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Quei valorosi destrieri che combatterono la Grande Guerra: la lancia d'oro e l'allegoria con Arezzo

Nella sala del Consiglio Comunale è stata presentata la lancia d’oro della 137esima edizione della Giostra del Saracino, dedicata ai cento anni dalla conclusione della Prima Guerra Mondiale.  “La 137esima edizione della Giostra del Saracino è...

Nella sala del Consiglio Comunale è stata presentata la lancia d’oro della 137esima edizione della Giostra del Saracino, dedicata ai cento anni dalla conclusione della Prima Guerra Mondiale.

“La 137esima edizione della Giostra del Saracino è dedicata al centenario della fine della prima guerra mondiale che si celebrerà in tutta Italia e nel resto d’Europa il 4 novembre di quest’anno – ricorda il primo cittadino Alessandro Ghinelli – dopo cento anni esatti dalla fine di quell’evento drammatico che sconvolse il nostro paese e le cui cicatrici sono tutt’ora percepibili nel Nord Est dell’Italia. A quei territori appartiene il paese di Sappada, la cui popolazione, all’indomani della rotta di Caporetto, dovette in una notte abbandonare le proprie case per mettersi in salvo altrove trovando ospitalità e accoglienza ad Arezzo che per un anno e mezzo li accolse come propri figli dando loro una casa, un lavoro e la solidarietà, con una unità di intenti che incarnava allora, molto più di oggi, il senso di appartenenza nazionale, pur a pochi anni dalla conclusione del processo di unificazione stesso. Oggi dunque, l’aver intitolato la lancia d’oro ai cento anni della fine di quella guerra ha un significato simbolico importante per questa città, che si riconosce a pieno titolo interprete attiva e consapevole di quel processo, di unificazione nazionale. Ecco il motivo per cui questa lancia per la quale ringrazio il maestro Gustavo Aceves insieme all’intagliatore della parte lignea, Francesco Conti, è così importante per la città e per la Giostra, che essa stessa a ben guardare ha insita una simbologia che può ricondursi all’unità di intenti di fazioni diverse, ma unite contro un comune nemico”.

Secondo l'architetto Roberto Barbetti, dirigente comunale e responsabile della Fondazione Cultura:

La produzione di Gustavo Aceves evidenzia un sodalizio artistico ormai imprescindibile che lega l’epica umana alla narrazione figurativa dei cavalli rappresentati in forme scultoree alle diverse scale dimensionali. Il cavallo è un medium a cui l’artista affida il racconto delle sue passioni, dei suoi pensieri sulla storia e sul destino del mondo affinché questo possa consolidarsi in forme indelebili prima di essere tramandato ai posteri. Il cavallo poi nella tradizione iconografica occidentale e in quella italiana in particolare è simbolo di gloria; la magnificenza di questo animale rappresentato con le sue movenze eleganti traduce nell’immaginario collettivo il senso della forza, dell’ardimento e della potenza. Aceves seppur mutuando da tali opere il portato stilistico e l’enfasi monumentale, affida al cavallo un ruolo completamente difforme. Non la gloria, ma al contrario la sua negazione: l'uomo non è più il cavaliere trionfante, bensì un vinto dalle calamità e dalle avversità causate da guerre e carestie. La 137° lancia d’oro, a memoria della fine del primo conflitto mondiale, è totalmente informata di questi assunti: le quattro teste dei cavalli che ricordano i quartieri di Arezzo, quindi la città nel suo complesso, si dispongono in modo ortogonale rispetto al brocco dell’elsa. Sono figure che lasciano presagire la loro originaria fierezza, suggerita, oltre che dalle forme anatomiche ben proporzionate anche da un portamento leggermente flesso dell’incollatura. Eppure nei loro occhi traspare un senso di disorientamento e di perdita. Le masse scultoree sono incise profondamente e lasciano in vista tutte le ferite che sono state inferte per mano dell’artista. Le guerre distruggono e ciò che lasciano è molto spesso abbandono e disintegrazione. L’ elemento di riscatto a questo vuoto è dato dai valori di appartenenza che, in quel dato momento storico, Arezzo come l’Italia ha ritrovato nel patriottismo e nell’attaccamento alla propria bandiera. La città contava i suoi morti prestati alla causa e si preparava a celebrarli come eroi. Sembra proprio che il verticalismo della Lancia; la sua punta che si sviluppa in alto, proprio a patire da quelle teste tristi e assorte, sia congegnata dall’artista per dare forza a questo anelito di speranza ritrovata”.

La presentazione della lancia d’oro è stata anche l’occasione per annunciare il vincitore del contest fotografico di Instagram #atmosferadigiostra attivo dal 16 giugno al 19 agosto che metteva in palio un invito per assistere alla prossima Giostra. L’autore dello scatto vincitore, raffigurante uno dei due famigli del Buratto, è Rodolfo Vagnoli.

E' stata anche donata alla città di Arezzo un’opera realizzata dall’artista barese ma aretino d’adozione Vincenzo Nasuto, affermato in tutto il mondo per la sua particolare tecnica pittorica con la quale dipinge le sue opere direttamente su stoffa.

“Un ringraziamento speciale a Vincenzo Nasuto – conclude il vicesindaco Gamurrini – artista che ha esposto qualche tempo fa le proprie opere a Palazzo Comunale e che oggi è qui per regalarci questo splendido foulard dipinto a mano, un pezzo unico, raffigurante un cavaliere della Giostra del Saracino durante la carriera in Piazza Grande”.

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