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Migranti e lavoro. Dai sindacati: "Molti impiegati ma senza contratto", in provincia casi di caporalato

"Un lavoro? Tanti ce lo hanno ma non è legale. Non dal punto di vista contrattuale" Questa è la condizione lavorativa della maggior parte dei richiedenti asilo presenti in provincia di Arezzo. Una condizione "borderline" che non sempre si...

"Un lavoro? Tanti ce lo hanno ma non è legale. Non dal punto di vista contrattuale"

Questa è la condizione lavorativa della maggior parte dei richiedenti asilo presenti in provincia di Arezzo. Una condizione "borderline" che non sempre si traduce con un coinvolgimento dei diretti interessati in associazioni o gruppi dediti alla microcriminalità ma bensì, che trova coniugazione in uno status di lavoratore impiegato illegalmente. Senza contratto.

Molti, secondo le stime, un lavoro ce lo hanno ma come confermano le recenti indagini condotte anche nel territorio aretino, non vengono regolarizzati dal punto di vista dell’assunzione e degli accordi che ne disciplinano il rapporto con un datore di lavoro. In alcuni casi addirittura si parla di caporalato.

“Ci sono stati - spiega Giusi Angheloni della Flai Cgil Arezzo - degli episodi denunciati alle autorità competenti che hanno riguardato realtà dell'Aretino e lavoratori impiegati all'interno di esse in condizioni molto precarie. Non possiamo pensare che questa piaga sia completamente assente nel nostro territorio. I problemi ci sono e vanno risolti alla radice per evitare che in futuro possano acuirsi”.

Lavoro nero, accordi blandi o del tutto assenti. Questi alcuni degli aspetti che troppo spesso si legano con la condizione di lavoratore, italiano o straniero che sia. Ma nel caso dei migranti la possibilità di cadere in meccanismi irregolari diventa più alta, soprattutto se essi partono da una completa ignoranza del sistema impiegatizio italiano.

Una volta appreso il sistema? Cosa succede? Denunciano eventuali situazioni di illegalità?

“No - proseguono dal sindacato - per quello che riguarda la categoria dell’agricoltura non ci sono stati al momento casi di denunce di casi che hanno visto una mancata regolamentazione contrattuale. E’ anche molto difficile avere un dialogo costruttivo perché molti di essi ancora non parlano bene l’italiano quindi comprendersi e comprendere le regole che ordinano il sistema lavorativo italiano non è sempre la cosa più ovvia. Molti poi arrivando in Italia in condizioni disperate sono facili prede. Il rischio più grande, oltre a quelli di finire in qualche gruppo malavitoso è quello di essere sfruttati da aziende o datori di lavoro che non li regolarizzano”.

Per quello che riguarda la categoria dei richiedenti asilo, e non quella dei migranti intesa come popolazione straniera, il settore dell’agricoltura è uno dei più vivaci dal punto di vista delle presenze.

“Non abbiamo contezza di quanti siano i richiedenti asilo che trovano impiego in questo settore - prosegue Angheloni - le ragioni sono da ricondurre sia ad un assenza contrattuale che a una mobilità della mano d’opera. Quello che però sappiamo è che è fondamentale spiegare che seguendo un percorso regolare e improntato nella ricerca di un lavoro legalmente riconosciuto essi possono diventare una importante risorsa per il territorio”.

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