatti, si rivela nella propria fluidità, del resto, l’interezza di ciò che percepiamo, cos’altro è, se non la sintesi delle esperienze e dei vissuti di un soggetto complesso?
Ed ecco che Rotta gioca con le immagini, con i riferimenti reali, con le architetture e la natura, dando vita a volti e spazi mai visti, inusuali, introvabili nell’oggettività esterna, ma dimoranti nella psiche dell’artista che, attraverso la luce e lo sguardo, sa modificare la materia. Gli edifici divengono il prodotto della sovrapposizione di plurali strutture, mentre i particolari della natura si fondono, trasformandosi in volti di antiche divinità scomparse. In questo labirinto di significati, il sogno ed il reale si abbracciano, generando “una dimensione altra” ch’è poi quella in cui l’arte prende vita, dettando le sue regole attraverso la meraviglia ed il gioco.
Il rapporto tra il fotografo e l’universo surrealista è una chiave di lettura fondamentale per penetrare il mistero delle immagini realizzate da Rotta. Infatti, per riuscire a decifrare la poetica che sottostà al gioco di abbinamenti che il fotografo sperimenta, occorre fondere il sogno e l’oggettività, come già Andrè Breton profetizzò nel 1924.
Cos’altro è, in fondo, l’arte, se non il tentativo di giungere a quella “dimensione superiore” che precede la superficie delle cose?
Il compito dell’artista non è forse quello di risvegliare i dormienti, come Platone annunciava nel Mito della caverna, dando così voce “a quel serbatoio spirituale” che unifica mondo e inconscio?
La realtà, nelle foto di Rotta, viene perciò inquadrata mediante un occhio deformante, che proprio in virtù di quella storpiatura sa accostare particolari inconsueti e, dunque, sa spalancare nuovi significati che rompono radicalmente con l’ordinarietà, generando sorpresa e conferendo alle immagini un ruolo nuovo. Proprio in tal senso, la valenza delle fotografie esposte è sorprendente: esse non svolgono più un ruolo consumistico - ruolo, peraltro, oggi imperante -, ma si fanno simboli di una nuova visione dell’uomo, in cui la creazione diventa la facoltà che, sola, sa creare nuove prospettive capaci di orientare l’individuo nel caos post-moderno della nostra epoca.