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Mine - voto: 7,5

Fabio Guglione e Fabio Resinaro, o Fabio & Fabio come si firmano sin dagli esordi, sono amici ed appassionati di cinema da tempo. Conosciuti al liceo nel 1995 e senza frequentare corsi di cinema, iniziano a realizzare cortometraggi assieme. Nel...

Fabio Guglione e Fabio Resinaro, o Fabio & Fabio come si firmano sin dagli esordi, sono amici ed appassionati di cinema da tempo. Conosciuti al liceo nel 1995 e senza frequentare corsi di cinema, iniziano a realizzare cortometraggi assieme.

Nel 2004 arriva la svolta con E:D:E:N, corto di fantascienza che dimostra le capacità e i mezzi a disposizione del duo.

L’impatto alla visione è di quelli potenti: una messa in scena professionale e una fotografia curatissima, l’impressione è quella di trovarsi di fronte ad un prodotto internazionale.

I loro nomi iniziano così a circolare e ad essere apprezzati nei vari festival tanto da permettergli di realizzare due anni dopo The Silver Rope, con il quel confermano la loro bravura.

Guaglione e Resinaro, pur restando in un circuito underground, sembrano essere inarrestabili. La loro passione per il cinema di fantascienza torna anche nel terzo lavoro, Afterville, sci-fi del 2008 ambientato a Torino.

Sarà proprio l’anomala ambientazione della città italiana per un progetto di questo tipo a decretarne l’ennesimo successo. Otto anni dopo, volati in America per cercare finanziatori per il loro primo lungometraggio, da una co-produzione americana, italiana e spagnola, nasce Mine. Ad apprezzare per primo la sceneggiatura, scritta sempre da Guaglione e Resinaro, quel Peter Safran che nel 2010 credette in Buried, bizzarro progetto di Rodrigo Cortés e Chris Sparlin con Ryan Reynolds come unico protagonista chiuso in una bara di legno per 90 minuti. In Mine i due registi milanesi hanno trovato il loro one man show in Armie Hammer che, come accadde con Reynolds per Buried, ha dato tutto se stesso per il progetto. Hammer è Mike Stevens, soldato americano in missione in Afghanistan assieme all’amico di una vita Tommy Madison (Tom Cullen). Durante l’appostamento per uccidere un terrorista qualcosa va storto e i due sono costretti a fuggire per il deserto in mezzo ad una tempeste di sabbia. L’estrazione è pianificata in un vicino villaggio ma durante il percorso a piedi i due si ritrovano in un campo minato.

Tommy è il primo a calpestarne una, per lui non c’è più nulla da fare - l’ordigno esploso gli ha amputato le gambe - mentre per Mike, fermstosi prima di sollevare il piede, inizierà una sfida di sopravvivenza al limite dall’umano, immobile nel folle tentativo di non far saltare in aria la mina.

C’è da dire che Mine non parte proprio con il piede giusto.

Nei primi minuti assistiamo a qualcosa di ormai visto e rivisto tanto da non riuscire a coinvolgere come dovrebbe.

Alcune battute dei due protagonisti poi, seppur scritte da due italiani, hanno quella tipica cafonaggine yankee di certi film a carattere bellico.

Insomma, si storce il naso più di una volta di fronte alla logorroica parlantina dell’amico Tommy, poi però si arriva al punto di svolta, quello dove il film inizia veramente a prendere forma.

Il “click” di una mina attivata dal peso di un corpo è il suono che precede l’inizio del secondo atto, o se vogliamo, del film vero e proprio.

Mike sarà costretto a restare bloccato in quella posizione per oltre 50 ore: è il tempo di recupero stimato dai soccorsi impegnati in uno scontro a fuoco.

Oltre due giorni di semi immobilità senza acqua e cibo, tra i pericoli del deserto e una forte pressione psicologica a complicare tutto.

Ai due registi però non interessa raccontare la storia con le solite dinamiche, lentamente la pellicola infatti cambia faccia, la guerra in cui si trovavano coinvolti i due soldati assume i contorni di un conflitto ben più intimo, quello che Mike sta combattendo dentro di se ormai da anni.

Gli spazi aperti ed apparentemente senza mura del deserto, sono una perfetta scenografia che fa da contraltare all'ermetismo soffocante di Mike.

Il suo passato è costellato di fantasmi ed errori che si porta dietro come un pesante fardello tanto da averlo costretto ad un’esistenza paralizzata in una condizione di stallo, proprio come quella a cui è costretto adesso che ha un piede sopra ad una mina.

L’ordigno bellico del titolo assume così un carattere simbolico, quello delle paure e delle insicurezze di Mike, il quale, nella solitudine del deserto, è adesso costretto a fare i conti con il proprio passato e a fare quel tanto atteso passo avanti, anche quando questo può voler dire lasciare che tutto esploda sotto i nostri piedi.

Le allucinazioni, dovute alla permanenza prolungata in un ambiente ostile, lo porteranno a rivivere, e noi con lui, momenti della sua vita che da tempo lo hanno messo in ginocchio, il tutto raccontato con continui salti tra presente e passato in un frenetico ed emozionante montaggio curato dagli stessi registi. Se è vero che Guaglione e Resinaro con i 106 minuti di pellicola dilatano eccessivamente i tempi con il rischio della ripetitività, è altrettanto vero che la messa in scena funziona ed appaga, su tutte le due sequenze notturne veramente memorabili. Tra personaggi bizzarri che fanno visita al protagonista (forse non sempre riusciti) fantasmi e deliri sciamanici, persino un padre violento e il figlio traumatizzato ritrovano il loro riscatto, in un twist finale che non vanifica, ma anzi rafforza, l’intento dei due registi. Voto: 7.5/10 Mine (Usa, thriller, dramma, 2016)

Regia: Fabio Guaglione, Fabio Resinaro

Sceneggiatura: Fabio Guaglione, Fabio Resinaro

Cast: Armie Hammer, Annabelle Wallis, Tom Cullen, Juliet Aubrey, Geoff Bell

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