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Perché il poliziotto che arrestò la Lioce sul treno verso Arezzo si è suicidato? Sara Lucaroni cerca di illuminare "Il buio oltre la divisa"

E' uscito il primo libro della giornalista aretina: un'inchiesta sui suicidi avvenuti tra forze dell'ordine e forze armate in Italia negli ultimi anni. "Un fenomeno di cui si parla poco e che viene minimizzato", spiega introducendo sei storie di eroismo e di dolore

"Bruno Fortunato, con due litri di sangue nello stomaco e un polmone, il diaframma e il fegato bucati, inizia a sbiancare e finalmente si siede: 'Non ce la faccio più, mi metto qui'”. Tra le pagine, c'è anche la ricostruzione di quel che accadde 18 anni fa, dopo la sparatoria del 2 marzo 2003 sul treno appena ripartito dalla stazione di Camucia in direzione Arezzo, in cui perse la vita il poliziotto della Polfer Emanuele Petri. Morì anche il brigatista Mario Galesi. Fu arrestata Nadia Desdemona Lioce e si salvò, nonostante i proiettili in corpo, il collega di Petri, Bruno Fortunato. E' uscito il primo libro di Sara Lucaroni, giornalista aretina che scrive su L'Espresso e Avvenire: un'inchiesta che cerca di illuminare un cono d'ombra poco indagato, quello che nel titolo viene chiamato "Il buio sotto la divisa" (edizione Round Robin), sui suicidi nelle forze dell'ordine e nelle forze armate. Già perché Bruno Fortunato - nativo di Portici nel Napoletano e residente ad Anzio - riuscì a riprendersi fisicamente dopo il terribile conflitto a fuoco di Castiglion Fiorentino, ma morì suicida 7 anni più tardi, nella sua abitazione laziale. Aveva 52 anni.

Sara Lucaroni ha intrapreso un viaggio su e giù per lo Stivale per indagare, ascoltare testimonianze, incontrare i familiari delle vittime: un anno di lavoro per fare luce sul buio che ha portato alla morte di sei persone, tra cui Bruno Fortunato. Sei storie ricostruite a ritroso, a partire da frammenti preziosi, a volte trascurati. Ogni storia ha una sua parte di mistero. "Ci sono state indagini, chiuse frettolosamente - spiega Sara Lucaroni -. Di questi casi, purtroppo, non si è parlato molto, certamente non abbastanza. Avrei voluto scrivere molte altre storie, ma quando si affronta un argomento simile ci si scontra con più muri. Dietro le divise ci sono le gerarchie e ci sono sistemi psicologici molto forti. Parlare di questi episodi è difficile e spesso le famiglie non vogliono parlarne, perché il suicidio viene vissuto come una vergogna. Ho cercato di raccontare casi diversi, che riguardano più forze".

Un lavoro che trae spunto dall'intervista alla vedova di Bruno Fortunato pubblicata sull'Espresso due anni fa e che ha portato la giornalista ad indagare approfonditamente il fenomeno dei suicidi in divisa sul settimanale. E infine il volume uscito giovedì scorso, che ha avuto un ottimo impatto sul pubblico, tanto da essere già in ristampa.

Il contenuto del libro

Sei storie - si legge nella sinossi - sei divise raccontate da “dentro”, attraverso le voci di amici, madri, figli. Sullo sfondo, il quotidiano o la grande cronaca del nostro paese e un fenomeno, quello dei suicidi tra le forze dell’ordine e le forze armate, che va capito, inquadrato, “sentito”. Perché sotto le mostrine e le uniformi, e al di là delle statistiche (sono già 18 i casi dall’inizio dell’anno) ci sono donne e uomini. Si intitola “Il buio sotto la divisa. Morti misteriose tra i servitori dello Stato” ed esce oggi per Robin Robin Editrice, dopo l’omonima inchiesta pubblicata sul settimanale L’Espresso nel luglio 2019.

C’è la storia di Bruno Fortunato, il poliziotto della Polfer che nel 2003 arrestò Nadia Desdemona Lioce e durante la sparatoria coi brigatisti perse l’amico Emanuele Petri. Fedele Conti, il capitano della Guardia di Finanza che dopo aver lavorato all’inchiesta sulla scalata Unipol -BNL e i “furbetti del quartierino” fu tra i primi a intuire la complessità degli intrecci e dei legami di potere nel basso Lazio. Daniele Da Col, ispettore della Polizia Municipale di Firenze dalla cui vicenda è nata una delle prime associazioni in Italia che combattono il mobbing e il disagio nell’ambiente di lavoro. Santino Tuzi, il brigadiere dell’Arma dei Carabinieri che con la sua testimonianza ha riaperto le indagini sul “delitto di Arce”, la morte di Serena Mollicone, il cui processo è appena iniziato a Cassino. Marco Massinelli, il maresciallo di 26 anni che dopo un viaggio negli Stati Uniti, e una notte di chat misteriose sui social, scompare per poi essere ritrovato in un bosco al confine tra Emilia Romagna e Toscana. Vitantonio Morani, barese, giovane agente della Polizia Penitenziaria la cui storia racconta la “solitudine” che operatori e detenuti sperimentano nelle carceri e l’organizzazione talvolta farraginosa dell’impiego del personale carcerario in Italia. A metà tra inchiesta e racconto, il libro si chiude con approfondimento sul fenomeno dei suicidi in divisa, in cui sindacati militari, psicologi e i maggiori esperti in materia danno le proprie chiavi di lettura di quella che appare come una piaga se non negata, certamente minimizzata.

“La divisa non rende eroi - spiega Sara Lucaroni - eroi sono le donne e gli uomini che la indossano. E la loro forza o fragilità è responsabilità di tutti. Ogni giorno in Italia la vita di questi servitori dello Stato si intreccia con i grandi fatti di cronaca del paese o con il quotidiano, spesso altrettanto difficile: alcuni di loro scelgono di non farcela e il loro suicidio diventa quasi subito un numero dentro un fenomeno complesso e sfumato, di cui neanche lo Stato vuole parlare. Ma dietro quei numeri ci sono storie dolorose e straordinarie come quella di Bruno Fortunato, il poliziotto che arrestò Nadia Desdemona Lioce decretando la fine delle Nuove Brigate Rosse. Quella di Fedele Conti, il capitano della Guardia di Finanza che tra i primi indagò gli intrecci tra politica e affari a Fondi, sul litorale laziale. E quella di Daniele Da Col, ispettore della Polizia Municipale di Firenze la cui vicenda ha fatto nascere una delle prime associazioni che combattono il mobbing. Storie e drammi privati e collettivi, spesso dai contorni misteriosi, che non possono essere ignorati“.

Un estratto dalla storia di Bruno Fortunato

"Bruno Fortunato, con due litri di sangue nello stomaco e un polmone, il diaframma e il fegato bucati, inizia a sbiancare e finalmente si siede: 'Non ce la faccio più, mi metto qui'. In ospedale il reparto di rianimazione è chiuso. Giuseppe non ce la fa a stare fuori ed entra nel corridoio di nascosto. In una stanza c’è suo padre su una barella. “Niente di grave, una sparatoria, poi ti racconto”. Bruno gli parla, è lucido. È avvolto nella coperta termica ma non si scopre, non gli mostra la ferita.'Non ti preoccupare', gli dice. Nella stanza accanto c’è Galesi, gravissimo. Ha il tatuaggio della pantera sulla spalla e sembra ancora più piccolo di quanto non sia. Negli stessi istanti, Giovanni sta redigendo un verbale con una versione dei fatti che Bruno non leggerà né potrà firmare, e la sera a casa si accorgerà di avere in tasca un proiettile. La moglie di Bruno, Filomena Fortunato, parla con il cuore in gola con i colleghi fuori dal reparto".

 Il buio sotto la divisa-2

Chi è Sara Lucaroni

Giornalista professionista, laureata in Filosofia all'Università degli Studi di Firenze, ha firmato reportage da Iraq, Siria e Turchia e inchieste per L’Espresso, Avvenire, Speciale Tg1, SkyTg24. Ha condotto il telegiornale di Tv2000 e  lavorato come inviata per i programmi di attualità “Fuori Onda” su La7 ed “M” di Michele Santoro, in onda su Rai3. Scrive di Medio Oriente, minoranze, diritti umani, legalità. Ha vinto, tra gli altri, il premio Carlo Azeglio Ciampi- "Schiena Dritta", il premio "Giornalisti del Mediterraneo" e il premio Omcom (Osservatorio Mediterraneo Criminalità Organizzata) della Fondazione Antonino Caponnetto. 

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