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Massimo ribasso, l'attacco della Cgil: "Passo indietro"

Era una delle norme che avrebbero tutelato i lavoratori e le imprese edili serie, quelle che investono nella qualità della manodopera e che non puntano ad ottenere un appalto scaricandone i costi sui lavoratori. Era la norma che non rendeva...

Era una delle norme che avrebbero tutelato i lavoratori e le imprese edili serie, quelle che investono nella qualità della manodopera e che non puntano ad ottenere un appalto scaricandone i costi sui lavoratori. Era la norma che non rendeva possibile applicare la logica del massimo ribasso al costo del lavoro.

La mancata adozione di questo provvedimento, o meglio, la modifica dell'articolo 13 del decreto correttivo del codice degli appalti all’ultimo momento e in contrasto con gli impegni già assunti – commenta Antonella Pagliantini. Segretaria provinciale Fillea Cgil - farà in modo che l'onere di verificare il livello di tutela dei lavoratori in un appalto, venga scaricato sulle amministrazioni che dovranno verificare semplicemente il rispetto dei prezzi dei lavori da “listino” regionale. Il risultato finale, per i lavoratori, sarà il massimo ribasso di stipendi e tutele.

Secondo la Fillea Cgil, è stato fatto un incredibile passo indietro rispetto alla previsione di scorporare dagli importi soggetti al massimo ribasso i costi per la manodopera in analogia con quelli per la sicurezza, che già oggi devono essere individuati e non possono subire ribassi in sede di gara. Qualcuno sostiene che ci sarebbero state complicazioni nell'applicazione delle norme che avrebbero assicurato il rispetto degli obblighi prescritti per la tutela dei diritti dei lavoratori impiegati nell’esecuzione delle commesse pubbliche. Secondo la Fillea Cgil, è invece inaccettabile la logica di scaricare sempre sui lavoratori l'inadeguatezza del sistema Italia sugli appalti.

Quello annunciato e non mantenuto sarebbe stato un cambiamento epocale, se si pensa che negli anni, il massimo ribasso, soprattutto nei settori in cui c'è un'alta incidenza della manodopera nell'oggetto dell'affidamento, si traduce in una concorrenza fatta sulla pelle dei lavoratori – commenta Antonella Pagliantini. Nei servizi alla persona e in quelli ambientali, il massimo ribasso si è tradotto nella ricerca del contratto meno costoso da applicare e nella riduzione delle ore a disposizione per svolgere un determinato servizio, creando a volte disservizi e molto spesso anche licenziamenti.

Peggio è andato in altri settori. “Quando le imprese edili partecipano ad un appalto al massimo ribasso, spesso non hanno né dipendenti né strumenti per eseguire quell'opera e ‘vendono’ ad un'altra impresa quell'appalto, scaricando su essa l'onere di riuscire a eseguire il lavoro con un importo insufficiente. Le imprese a questo punto, in prima battuta, riducono il costo del lavoro utilizzando lavoro nero, false partite Iva e finti part-time fatti di buste paga con le ore di lavoro che sono la metà di quelle effettive. In seconda battuta molte falliscono perché nonostante questi comportamenti non riescono nell'impresa di pagare l'oro al prezzo del ferro”.

Conclude Antonella Pagliantini: “nel nostro paese non trova ospitalità un’idea semplice ma lungimirante e cioè che per ogni opera o servizio esista un costo minimo della manodopera derivante da una paga sindacale ed un orario preciso che è necessario per svolgere un determinato lavoro o servizio e che quindi il lavoro non può essere soggetto a ribassi”.

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