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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Decreto liquidità, dalle banche dell'Aretino partite 4mila domade di finanziamento: oltre 85milioni di euro

In media le imprese della provincia hanno chiesto finanziamenti da 21mila euro a testa

La settimana scorsa, il Senato ha convertito in legge il Decreto “Liquidità”, con alcune  importanti modifiche e integrazioni. Innanzitutto, sale da 25 a 30mila (il 25% del fatturato e non più dei ricavi) l’importo massimo del finanziamento coperto al 100% dalla garanzia pubblica del Fondo Centrale per le Piccole e Medie Imprese. Poi, la restituzione del prestito potrà avvenire in 10 anni, invece che in 6; i prestiti di importo superiore ai 30 mila e fino agli 800 mila euro, potranno essere restituiti anche in 30 anni; per istruire la pratica di richiesta della garanzia, l’imprenditore presenterà alla banca una sorta di autocertificazione rafforzata, cosa questa che potrà snellire l’iter e sollevare le banche da alcune responsabilità. Infine, viene messe un limite al tasso massimo da applicare ai prestiti.

Come conseguenza all’approvazione definitiva del decreto, in queste ore stanno arrivando alle banche le nuove istruzioni dell’ABI-Associazione Bancaria Italiana. Cambiamenti normativi e procedurali e chiarimenti di settore, che potrebbero portare ad un nuovo rallentamento delle richieste, dopo una recente accelerazione.
A livello nazionale, hanno superato il numero di 500.000 le istanze di finanziamento - fino a 25mila euro - partite dalle banche italiane per il Fondo di Garanzia PMI.

Quindi, si stimano in più di 38.000 quelle toscane e in circa 4.000 - per circa 85 milioni di euro – quelle partite dalle banche presenti nella provincia di Arezzo, per una media di poco superiore ai 21mila euro a finanziamento.

"Seppur, dopo un avvio molto difficoltoso - spiega Fabio Faltoni, segretario provinciale coordinatore della FABI – Federazione Autonoma bancari Italiani, il primo sindacato in Italia nel settore bancario -  , il numero delle domande di garanzia pubblica cresca di giorno in giorno in maniera importante, siamo ancora molto distanti dai numeri potenziali, considerando i circa 3,5 milioni di “partite Iva” a livello nazionale che possono accedere a questa forma di garanzia. Poi, la Commissioni parlamentare d’inchiesta sulle banche ha accertato, a fine maggio, che veniva accolta solo la metà delle richieste dei clienti.

Nonostante le difficoltà nell’applicazione del Decreto Liquidità, nonché le condizioni di lavoro molto pesanti, è stato ancora una volta encomiabile l’impegno dei quasi duemila lavoratori di banca della nostra provincia, che non si sono mai fermati, nemmeno nel periodo più nero dell’emergenza virus; lavoratori delle circa 180 filiali e tutti quelli attivi con il lavoro a distanza".

Dopo che è stato ripetuto a destra e a manca dal  Segretario Generale della FABI – Federazione Autonoma Bancari Italiani (il più grande sindacato nel settore bancario), ora anche un banchiere, il presidente dell’Associazione delle banche popolari Carlo Sforza Fogliani, sostiene che “i dipendenti di banca si sono prodigati come ben poche altre categorie per garantire i servizi alla clientela; lavoratori che sono abituati a fare il proprio dovere, pur rischiando anche l’incolumità fisica”.

Fabio Faltoni, il responsabile della FABI provinciale, conclude che forse c’è voluta una gravissima emergenza come questa, per ricordare a tutti che le banche servono -  e non a caso sono “servizio pubblico essenziale” -, che le filiali servono e che la società  e i territori non possono fare a meno della preparazione e della grande professionalità dei dipendenti di banca.

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