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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cultura

Premio Pieve, ecco gli 8 finalisti. La storia di Cristina, aretina che ha affrontato il tumore sorridendo

L’80° anniversario dall’entrata in vigore delle leggi razziali, il 75° dall’8 settembre 1943, il 100°dalla fine della Prima guerra mondiale, il 50° dal 1968. Il 34° Premio Pieve, organizzato dall’Archivio dei diari a Pieve Santo Stefano dal 14 al...

L’80° anniversario dall’entrata in vigore delle leggi razziali, il 75° dall’8 settembre 1943, il 100°dalla fine della Prima guerra mondiale, il 50° dal 1968. Il 34° Premio Pieve, organizzato dall’Archivio dei diari a Pieve Santo Stefano dal 14 al 16 settembre, è un percorso che si snoda attraverso la “stagione degli anniversari” in cui stiamo vivendo: tre giorni di appuntamenti nel segno della memoria e delle lezioni che non dobbiamo dimenticare per capire il presente. Protagoniste le scritture popolari e i “Franchi narratori” – questo il tema scelto per la manifestazione – ovvero gli oltre 8.000 autori di diari, memorie e lettere affidati all’Archivio, giacimento sterminato di documenti storici e patrimonio di letteratura popolare. Tra gli otto finalisti, anche la storia dell'aretina Cristina Bigazzi.

Gli otto finalisti del Premio Pieve

Domenica 16 settembre alle 16.30 nelle piazze di Pieve Santo Stefano saranno presentate le otto storie finaliste del concorso e sarà proclamato il vincitore. Storie che portano il lettore in viaggio nel tempo, dalla prima metà dell’Ottocento ai giorni nostri, azzerando le distanze che intercorrono tra gli anniversari e l’attualità. Luca Pellegrini, nato nel 1806 a Palmanova è un capitano della marina asburgica che gira il mondo in nave, scrittore virtuoso capace di raccontare un naufragio con la bravura dello sceneggiatore, uomo cosmopolita e illuminato che riflette sui pregi e i difetti del mondo islamico, a Smirne e Costantinopoli, e si scaglia contro la schiavitù e il razzismo degli europei in Sud America. Al volgere del secolo, la testimonianza della giovane Clementina Ravegnani rammenta quanto è labile il confine tra benessere e sofferenza, descrivendo la propria vita spensierata nella provincia italiana di inizio ‘900, ai tempi della Belle Époque, vigilia della Prima guerra mondiale. Guerra alla quale aderirà la famiglia di Giuseppe Lorenzo Mazza con l’entusiasmo comune a gran parte del popolo italiano, nelle radiose giornate del maggio 1915, e che sarà spazzato via dall’esperienza del fronte che coinvolgerà padre, madre e figlio fino al dramma della morte di quest’ultimo. Un balzo di poco più di vent’anni e ancora l’inganno della guerra, la Seconda, che si rivela agli occhi del piccolo Aldo Bigalli, pisano. A dieci anni è avvolto dalla propaganda fascista e nonostante la tenera età scrive cronache mirabili del conflitto; disegna mappe, costruisce eserciti con tappi di sughero e fantastica sulle imprese belliche. Fin quando non è travolto dall’orrore del dopo armistizio, dei bombardamenti e dei nazisti in casa. Un destino comune a quello di Luciano Sansoni, un ragazzo in età di leva all’indomani dell’8 settembre 1943, che rifiuta l’arruolamento per Salò e intraprende una fuga rocambolesca attraverso l’Italia occupata, vivendo la battaglia per la liberazione di Firenze. Poco più di vent’anni dopo, Roberta Pedon attraversa invece un mondo completamente cambiato, in gran parte pacificato, dove i giovani viaggiano liberamente dall’Italia all’Inghilterra, da Londra all’India alla ricerca di nuove esperienze e conoscenze, sulla scia della rivoluzione generazionale sessantottina. Una spensierata incoscienza che, negli anni novanta, ignora la giovane Chiara Melandri, che si aggrappa alla scrittura per impedire che le porte degli ospedali psichiatrici, delle comunità, delle case famiglia, si chiudano alle sue spalle. Una vita fragile, che si spezza a soli 33 anni, nel 2013. Appena tre anni dopo, un ospite indesiderato irrompe nella vita di Cristina Bigazzi: la spiazzante diagnosi di un carcinoma segna l’inizio di una sfida fisica ed esistenziale dalla quale è uscita vincitrice nel giugno dello scorso anno.

Le immagini della presentazione

Focus sull'aretina Cristina Bigazzi (nata ad Arezzo nel 1950)

Estratto da "L'ospite", diario 2016-2017

Una strana sensazione ad un dente. Null’altro per del tempo. Poi una piccola escrescenza sul palato. Non ho dolori, nessun altro sintomo. Vado dal medico di famiglia, mi prescrive una radiografia dell’arcata dentaria. La risposta mi viene consegnata dopo meno di una settimana e parla di granuloma. Torno dal medico di famiglia, che mi consiglia di andare da un dentista. L’appuntamento è per oltre venti giorni dopo; ma si tratta di un granuloma, non è così urgente. E del resto neppure io insisto per andare prima, si tratta di un granuloma, non è così urgente. Il 16 novembre alle 10 del mattino l’appuntamento. La dentista ascolta, mi visita, guarda il dischetto e dice che non le sembra un granuloma. Mi chiede se può andare di fronte, dal radiologo che conosce bene, per fissare una TAC. Torna dopo pochissimi minuti, l’appuntamento è per il giorno dopo. L’indomani faccio la TAC. La mattina dopo mi te- lefona la dentista che ha già in mano la risposta. Esordisce con un “si tratta di una neoforma- zione…”. La interrompo, forse un po’ bruscamente: una neoplasia? Esita un attimo, riprende: “si tratta di una neoformazione”. La incalzo: è un tumore? Sì”. Così l’ospite irrompe nella vita di Cristina. Indesiderato, inaspettato, invasivo, devastante. Carcinoma della mascella. Car- cinoma adenoideo-cistico. Strategie di sopravvivenza. Mi impongo un codice di comporta- mento rigido: né disperazione né bugie o fughe dalla realtà. Affronterò la cosa freddamente, senza incertezze né ripensamenti. Corrado e i ragazzi devono sentire, in ogni momento, che io sono forte e sono serena. Questo, che all’inizio forse potrebbe essere null’altro che un’autoim- posizione, con il passare dei giorni diventerà un comportamento spontaneo, una reazione au- tomatica ad ogni nuova bastonata che arriva, e ne arriveranno parecchie. Un altro codice di comportamento che mi impongo, e la decisione non verrà meno: né dottor Google, né pareri di chicchessia, né racconti di chi ha un amico che, di chi ha una vicina che, di chi ha sentito dire che. Un solo punto di riferimento, mai una via crucis da un medico a un altro alla ricerca di chi mi dirà quello che io vorrei sentirmi dire. Dunque, non voglio sentire che i medici che mi “pren- deranno in carico”. Il punto di riferimento è il dottor Giuseppe Spinelli, direttore del maxillo- facciale al CTO di Firenze. Il medico giusto, l’uomo giusto, per Cristina. Dialogo e trasparenza, anche nei momenti più difficili. Ha cominciato ad avanzare l’ipotesi che, data la posizione e l’estensione presunta del tumore, sia necessario un intervento composto, prelevare un pezzo di osso dalla fibula ed una porzione di pelle di gamba ed innestarli al posto del tessuto osseo che toglieranno dalla bocca. La conferma: si gira verso di me, mi saluta, mi dice: è grosso, ci vuole per forza il trapianto di osso dalla fibula. E ancora. Ci sono nel collo alcuni linfonodi sospetti, dovranno toglierli. E per toglierli mi faranno un taglio di traverso da orecchio a orecchio. Quando Spinelli me lo dice ridacchio. Lui mi guarda un po’ stupito e mi fa: lei ride? Rispondo: devo piangere? Serve a qualcosa? Mi fa: no, ha ragione, non serve a niente, la preferisco così, che rida. Il 21 dicembre del 2016 Cristina entra in sala operatoria per uscirne 14 ore dopo. Il suo corpo è martoriato. Lo spirito resta integro, grazie anche all’amore e all’abnegazione del marito, dei figli, dei nipotini, degli amici che le si stringono intorno, di una struttura ospedaliera che, salvo rare eccezioni, la tratta con competenza e umanità. Ma è soprattutto alle sue forze che deve ricorrere durante la degenza, mentre le cicatrici rimarginano, nel corso delle devastanti sedute di radioterapia. Fino al 20 giugno 2017 quando su un referto compare finalmente la frase di tutte le frasi del mondo: nessuna recidiva.

Il programma del Premio Pieve

Prima della finale del concorso il Premio Pieve vivrà 15 appuntamenti, animati dalla presenza di decine di ospiti, suddivisi in tre giorni, da venerdì 14 a sabato 16 settembre.

Venerdì 14 settembre spicca una giornata dedicata a un grande tema della memoria e dell’attualità come l’emigrazione, con la presentazione dei finalisti del terzo concorso DiMMi – Diari Multimediali Migranti, l’anteprima del volume Parole oltre le frontiere (Terre di mezzo, 2018) che racchiude le storie inedite raccolte grazie alle precedenti edizioni del concorso, il riconoscimento del Premio Tutino Giornalista 2018 a Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso per la graphic novel “Salvezza”, la performance artistica “DiMMi_feat_Art is stay”.

La giornata di sabato 15 settembre vedrà una preziosa appendice dedicata al tema dell’emigrazione, in questo caso otto-novecentesca, con la presentazione in anteprima del volume Abasso di un firmamento sconosciuto (Il Mulino, 2018) curato da Amoreno Martellini, che sarà preceduta da un’altra anteprima editoriale, il volume Ridotta Isabelle (Terre di mezzo, 2018) nato dall’epistolario di Antionio Cocco vincitore del Premio Pieve 2017, e da un incontro sul tema “Rappresentanza e rappresentazioni” a cura di Patrizia Gabrielli. Nel pomeriggio quattro firme prestigiose della letteratura contemporanea (Marco Balzano, Paolo Di Paolo, Marcello Fois, Sandra Petrignani) si confronteranno con studiosi e scrittori da sempre vicini alla realtà dell’Archivio (Pietro Clemente, Anna Iuso, Melania G. Mazzucco, Stefano Pivato) sui temi dell’autobiografismo. A sera andrà in scena Marco Baliani con lo spettacolo teatrale KOHLHAAS.

Domenica 16 settembre il tradizionale incontro della mattina tra diaristi e commissione di lettura dell’Archivio dei diari precederà l’appuntamento conclusivo con la presentazione delle 8 storie finaliste e la proclamazione del vincitore del concorso 2018. La manifestazione, che avrà inizio alle 16.30, vedrà la presenza straordinaria di Piero Terracina, sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz, per ritirare il “Premio Città del diario 2018” che l’Archivio ha voluto dedicare a lui, a Sami Modiano e a Liliana Segre in rappresentanza di tutte le vittime delle leggi razziali e dei testimoni sopravvissuti della Shoah.

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