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Cultura

La storia della famiglia Nepi che ospitò un ebreo ed un inglese in fuga nel 1944

Raccontiamo una bella storia che ci arriva dal Valdarno, di quelle che segnano la vita delle persone e che aprono il cuore alla speranza e alla gioia. Una storia che inizia nel dolore e termina con la felicità e la scoperta dell’amore. Una storia...

Raccontiamo una bella storia che ci arriva dal Valdarno, di quelle che segnano la vita delle persone e che aprono il cuore alla speranza e alla gioia. Una storia che inizia nel dolore e termina con la felicità e la scoperta dell’amore. Una storia che si è svolta nel territorio di Montevarchi, che coinvolge una famiglia montevarchina, un cittadino di origine ebraica e un soldato inglese. Nell’aprile 1944 arrivò alla Consuma, nei pressi della Selva, nella casa abitata dalla famiglia Nepi, Enzo Tajar che si faceva chiamare Enrico. Era un ebreo che si era dato alla macchia ed era fuggito da Firenze per nascondersi dai tedeschi. La famiglia Nepi era composta dalla nonna Rosa, da Bista e Stella, e dai loro tre figli Dina, Delia e Dino, che era in guerra. Dopo essere stato ospitato per alcuni mesi da altre tre famiglie nel Chianti, Enzo Tayar si presentò alla casa colonica di sera verso la mezzanotte. Era affamato e stanco e fu subito rifocillato dopo aver chiesto ospitalità. Lui per ricompensare dell’ospitalità ricevuta aiutava nei campi e si occupava anche dei buoi. Veniva da Firenze, dove aveva studiato al Liceo Classico, aveva un fratello ed una sorella, il babbo era maltese, la mamma era bolognese, ma anche lei come il marito di origine ebrea. Trascorsero due mesi con Enzo che rimase ospite della famiglia, fino a quando a giugno non accadde un altro fatto importante. Presso la zona della Gruccia transitava un treno merci con diversi prigionieri che dovevano essere portati in Germania nei campi di concentramento. Uno di loro, Jim Foxall, con un coltellino riuscì a rompere due assi del vagone e con un suo amico si getto’ giù dal treno cadendo in un fossato pieno di acqua. I tedeschi videro quanto stava accadendo e spararono ai due fuggitivi che non furono colpiti. I due decisero di separarsi anche se Jim, che si era ferito nella caduta, era dolorante e sanguinante. Era più facile per i due, separandosi, riuscire a salvarsi. Nonostante le ferite Jim riuscì a percorrere a piedi 6 o 7 chilometri e verso le 10 del mattino, mentre Bista ed Enrico mietevano il grano, arrivo’ anche lui alla Consuma. Era stanco, affamato ed impaurito, non sapeva chi aveva di fronte e soprattutto non conosceva una parola di italiano. Si fece coraggio e disse “ I am a british soldier and i need help “ , Enrico gli strinse la mano e disse “ Don’t worry, your are a hong friend, i am british my self “ . Così alla Consuma a Montevarchi, quella mattina si incontrarono due disperati che sfuggivano ai tedeschi. La famiglia Nepi non ebbe alcuna remora e dubbio e anche Jim fu ospitato dai contadini. Addirittura Bista allestì con le foglie e delle coperte una specie di grotta nel bosco dove i due si sarebbero potuti nascondere in caso fossero arrivati i tedeschi o i fascisti. E qualche volta accadde proprio che sia Jim che Enzo passassero la notte nella grotta, al scuro. Ma la cosa più belle è che tra i due fuggiaschi (che rimasero ospiti dei contadini per alcuni mesi), e la famiglia Nepi si instauro’ subito un rapporto di reciproco rispetto e di profonda amicizia. Ma l’amicizia in un caso, quella tra Jim e Dina, si trasformò in amore. I due si innamorarono. Jim di religione protestante, per poter sposare la sua amata Dina, si convertì al cattolicesimo. I due il 30 settembre 1945, finita la guerra, si sposarono ed andarono a vivere a Birmingham in Inghilterra, mentre Enrico, che pure si era infatuato di Delia, l’altra figlia dei Nepi, torno’ a Firenze. In questo caso i due non si sposarono.

Di questa bella storia alcuni anni fa, proprio Enzo Tayar (l’Enrico della storia) ha scritto un libro dal titolo “1943 – i giorni della pioggia” dove lui narra delle sue esperienze durante tutto il periodo delle persecuzioni antisemite in Italia, che ebbero inizio nell'agosto del 1938 e terminarono con la liberazione da parte delle Armate Alleate nel 1944-1945. Il quarto capitolo del libro è proprio dedicato al suo soggiorno alla Consuma, al suo incontro con la famiglia Nepi e con Jim il soldato inglese. Leggendo questo racconto assolutamente veritiero e basato su un diario che l'autore annotava ogni giorno, il lettore potrà farsi un ampio quadro di come anche la piccola comunità ebraica di Firenze seppe affrontare le dure conseguenze della persecuzione con coraggio, spirito combattivo e grande affiatamento. Ma, soprattutto, il libro rende omaggio a tutte quelle umili persone che misero a repentaglio la propria vita pur di salvare la vita anche a un solo individuo, sebbene di fede diversa. Dunque un omaggio alla nonna Rosa, a Bista e Stella e ai loro figli, al loro senso di ospitalità, a come la vita di un uomo per loro valesse più delle differenze di razza e di religione e di come, pur avendo poco, si possa condividere quel poco con altri. Un bell’insegnamento per tutti noi in questo tempo così difficile e duro, dove l’individualismo e la paura dell’altro sembra dominare, rendendoci sempre meno capaci di gesti d’amore come tanti contadini in quel tempo seppero avere verso gli “stranieri”

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