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"Emozionati, ma con il 30% di collaboratori al lavoro". Il primo giorno di fase 2 in un'azienda orafa

Sicurezza, procedure, speranza e voglia di lavorare. Prima giornata di lavoro per far ripartire la produzione orafa in attesa dell'apertura delle gioiellerie e dei mercati mondiali

Passione, tanta, energia da vendere, ma punti interrogativi davanti, come forse mai gli era successo. Gabriele Veneri titolare della Sem.Ar, azienda orafa aretina ha vissuto intensamente, come tutti i suoi colleghi, il giorno di ieri, quello della riapertura ufficiale dopo il lungo lockdown che ha coinvolto gran parte delle imprese manufatturiere. Dopo un periodo di manutenzione ieri mattina era tutto pronto per l'ingresso in sicurezza dei dipendenti, ne sono potuti entrare il 30%, perché adesso il lavoro non c'è per tutti.

"Noi abbiamo riaperto con un numero ridotto di personale, nei ragazzi ho visto l'emozione come il primo giorno di scuola, avevano tutti voglia di dare il proprio contributo, ero anche io un po' emozionato, ho ricevuto tanti messaggi da clienti che mi auguravano l'in bocca al lupo per questa giornata così importante." Lavoro e aspetti umani quindi: "In questo periodo abbiamo avuto modo di pensare e di dare tanto valore ai rapporti umani e sociali ho ricevuto tanto affetto e adesso sento la responsabilità di organizzare gli ingressi dei dipendenti, di controllare la temperature, di far firmare tutti gli adempimenti burocratici, ci siamo dotati di termometro a distanza, delle mascherine, guanti, gel, prodotti per la sanificazione.  Purtroppo abbiamo riaperto con il 30% di personale e ripartiamo lentamente, il lavoro per tutti non c'è, quindi stiamo riallaccinado i rapporti con i nostri clienti."

Come vi siete organizzati, che tipo di manutenzione avete fatto per prepararvi alla riapertura?

"Abbiamo sanificato completamente grazie al lavoro di chi si occupa di pulizie in azienda da sempre, abbiamo seguito alla lettera il protocollo, usato varechina, acquistato una lavapavimenti e uno strumento per igienizzare la toilette. Abbiamo dotato ogni postazione di lavoro di prodotti per la sanificazione che a loro volta di dipendenti usano, ognuno nel suo posto, all'arrivo e la sera quando vanno via. Inoltre abbiamo installato divisori in plexiglass nei posti più a rischio, come ad esempio il bancone dove vengono i clienti e nei posti dove non ci sono le distanze adeguate. Infine tutti i collaboratori hanno l'obbligo di utilizzare mascherina e guanti per tutto il tempo."

Come è stato il momento in cui è scattato il lockdown, che cosa avete lasciato in azienda?

"Abbiamo chiuso l'azienda con un portafoglio ordini sufficiente e coerente con i nostri standard, abbiamo dovuto lasciare tante cose interrotte e adesso alla riaperura gran parte del nostro pacchetto ordini è azzerato o ampiamente diminuito, in questo momento un'azienda come la mia si trova a riaprire e dover ricostruire tutto perché in gran parte gli ordini sono andati in fumo."

Veneri è anche il portavoce degli orafi della Cna di Arezzo. Come vede il settore da adesso e fino a fine anno? Che periodo sarà?

"Soffriremo molto, questo è certo, alcuni degli ordini saranno persi per sempre, noi abbiamo perso due mesi pieni di fatturato e anche nei momenti più belli dell'economia sarebbe impossibile recuperarli, quindi abbiamo di fronte un ostacolo difficilissimo da superare. Servirà tanta grinta, passione certo, ma non nego che sono rimasto deluso delle possibilità che ha dato il governo. Ad oggi i nostri collaboratori non hanno visto un soldo dalla cassa integrazione, alle imprese non è stata data la possibilità di accedere al credito perché gli istituti bancari sono assaliti dalle domande e non riescono a dare risposte, in questo momento noi avremmo bisogno di strategia e di denaro, sì l'indebitamento mi sta bene, ma ci vuole di sicuro anche il fondo perduto e soprattutto serve che siano rispettati gli impegni visto che avevano detto che il 15 aprile avrebbero pagato la cassa integrazione oggi siamo a 4 ancora non le hanno ricevute, chi tra gli imprenditori ha la forza, dovrà anticipare risorse se non vuole che i propri collaboratori finiscano alla Caritas per avere un piatto, e lo trovo molto deludente per un paese che si chiama Italia e che finora è stato ai vertici dell'economie mondiali. Che si diano una mossa, si rischia che chi non ha passione, energia e non ha futuro davanti, si arrenda e così chiudano per sempre queste aziende."

Rivendica un ruolo sociale fondamentale quindi, come imprenditore:

"Il ruolo è sempre stato molto importante a livello sociale, nonostante le imprese non siano mai state trattate bene dai governi, bisogna ricordare che l'imprenditore ha un ruolo sociale dato dal fatto di aver sempre pagato gli stipendi alle date prefissate. Io non credo molto nei redditi di cittadinanza e in questa serie di condizioni che vengono messe in campo oggi, il lavoro è importante dà dignità, soddisfazione. Anche per questo le aziende devono essere aiutate, preservate e rispettate, faccio l'imprenditore da tanti anni ma non mi sono mai sentito rispettato."

Lo sguardo del settore orafo non può essere che internazionale, visto che la maggior parte delle commesse viaggia nelle esportazioni. E adesso i mercati in giro per il mondo sono chiusi. Ci sono spiragli, segnali di riapertura da qualche parte?

"Io credo da sempre che il nostro prodotto non sia un prodotto superfluo, prima ci sono beni primari come il cibo, ma il prodotto orafo lo metto subito dopo, non ci sono momenti importanti della nostra vita che non siano celebrati con un gioiello. Appena il mondo riaprirà ci sarà una richiesta, perché i nostri prodotti sono più belli di quelli dei nostri concorrenti, hanno il gusto italiano. Aspettiamo che il commercio riapra, sarà difficile sennò che ripartano i consumi. Intanto i clienti businees to business stanno lavorando, ci stanno richiedendo delle cose. Io il futuro lo vedo, c'è bisogno di più tenacia e passione, siamo allenati, dobbiamo ripartire con entusiasmo, cercando di portare con noi gli insegnamenti che questo periodo ci ha dato."

Come si supera la mancanza delle fiere orafe, l'impossibilità di organizzarle in questo periodo?

"Non poter fare la fiera ad Arezzo è un danno eocnomico enorme, si blocca il volano di quello che porta la fiera dell'oreficeria in città. In questo caso è valido il detto 'mal comune mezzo gaudio' perché tutte le fiere nel mondo sono sospese, le nostre commesse e rapporti commerciali con i clienti dipendono da quegli incontri. Adesso pare ci sia l'opportunità di fare fiere virtuali senza aspettative altissime, ma meglio di niente, è anche il momento per le sperimentazioni perché la tecnologia c'è. Ma non vedo l'ora che le fiere tornino nel sistema tradizionale negli appositi spazi per poter abbracciare i clienti e fargli vedere il prodotto."

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