"Madonna del Conforto, la gente l'attirate a calamita". Dieci ottave di Giovanni Fantoni, poeta quaratino
Nel giorno della Madonna del Conforto, un regalo arriva alla redazione di Arezzo Notizie. Lo ha consegnato Enzo Gradassi, ricercatore appassionato della storia locale e dei personaggi che l'hanno animata. Si tratta della storia di Giovanni Fantoni
Nel giorno della Madonna del Conforto, un regalo arriva alla redazione di Arezzo Notizie. Lo ha consegnato Enzo Gradassi, ricercatore appassionato della storia locale e dei personaggi che l'hanno animata. Si tratta della storia di Giovanni Fantoni e delle dieci ottave scritte per la Madonna del Conforto.
Di Enzo Gradassi - Gli aretini che hanno idea di chi fosse Giovanni Fantoni è perché lo collegano al suo testo più famoso, ossia la storia di Gnicche che concludeva con la propria firma come chiusura dell’ultima ottava:
“ Se feci sbaglio ognun di voi perdoni
son di Ponte Burian Giovan Fantoni”. In realtà Fantoni aveva composto molte altre storie in ottava rima e, per quanto mi riguarda, l’ho documentato in un libro, pubblicato dall’editore Protagon di Montepulciano, nel 1999 col titolo “Le belle storie aretine di Giovanni Fantoni”.
In rapida sintesi, Fantoni era nato a Cappiano, una frazione di Figline Valdarno, il 18 giugno 1828. Abitò a Ponte Buriano, anzi per dirla con le sue parole “a Mezza Costa, Cura di Cincelli” fino al 1911 quando si trasferì a Quarata.
Nella sua vita fu un “bottaio”, ossia costruttore e riparatore di botti, ma anche di altre attrezzature per la cantina come i “bigoni”.
Un buon falegname capace di fabbricare gli zoccoli di legno al proprio figlio o di eseguire difficili riparazioni come la sostituzione di una doga di botte.
Per la sua professione viaggiava da una fattoria all’altra e con le sue ottave portava notizie e curiosità, storie inventate sui rapporti fra padrone e contadino o fra suocera e nuora o fra il cerchiaio di Castiglion Fibocchi e il vagliatore di Laterina (sempre, come vuole il contrato in ottava rima, fra due opposti contendenti). Il suo vezzo, come abbiamo già accennato, era di apporre la propria firma e il luogo di provenienza all’interno del testo delle sue composizioni. Spesso la datazione delle sue opere è avvenuta proprio grazie a questi elementi. Secondo la vulgata, Giovani Fantoni (che non era un bravo improvvisatore e preferiva scrivere le proprie composizioni) usava far rileggere i propri testi ad un prete per “ottenere licenza” e accettava anche qualche “paterna censura”. Di certo il poeta quaratino sapeva interpretare il sentimento popolare, più spesso il “senso comune”, se alcune delle sue storie, o dei suoi motti, sono sopravvissuti fino a noi, come nel caso della Storia di Pasquino, che la grande ricercatrice e folk-singer Caterina Bueno incise in un lp dell’Albatros. Nel caso che qui viene presentato, possiamo dire con certezza che il testo venne composto nel 1896 perché riferisce delle manifestazioni celebrative del centenario della Madonna del Conforto. Nell’aretino sono note altre storie in ottava rima che celebrano lo stesso avvenimento, o più precisamente, la prosecuzione delle celebrazioni in Val Tiberina con il trasferimento dell’immagine di comune in comune, con processioni che si congiungevano ai confini dei comuni in una sorta di staffetta, e con la descrizione minuziosa degli sfarzosissimi addobbi. Non è magari casuale che siano meno o affatto note. Le ottave del Fantoni sono costituite in parte di narrazione ed in parte di giudizi, morali prima ancora che religiosi in senso lato, che vanno a cercare il comportamento dei fedeli e che ammoniscono, sempre ricorrendo a quel tanto di «senso comune» che si è già detto e che rappresenta uno dei momenti di forza delle sue composizioni. È una delle sue opere dell’età matura (nel 1896 aveva 68 anni) e cominciavano a farsi strada nella sua mente i pensieri e i tentativi di esorcizzare la paura della morte che negli anni seguenti lo avrebbero maggiormente assillato. Giovanni Fantoni, poeta e uomo del popolo, cessò di vivere il 18 agosto 1914. O Padreterno Iddio bontà infinita
prostrato in forma di Gesù nell’orto
datemi aiuto a fare una sortita
e così voi Madonna del Conforto
la gente l’attirate a calamita;
fate che la mia nave giunga in porto
colli pianure coste ed Appennini
a compire un tesoro agli aretini
Camminan tanti tanti pellegrini
con la bandiera, il dono e la ghirlanda
e più grato è veder tanti angiolini
con la spada a cavallo a suon di banda;
livornesi, pisani e fiorentini
con molta fede in cuore li comanda:
è pieno il Duomo, i borghi ed ogni via
con ricchi doni a salutar Maria. Vedo corre nel labbro la bugia
c’è chi dice «non c’è più religione»;
non si vedrebbe già tanta follia
con tanto zelo a recitar corone!
Chi va in Pieve, chi in Duomo e chi in Badia
si riconcilia e fa la comunione;
tornan di nuovo a visitar l’ancella
e penitenza fanno alla cappella
Domitilla Bianchini in una cella
questa fanciulla fu cent’anni or sono
mentre che la città scuote e flagella
la devota a Maria chiede il perdono;
Da scura e antica si fe’ bianca e bella
cessò il baleno, il terremoto e il tòno
perché delle regine la regina
fece questo miracolo in cantina. Per tutta la diocesi aretina
fe’ Niccolò Marcacci un’adunanza
che sia nella bottega oppur cantina
quindi fecero già testimonianza:
Nel dir Santa Maria Salve Regina
il quadro illuminò tutta la stanza!
il Vescovado stupefatto resta
quindi si fa in quel dì perpetua festa.
A farla una cappella ognun si presta
poveri e ricchi a lavorar per nulla
e qualunque signora o dama onesta,
tanto sia vecchia o giovine fanciulla,
il vescovo lavora il dì di festa
salvo soltanto i bimbi nella culla.
Finita la cappella di innalzare
fu portata Maria sopra l’altare. Al Centenario si vede arrivare
Valdarno, Casentino e Valdichiana
come dei fiumi che corrono al mare.
Roma, Firenze e tutta la Toscana
con lumi, canti e suoni ad esaltare
la religion cattolica e romana:
tante Cure provviste in oro e argento
passan di là dal numero ottocento.
Dei pellegrini non cessò un momento
ottanta giorni senza staccar fila,
non vi è tanti soldati al reggimento:
fatto è il bilancio di trecentomila!
Maria scaccia il demonio ogni momento
per i devoti suoi la spada sfila:
per diventar del Paradiso eredi
il demonio l’ha messo sotto i piedi. O popolo aretino hai visto e vedi
quei personaggi dal piccolo al grande:
fai ben se la ragione a me non cedi
soltanto nell’udir duecento bande.
Madonna del Conforto a noi provvedi
per tutto il mondo il nome tuo si spande
ripetendo la donna e l’uomo accorto
«evviva la Madonna del Conforto».
Non abusiamo il diavol non è morto
si trova alla prigione e all’ospedale
e alla Madonna gli fa l’occhio torto
perché di noi fu madre universale.
So che presto anche io giungerò al porto
signori se m’avvio per quelle scale:
lassù vi aspetto tutti una brancata
son Giovanni Fantoni di Quarata.