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Martedì, 23 Aprile 2024
Cultura

Escher. Oltre il possibile

A Pisa è stata inaugurata da poco la mostra curata da Stefano Zuffi “Escher. Oltre il possibile” presso le sale BLU | Palazzo d’arte e cultura con chiusura fissata al 28 gennaio 2018. Una selezione di oltre cento opere comprendenti: xilografie...

A Pisa è stata inaugurata da poco la mostra curata da Stefano Zuffi “Escher. Oltre il possibile” presso le sale BLU | Palazzo d’arte e cultura con chiusura fissata al 28 gennaio 2018. Una selezione di oltre cento opere comprendenti: xilografie, acqueforti e mezzetinte del famoso incisore olandese Maurits Cornelis Escher (1898 – 1972). L’esposizione si articola in nove sezioni: Volti, Animali, Oggetti e Riflessi, Geometrie e Ritmi, Paesaggi, L’artista, Architetture fantastiche, Nature e Autoritratti. Il visitatore avrà così modo di ripercorrere la sua carriera fin dai primi anni venti quando già diciannovenne si esercitava nelle prime incisioni su linoleum utilizzando nella composizione dello sfondo una serie di righe verticali, memore degli studi geometrici portati avanti dal gruppo olandese “de Stijl” e successivamente riprese dal movimento della “op art”. (cfr. l’incisione Ritratto di Jetta del 1925). Studi sperimentali promossi in tutta Europa e in particolare in Germania alla Staatliches Bauhaus, la scuola di architettura, arte e design, di cui quasi sicuramente l’artista indirettamente ne elaborò gli esiti. A Delft e a Haarlem, le storiche città d’arte dell’Olanda, fu praticante sotto la direzione del suo maestro e incisore, ebreo sefardita, Samuel Jessurun de Mesquita. Escher iniziò così ad apprezzare l’arte matematica-razionale della tradizione ebraica e islamica e la confrontò con i movimenti dell’avanguardia europea. Affascinato dall’illusione visiva sperimentò composizioni elaborate anche dai grandi maestri del passato quali quelle lasciate da Van Eyck. Pensiamo al dipinto realizzato dal pittore nel 1434 per i coniugi Arnolfini, (National Gallery di Londra) e quello del manierista Girolamo Francesco Maria Mazzola detto Parmigianino: l’Autoritratto entro uno specchio convesso del 1524 (Kunsthistorisches Museum di Vienna). Un interesse quello per le superfici riflesse che si evince nella serie esposta dei 24 Emblemata, accompagnate da motti in latino e in neerlandese e realizzate durante il suo soggiorno a Roma. Numerosi sono gli scorci italiani che fanno da scenografia alle sue incisioni. D’altro canto Escher fu un artista che subì anche il fascino del viaggio inaugurando così il suo personale Grand Tour tra gli incantevoli scorci della costiera Amalfitana, in alcune zone della Toscana e in quelle del sud Italia. Luoghi rappresentati nelle architetture fantastiche a carattere geometrico, elaborate dalla sua immaginazione che percepiva costruzioni “impossibili”. Utili nella comparazione sono la xilografia Altro Mondo (1947) o Relatività (1953), confrontate intelligentemente dal curatore con le opere esposte dell’incisore e architetto Giovan Battista Piranesi (1720 – 1778). Il merito di Escher (senza mai essere stato un esperto matematico ma solo un’artista) fu quello di riuscire a utilizzare una molteplicità di combinazioni ponendole alla stregua di assemblaggi a incastro sia a carattere zoomorfo che a carattere geometrico. Degne di essere menzionate sono le opere intitolate Metamorphosis I e Metamorfosi II (1939), venti fogli accostati uno all’altro fino a sviluppare quasi quattro metri di lunghezza. Oppure Stelle, la celebre litografia del 1948, dove nel cielo notturno fluttuano solidi regolari ispirati alle illustrazioni della Divina Proportione di Luca Pacioli: la forma composta da tre ottaedri diventa una gabbia popolata da camaleonti.

Escher si basò costantemente su alcune ricerche, quella intorno al nastro di Möbius, (cfr. la xilografia Nastro di Möbius del 1961) dove la forma è ottenuta con una torsione fino a rappresentare una figura che ricorda il simbolo matematico dell’infinito. Simbolo riportato nelle incisioni che ricordano gli effetti decorativi della tradizione araba e medievale, in particolare il castello moresco dell'Alhambra a Granada di cui Escher rimase colpito dalla regolare divisione dei piani. E il cosiddetto Effetto Droste, dicitura coniata alla fine degli anni settanta del Novecento dal poeta e giornalista Nico Scheepmaker, il quale prese spunto dalla marca olandese di cacao Droste, sulla cui scatola era presente l'immagine di un'infermiera che teneva in mano un vassoio con una tazza e una scatola della stessa marca; pubblicità poi creata nel 1904 da Jan Misset. La tecnica consiste in una ripetizione all’infinito della stessa immagine, secondo un principio matematico che Escher utilizzò attraverso il disegno ricorsivo. La xilografia Gallerie di stampe (1956) ne è un esempio, iniziando il suo percorso dallo sguardo di un visitatore ritratto a osservare il paesaggio di un quadro appeso nella galleria lo sguardo prosegue passando impercettibilmente dal dipinto al paesaggio reale ritrovandosi, dopo un percorso circolare, a osservare la nuca del visitatore attraverso la vetrata della galleria stessa, in una successione potenzialmente infinita. Una tecnica, quello dell’Effetto Droste, che si ritrova anche nel verso del Polittico Stefaneschi di Giotto (1320 ca.), nella copertina dell’album Ummagumma dei Pink Floyd (1969) o nel video di Bohemian Rhapsody dei Queen (1975).

Maurits Cornelis Escher ha prodotto in tutta la sua carriera circa 448 litografie, xilografie (nelle quali a volte è evidente la matrice düreriana), incisioni in legno e più di 2000 disegni e schizzi. Illustrò libri, disegnò arazzi, francobolli postali e murali. A tutt’oggi la sua arte oltre ad incuriosire appare ancora innovativa, eclettica e spiazzante nonostante il fluire del tempo.

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