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Economia

L'Irpet certifica il dramma del lavoro: "Contratti senza rinnovo, giovani bersagliati. La coesione sociale è a rischio"

Il barometro dell'Istituto regionale per la programmazione economica è impietoso. Analizzati i dati fino alla metà di aprile: 32mila persone hanno perso il contratto in Toscana. Ma la popolazione vulnerabile, a rischio disoccupazione, è ben più ampia

Cosa è successo negli ultimi due mesi, a livello economico, in Toscana e in provincia di Arezzo? Lo spiega un approfondimento dell'Irpet, l'Istituto regionale per la programmazione economica. Con migliaia di persone vulnerabili esposte al rischio di disoccupazione: "Un campanello d’allarme sulla tenuta complessiva della coesione sociale".

Un mercato di lavoro congelato

"Da quando il Covid-19 ha fatto la sua apparizione, il mercato del lavoro si è fermato. Ibernato, forse è il termine più adatto. L’esplosione dell’epidemia ha infatti provocato la sospensione delle attività delle imprese, a cui è seguita quasi contestualmente la caduta dei redditi e dei consumi. L'incertezza domina ancora sovrana. Tutti fermi, quindi, a parte chi produce per la sopravvivenza, per la sanità e in parte anche per la logistica.

Un'incertezza che sta trascinando verso il basso tutti i settori, ma alcuni ancora di più: turismo, commercio e ristorazione, lusso. Poche le eccezioni. Gli effetti negativi della pandemia sul lavoro sono visibili in tutti i territori della Toscana.

E colpiscono prevalentemente i giovani, perché più degli altri in possesso di contratti a termine e più presenti nei settori maggiormente colpiti dalla crisi".

Nello specifico "il mercato del lavoro è, nei flussi, fermo. Non entra nessuno. O quasi". Un risultato immaginabile che però è certificato dai dati che i datori di lavoro notificano al sistema informativo dei servizi per l’impiego, in merito a tutte le attivazioni, trasformazioni, proroghe e cessazioni dei rapporti di lavoro.

Il dettaglio dei dati

"Costruiamo - spiega l'Istituto - a partire dal primo gennaio, la serie del saldo giornaliero cumulato, fra avviamenti e cessazioni, a partire dal 1 gennaio fino al 15 aprile 2020. E confrontiamola con la medesima serie relativa al 2019. Calcoliamo quindi le variazioni tendenziali, per opportuni ed omogenei intervalli temporali. Assumiamo come spartiacque il giorno (9 marzo) in cui il lockdown è entrato in vigore sull’intero territorio nazionale (Dpcm 9 marzo 2020). E distinguiamo fra settori coinvolti e non coinvolti dal blocco produttivo. Chiameremo i primi i settori sospesi. E naturalmente gli altri i settori non sospesi. Dal 9 marzo al 15 aprile 2020, rispetto al medesimo periodo relativo al 2019, registriamo in Toscana 37mila posizioni di lavoro in meno, che diventano 42mila in meno, se misurate dal 1 gennaio 2020. Dal 9 marzo la distruzione delle posizione aperte di lavoro è prevalentemente concentrata nei settori sospesi, a cui è imputabile il 55% delle posizioni di lavoro perse. Ma il calo coinvolge significativamente anche il comparto esente dal blocco. Ogni 100 posizioni di lavoro perse, 45 sono attribuibili ai settori non sospesi. Ciò testimonia un intreccio di relazioni e rapporti fra i settori, in una logica di filiera, che ha penalizzato l’intero sistema produttivo. L’entità del deterioramento è in progressivo aumento. Delle 36mila posizioni di lavoro in meno osservate fra il 9 marzo ed il 15 aprile di quest’anno, rispetto al precedente, ben 25mila sono andate distrutte nella prima metà di aprile".

Gli avviamenti bloccati

"Il lavoro che manca - continua l'Irpet - dipende dalla caduta degli avviamenti. Da inizio anno sono quasi 63mila in meno (-34%) rispetto allo scorso anno. Poco meno di 11mila, in variazione tendenziale, si sono palesati fino all’8 marzo. I restanti 53mila in meno emergono successivamente a quella data. Con una caduta ripida che, rispecchiando quella dei saldi, è particolarmente accentuata nella prima metà del mese di aprile -88%). A parte la sanità tutti i settori hanno contratto gli avviamenti, ed in modo particolare i servizi turistici. In questo ultimo comparto dal 9 marzo si registra una flessione di circa 23mila avviamenti, che pesano per il 43% sulla complessiva caduta osservata nell’intero sistema produttivo".

Gli addetti

"I movimenti di flusso descritti segnalano come il virus si sia propagato anche nel mercato del lavoro. La caduta degli avviamenti, nonostante le minori cessazioni, è vistosa e ha significativamente contratto, come abbiamo visto, il numero delle posizioni attive di lavoro. Ma in che misura, questa contrazione dei rapporti di lavoro si sta traducendo anche in una flessione degli occupati alle dipendenze? Il livello di ogni grandezza di stock – in ogni determinato momento di tempo – è la risultante dei flussi di entrata ed uscita che l’hanno interessata. Pertanto, sebbene con un certo ritardo e su una diversa scala, l’indebolimento del processo di accumulazione dei flussi di entrata, a cui stiamo assistendo, si è inevitabilmente riflesso anche sulla dimensione degli addetti. La cui flessione si realizza tutta fra marzo ed aprile. Fino al 9 marzo, infatti, gli addetti erano ancora in leggera crescita (+4,5mila, +0,4%). Dal 9 marzo, la caduta è netta (-19mila, -1,8%), con una perdita nelle prime due settimane di aprile di circa 33mila addetti. Da inizio anno il ridimensionamento degli addetti è meno visibile (-4mila). Ma ciò dipende solo dal fatto che i giorni in cui si osserva una (debole) crescita degli addetti sono più numerosi di quelli in cui si registra una (vistosa) diminuzione. Nelle prossime settimane, gli effetti del coronavirus sul mercato del lavoro saranno quindi ancora più marcati. Con riferimento alla tipologia contrattuale, resta sostanzialmente invariato lo stock di addetti a tempo indeterminato che nel corso del 2019 aveva registrato importanti aumenti per effetto delle trasformazioni dei tempi determinati. Il calo è invece vistoso sul tempo determinato e in misura assai più contenuta sull’apprendistato. Rispetto al 2019, nel periodo 1 gennaio-15 aprile, abbiamo +10mila addetti a tempo indeterminato (+1,2%), ma -15mila addetti con contratto a tempo determinato (-9,9%)".

I settori

Ed ecco l'andamento per settori.

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"Se tra 1 gennaio e 8 marzo si osservano prevalentemente variazioni positive dello stock di addetti, a partire dal 9 marzo tutti i settori mostrano segni negativi o vicini allo zero, con la sola eccezione della metalmeccanica. Con una perdita di 9mila addetti il settore turistico contribuisce per la metà alla variazione complessiva, a causa del blocco delle assunzioni in un periodo come la prima metà di aprile che rappresenta, con il mese di giugno, un massimo per gli avviamenti del settore. La manifattura del Made in Italy, il commercio, che aveva già mostrato segni negativi dalla seconda parte del 2019, e gli altri servizi privati vedono nel complesso una diminuzione di circa 12mila addetti".

I giovani: i più colpiti

Come era nelle attese c'è una più vistosa flessione di addetti fra gli under 35. "I giovani hanno contratti precari, che una volta giunti a termine non sono rinnovati o prorogati", aggiunge l'Irpet. Che segnala anche le fasce di popolazione più vulnerabili.

"Dato l’attuale blocco dei licenziamenti per motivi economici, sono infatti le persone i cui contratti sono in scadenza che si troveranno probabilmente senza un impiego nei prossimi mesi. Qual è l’ordine di grandezza della popolazione soggetta a tale rischio? Nel periodo tra gennaio 2020 e il 15 aprile circa 48mila persone, escludendo dal conteggio chi lavora nel comparto della istruzione, hanno raggiunto il termine del loro contratto. Di queste, 16mila hanno avuto un nuovo avviamento con scadenza posteriore al 15 aprile 2020. Abbiamo quindi circa 32mila persone che hanno perso il contratto al 15 aprile. Conteggiamo poi i lavoratori i cui contratti a tempo determinato e in apprendistato giungono a termine tra il 16 aprile e il 30 settembre: sono 65mila. Introduciamo come ipotesi plausibile per questo arco temporale un blocco delle attivazioni in ingresso nel mercato del lavoro ed il rinvio, a data successiva, di ogni potenziale turn over. Ciò significa, da un rapido calcolo, che le persone con contratti a termine che cesseranno il loro lavoro, non trovandone nel frattempo un altro, raggiungeranno al 30 settembre la ragguardevole cifra di 97mila unità. Non è una previsione, né una stima. Ma un indizio, e probabilmente qualcosa di più, che nel corso dell’anno il numero delle persone che diventeranno vulnerabili al rischio di disoccupazione sia del tutto non trascurabile. Tanto da suonare come un campanello d’allarme sulla tenuta complessiva della coesione sociale".

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