La mostra di Aboudia e Yeanzi "In Transit"
Inaugura sabato 1 ottobre (orario dalle 12 alle 20) la mostra “Aboudia e Yeanzi: In Transit” promossa da Lis10 Gallery, in collaborazione con Voga, nel nuovo spazio aretino di via Cavour 5, a cura di Alessandro Romanini e Fabio Migliorati.
I due artisti ivoriani, reduci da un anno mirabilis dal punto di vista professionale, quali rappresentanti del loro Paese, prima alla Biennale di Venezia e poi alla Biennale di Dakar, hanno deciso di mantenere fede a una promessa precedente all’inaugurazione del grande evento lagunare, lo scorso aprile. Aboudia e Yeanzi avevano infatti manifestato la volontà di realizzare ad Arezzo, fra i capolavori di Giorgio Vasari e del Lorenzetti, alcune opere destinate al Padiglione Nazionale della Biennale di Venezia, e Lis10 Gallery si era adoperata affinché gli artisti potessero lavorare nel Palazzo della Provincia, a poche centinaia di metri dal Cristo del Cimabue e dalla Maddalena di Piero della Francesca.
Con questa mostra, Aboudia e Yeanzi fanno ritorno nella città che ha sentito, visto, ascoltato produrre le loro immagini durante le poetiche “passeggiate aretine” dedicate alla discussione sui capolavori del Rinascimento toscano. La mostra è stata concepita per i luoghi di Arezzo, come forma di tributo alla storia di questo territorio: consta di un ciclo di dipinti su tela e su carta di varie dimensioni, raccolti sotto il titolo “In Transit”.
Il transito, il movimento, il viaggio: sta tutta qui l’energia della visione che occorre per formulare lo stile voluto. Così, nello spazio e nel tempo, si trattano il colore e la linea, per inseguire quei gesti che meglio fotografano l’arte e la cultura contemporanea africana. Gli artisti sembrano riscoprire uno spirito che li guida; e lo trovano facilmente perché ne sono semplicemente animati: sono protagonisti risolti che raccontano loro stessi da lontano, nel farsi condurre agli stadi più antichi di una modernità evocata e invocata, a quei fenomeni sempre fermi, proprio perché sempre soggetti a metamorfosi. L’origine del (loro) tutto è insomma una sorta di sacro moto: movimento incessante, migratorio interno o esogeno, che corrisponde a un transito continuo di scambi culturali, linguistici e iconografici fra i 54 paesi che costituiscono l’Africa. Ed è la stessa diaspora che rivive nei numerosi artisti africani in cammino fra paesi europei, fondendo le loro millenarie radici identitarie con le iconografie occidentali, creando nuovi e ibridati linguaggi.
La mostra include anche alcuni lavori realizzati a quattro mani – ciclo iniziato durante la permanenza ad Arezzo – e destinati all’asta per devolvere gran parte del ricavato a istituzioni che si occupano di assistere l’infanzia. Abidjan, Venezia, Arezzo: simboli differenti della stessa cultura. Perché la destinazione della cultura, in fondo, è soltanto provenienza.
Lis10 Gallery sceglie Arezzo per una formula della cultura trasversale, che coniuga l’attaccamento alle radici toscane e la loro valorizzazione, all’arte africana odierna: una formula glocal che mira a rappresentare l’Africa da Arezzo, e, insieme, a rappresentare Arezzo nel mondo.
Scrive Fabio Migliorati: “La “pittura per indizi” di Aboudia attua la propria via comunicativa guardando al gusto del fare, quello immediato, senza rimandi allo stile grafico che invece informa e riforma, educa e consola nel “dipingere nebulosamente disposto” di Yeanzi; il primo adotta una maniera sazia di recitare l’art pour l’art, che fa pensare all’America del graffitismo in cui si masticavano le forme e si sputavano i colori. Il secondo, al contrario, preferisce agire tramite soluzioni più auliche, meno dense, quasi delicate e decorative: il suo vedere raffinato è sempre un paesaggio, un alfabeto in cui forse solo per caso compare la figura umana – in una manciata di punti, cosparsa e soffiata subito via, come figlia di desertica indecisione, invasa di distanza e mistero, vestita di arcani versi che cantano costanti e continue contaminazioni. E certa segnica strutturata, non è dato sapere se portata dalla storia o dalla scienza, dalla natura o dall’umanità, dal passato o dal futuro, assume le sembianze dell’arte di oggi, che si fa guidare come brezza segreta e sabbiosa, per fare della conoscenza una domanda e non una risposta”.
Fabrio Migliorati
Scrive Alessandro Romanini: “L’opera di Aboudia e Yeanzi è all’insegna del dialogo fra culture, universi, storie e geografie e riguarda direttamente la connessione fra storie specifiche – biografiche e identitarie – e la grande storia universale. I due artisti hanno assimilato la capacità di affrancarsi da un passato (quello africano) molto spesso fantasmatico, iscrivendosi a pieno titolo nella loro epoca. La memoria e il linguaggio devono essere costantemente esercitate per rimanere vive; Aboudia e Yeanzi con i loro peculiari metodi, hanno saputo far dialogare storia e memoria, evitando il rischio di confonderle come succede spesso nei contesti soggetti a rivendicazione identitaria. La memoria è soggettiva, metamorfica e fugace, si impregna di sentimenti, di ricordi e di sensazioni, molto spesso artificialmente ricostruiti in misura di un presente . incerto e variabile, mentre la storia si ancora a dati pseudo-oggettivi”.
Questo procedere insieme, pur senza una fedele condivisione che ne fonda le identità, regala ai due autori la consapevolezza del tragitto storico che diventa esistenziale, perché è per entrambi provenienza e destinazione, costrizione e libertà, memoria d’Africa e sogno occidentale”.