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Storia e segreti dei "vasi corallini": il primo marchio made in Arezzo esportato in tutto il mondo

Sono state inaugurate oggi, 18 maggio, le nuove sale del museo archeologico Gaio Cilnio Mecenate. Un progetto a cura della Direzione generale Musei del Ministero della Cultura in collaborazione con la Direzione regionale Musei della Toscana

Frammenti dall'inconfondibile tinta corallo sono stati trovati in Francia, Spagna, Portogallo, Germania e pure in India. Gli Arretina vasa o vasi in terra sigillata, per secoli hanno rappresentato il fiore all'occhiello della produzione artigiana made in Arezzo, uno dei primi esempi di prodotto manifatturiero esportato in tutto il mondo. È a questa inestimabile eccellenza che è dedicata un'ala del museo archeologico "Gaio Cilnio Mecenate" dove quest'oggi, 18 maggio, è stato tagliato il nastro del nuovo allestimento dedicato alle preziose terrecotte. Un percorso dove i visitatori potranno non solo ammirare i manufatti ma anche conoscere i segreti di una delle produzioni tipiche dell’Arezzo romana dell’epoca di Mecenate.

Ceramica fine utilizzata per la realizzazione di utensili per la mensa, si distingue per il colore rosso brillante e vantava versioni lisce oppure decorate in rilievo. "All'epoca - specifica Maria Gatto, direttrice del museo archeologico - gli autori romani usavano l’espressione Arretina vasa per intendere più genericamente la ceramica. Una curiosità che la dice lunga sulla fama di questa produzione e sulla sua diffusione".

Il nuovo allestimento delle sale, con 29 vetrine e più di trecento reperti rinvenuti a Santa Maria in Gradi negli scavi dell’officina di Perennius, è stato realizzato nel contesto di un progetto sperimentale della Direzione generale Musei del Ministero della Cultura in collaborazione con la Direzione regionale Musei della Toscana. A presentarlo sono stati Massimo Osanna, direttore generale Musei del Ministero della Cultura, Stefano Casciu, direttore regionale musei della Toscana, Maria Gatto, direttrice museo archeologico nazionale di Arezzo e da Francesca Condò, coordinatrice dell’unità operativa allestimenti della Direzione generale musei. Un contributo Art bonus ha permesso di effettuare anche interventi conservativi e consentirà futuri interventi sui supporti, l’illuminazione e il restauro delle ceramiche in deposito.

Oggetti unici che narrano una storia dove Arezzo, terra di grandi artigiani, diventa la città dei vasai capaci di imprimere sull'argilla figure che raccontano storie, miti, usi e costumi del tempo. Innumerevoli le raffigurazioni delle divinità, degli episodi più celebri della mitologia, come la guerra di Troia, dell'eros con perfette corrispondenze con l'Ars amatoria di Ovidio e delle usanze più radicate come la vendemmia, la musica e la danza, il simposio, il gioco e la caccia. Uno degli eroi più presenti è Ercole con la sua tipica leontè, che è anche il soggetto di un pezzo, un punzone della fabbrica di Rasinius, fra i più sensazionali dell’esposizione.

Gli Arretina vasa si ispiravano ai più preziosi servizi di metallo. Il costo inferiore però, in particolare per le produzioni lisce li rendeva accessibili a molte più persone e, per tanto, furono prodotti in grande quantità ed ebbero, fra i vasi da mensa antichi, una diffusione eccezionale. Le fabbriche del territorio rifornirono, oltre alle mense domestiche, anche gli eserciti impegnati nelle operazioni di conquista e nel controllo dei confini sempre più estesi del dominio di Roma. Ed è proprio viaggiando insieme alle truppe che piatti, scodelle e coppe sono arrivate nei castra (accampamenti fortificati) dei luoghi più remoti dell’impero. Inoltre, seguendo gli usi funerari romani questi vasi potevano anche essere deposti nelle tombe come parte del corredo funebre. In casi più rari sono stati impiegati come cinerari.

Un manufatto rimasto celebre nella storia anche nelle epoche successive come testimoniato da Ristoro d'Arezzo (XIII secolo) che verso tali oggetti sviluppo un grande interesse. E poi Pietro Aretino, Giorgio Vasari e gli altri grandi del Rinascimento che a "vasi corallini" dedicarono grande attenzione dopo averne trovati dei frammenti nei cantieri cittadini. In età moderna altri frammenti decorati a rilievo vennero raccolti in collezioni private e dal 1823 nel Museo della Fraternita dei Laici da cui nel 1936 nasce il Museo Archeologico Mecenate. Nel corso del XX secolo invece, si è affermata anche la voglia di indagare sulla tecnica di produzione. Emblematico il caso della fabbrica Arretina Ars, fondata nel 1919 da Del Vita con l'intento di scoprire i segreti di questa ceramica riproducendola sperimentalmente.

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Le ceramiche di Arezzo

Nel 50 a.C. circa ad Arezzo si sviluppa un’innovazione tecnica che permette di fabbricare ceramiche dal rivestimento rosso brillante. Nella fase iniziale si fecero vasi lisci, a volte con decorazioni applicate. Dal 30 a.C. circa si iniziarono a produrre vasi, soprattutto coppe, decorati a rilievo con un ampio repertorio di immagini, con la tecnica della matrice. Le ceramiche aretine sostituirono in poco tempo quelle a vernice nera sulle mense dei ceti medio-bassi e nel corredo in dotazione alle truppe: belle ed eleganti, imitavano i preziosi vasi in metallo pur essendo meno care di quelli. In pochi decenni le ceramiche aretine ottennero una diffusione commerciale non paragonabile ad altre produzioni simili del mondo antico, raggiungendo tutte le province dell’impero e diverse regioni al di fuori. Produttori e lavoranti si moltiplicarono e aprirono succursali presso i punti di approvvigionamento delle materie prime, ma anche in luoghi strategici per la spedizione dei prodotti: una storia esemplare è quella di Cneus Ateius, che da Arezzo si spostò a Pisa, presso un punto di imbarco e di lì nella Gallia meridionale, così avvicinandosi ai ricchi mercati di quella regione e a quello dei confini controllati militarmente (Pisa, Lione, La Graufesenque, Orange). L’intenso sviluppo economico legato al successo di queste ceramiche, in particolare a partire dall’impero di Augusto (27 a.C. -14 d.C.), portò a un aumento della popolazione di Arezzo e, di conseguenza, a una forte espansione urbana: si moltiplicarono le case lussuose della nuova classe industriale che si sovrappose all’antica aristocrazia terriera di origine etrusca. Ad Arezzo sono stati ritrovati negli anni i bolli di circa 120 produttori; la loro intensa attività è testimoniata soprattutto dagli scarichi del materiale difettoso e dunque scartato dalle fabbriche: un’enorme quantità di frammenti; questo attesta l’eccezionale produzione che da Arezzo partiva per i mercati dell’impero. Lo scavo dello scarico dell’officina di Ateius ha restituito oltre 700 cassette di cocci: di questi materiali quelli pertinenti alla produzione liscia sono stati affidati all’Università di Siena (professoressa Mara Sternini) per lo studio e la pubblicazione, mentre quelli decorati a rilievo sono conservati nei depositi del museo; i pezzi sono stati in parte restaurati e ammontano a circa 1800 esemplari. Nei depositi si conservano anche i materiali dello scavo dell’officina di Perennius a Santa Maria in Gradi e a Cincelli che ammontano a circa 90.000 frammenti.

“Era veramente Arezzo al tempo antico il luogo dei vasai, giacché dentro la città e fuori di ogni intorno s'incontrano le loro vestigia” Gianfrancesco Gamurrini (1835-1923).

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