Lo sguardo dell’invisibile. La mostra dedicata alla pittrice Marie Hebdank
Verrà inaugurata il 29 maggio alle ore 17.00, presso Galleria Ambigua (Via Cavour 72, Arezzo), la mostra Lo sguardo dell’invisibile, dedicata alla pittrice franco-polacca Marie Hebdank. La pittura della Habdank si basa sulla luce e grazie ad essa le tele materiche assumono ombreggiature e spessore, in grado di trasformare i soggetti in dune danzanti ed in elementi tridimensionali, estrapolati dalla realtà. L’opera di questa originale artista trae senz’altro origine dalle tendenze informali proprie dell’arte contemporanea -delle quali viene recupera la concettualità- e tuttavia le oltrepassa, creando uno stile assolutamente innovativo, che ha per essenza la ricerca dell’invisibile che sottostà alle forme e la continua sperimentazione delle più svariate tecniche pittoriche, impiegando, con pari eleganza, materiali nobili e meno nobili, come la calce.
Nel modo di dipingere della Habdank appare chiaramente la ricerca dell’essenzialità, ottenuta, secondo l’insegnamento proprio delle filosofie orientali, attraverso un fine lavoro di livellatura che lascia sulla tela esclusivamente “gli elementi focali” sui quali il fruitore deve concentrarsi. Come in un processo meditativo che prende avvio da una rappresentazione sensibile, le tele riescono ad oltrepassare il visibile e ad innescare nello spettatore un gioco d’analisi introspettiva. In tal senso, elemento ricorrente nelle opere è la forma geometrica del cerchio, emblema dell’armonia e principio motore dell’intero universo. Nella propria essenzialità, la sfera rappresenta infatti la compiutezza e dunque la perfezione, ma è anche simbolo della mutevolezza dell’esistenza e della sua ciclicità, nella quale le forme convergono l’una nell’altra, secondo il principio dell’impermanenza. E proprio quest’unione tra tradizione orientale ed occidentale è centrale nelle opere della pittrice che, se da un lato s’ispira alla contemporaneità, dall’altro recupera tutta la profondità delle filosofie asiatiche e la riflessione di esse sul senso della vita. Le tele paiono così volerci dire che, per giungere alla “verità” nascosta delle cose e di noi stessi, occorre liberarsi di tutti quei fardelli che ci gravano addosso, impedendo di metterci in cammino verso una ricerca che deve partire da un’auto-analisi e che, proprio dall’arte, può essere innescata.
Il ruolo della creazione, del resto, è proprio quello di aprire nuove prospettive sul reale e d’innescare un processo catartico in chi s’imbatte nelle rappresentazioni estetiche. Questo processo di liberazione prende avvio, nelle opere dell’autrice, dall’utilizzo di forme minimali quali il cerchio, poiché proprio l’elegante minimalismo della sfera è il simbolo dell’universo immateriale e parallelo che la pittrice indaga. A partire dal paradosso che lega la materialità sovrabbondante e la concettualità, la Habdank sa dare vita ad uno stile assolutamente unico, che potremmo definire “concettuale-materico” e che costituisce un’innovazione all’interno del panorama artistico contemporaneo.
La mostra resterà aperta fino al 9 giugno (con orario 15.30-19.30, dal lunedì al sabato) e sarà visitabile con un limite di due ingressi alla volta.