rotate-mobile
Economia

Da Berlino alla vecchia Banca Etruria

Tra i mirabolanti frutti della gestione degli ultimi venticinque anni dell’Unione europea c’è da annoverare anche l’esproprio dei risparmi subìto dagli azionisti e dagli obbligazionisti subordinati della vecchia Banca Etruria, e delle altre tre...

Tra i mirabolanti frutti della gestione degli ultimi venticinque anni dell’Unione europea c’è da annoverare anche l’esproprio dei risparmi subìto dagli azionisti e dagli obbligazionisti subordinati della vecchia Banca Etruria, e delle altre tre banche. Oppure, volendo tralasciare le vicende dei nostri risparmiatori influenzate anche da specificità tutte italiane e locali, vogliamo dimenticarci che una classe politica nazionale imbelle ha consentito l’ingresso nell’ordinamento giuridico italiano del cosiddetto bail-in lo scorso anno?

Termine callidamente utilizzato a titolo di puro depistaggio in quanto tranquillamente traducibile nella confisca alla prima occasione, e senza tanti complimenti, del risparmio degli italiani. Infatti secondo la Commissione europea, ovvero secondo gli interessi della Germania, le banche italiane non possono essere salvate con denaro pubblico, dopo che però gran parte dell’Europa lo ha già fatto nel corso degli ultimi anni. Tedeschi per primi.

L’Italia ha abboccato troppi anni fa ad un chiaro disegno di distruzione del nostro sistema bancario a favore delle grandi banche internazionali. La messa a rischio del risparmio degli italiani è solo l’ultima perla frutto della sottomissione dei governi italiani agli interessi della Germania, e più in generale del grande capitale finanziario internazionale. Ferma restando la stranezza che proprio l’oramai famosissima vendita di un pizzico di crediti in sofferenza, fatta dalla vecchia Banca Etruria in commissariamento, avrebbe creato le condizioni per mettere l’intero sistema bancario italiano nel mirino della speculazione finanziaria internazionale. Insomma ci sono tanti eventi dei quali sarà necessario comprendere approfonditamente le cause, esaminandoli caso per caso.

Ricordiamoci che dall’introduzione dell’euro, e passando per la crisi finanziaria deflagrata nel 2008, la nostra base industriale si è ridotta di almeno un terzo, la disoccupazione è esplosa, la tassazione è da esproprio, lo stato sociale è in continua riduzione, giovani e meno giovani sono tornati ad emigrare, il patrimonio dello Stato è stato svenduto unitamente alla sovranità ed agli interessi nazionali. In Italia sono stati buttati via una secolo di conquiste sociali lasciando affogare sadicamente le persone e le famiglie nei loro problemi. E, forse la cosa peggiore, non c’è nessuna reale prospettiva di ripresa. Vaneggiamenti a parte.

Tutto quello che era possibile sbagliare è stato sbagliato. Basti solo pensare che si è curata la crisi con l’aumento delle tasse e la riduzione della spesa pubblica. L’esatto contrario di quello che è prescritto in qualsiasi manuale di economia. Guardiamo la realtà in faccia. L’Italia si è soltanto fatta mettere dei cappi al collo che la stanno soffocando. Per l’Italia l’euro, o meglio dire la gestione dell’euro, è il peggiore dei cappi al collo, come i più rappresentativi premi Nobel dell’economia hanno sempre detto. E la ragione non sarebbe neanche così difficile da comprendere. L’Italia è un paese esportatore ed ha bisogno come l’aria di una moneta flessibile perché esporta per lo più cose che fanno anche tanti altri. Per la Germania, guarda caso, l’euro è invece una moneta sottovalutata perché esporta per lo più prodotti unici di altissima tecnologia.

E cosa dire della questione migranti? Anche al netto della scriteriata gestione tutta italiana che viene fatta del problema, anche su questo l’Unione Europea ha abbandonato l’Italia a se stessa. A parte le promesse da marinai alle quali hanno creduto solo un gruppo di torsoli travestiti da politici. E questi sono tutti dati di fatto storicizzati. E pazienza se c’è ancora chi non li ha capiti.

Ma passiamo all’oggi e soprattutto al domani. Sarà un caso che tutto il grande capitale internazionale, ed i loro prestanome politici, erano terrorizzati dalla possibilità dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea? Invece l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è un evento che non dobbiamo farci scappare per rimettere la politica europea in sintonia con i popoli e salvare l’antico sogno di una Europa giusta e solidale. Inutile nasconderselo, ci saranno momenti difficili ed anche forti contraccolpi, almeno nell’immediato.

Ma è forse anche l’ultima occasione che abbiamo per riformare l’Unione Europea. Intanto che Lorsignori tremano per la paura di perdere le loro dorate poltrone, e fanno bene, c’è una finestra temporale di forse un paio di anni per riformare l’Unione Europea e rimettere al centro l’interesse dei popoli e delle nazioni. Cioè quello delle persone perbene e delle famiglie, e non quello dei banchieri e del grande capitale. Certo l’autolesionistica supponenza con la quale viene liquidato un libero voto popolare non fa sperare bene. Come non fa sperare bene l’ipotesi, per quanto risibile, di ripetere il referendum perché il risultato non è gradito a Lorsignori o ai benpensanti di Piccadilly. Con questa logica, per così chiamarla, potrebbero essere anche fatte ripetere più volte le elezioni politiche o amministrative sino a che non si materializza il risultato gradito.

Ma a parte le scemate, il rischio effettivo è che prevalga l’istinto del grande capitale finanziario internazionale naturalmente portato ad espropriare avidamente un’altra fetta del residuo patrimonio pubblico e privato dei popoli europei. E degli italiani in particolare. Basterebbe utilizzare la tecnica rodata negli ultimi anni con successo. Far crollare le borse quanto basta, o mettere nei guai il debito pubblico, spingendo qualche testa quadrata a dare un’ulteriore giro di vite fatto di tagli, tasse e cessione del residuo patrimonio dello Stato. Ovverosia di quel poco che è rimasto delle Poste, dell’Enel, dell’Eni e delle banche, tanto per fare alcuni esempi. La tentazione ci sarà, questo è certo, anche perché potrebbe essere per il grande capitale finanziario internazionale una delle ultime occasioni di fare scopa. D’altra parte la tecnica utilizzata in Europa negli ultimi decenni di sobillare il rancore tra i popoli mettendoli deliberatamente l’uno contro l’altro, nord presunto risparmiatore contro sud presunto spendaccione, non è una novità nella storia. Divide et impera non è soltanto una locuzione latina usata per far sfoggio di presunta cultura, ma è una tecnica molto utilizzata per fomentare discordie allo scopo di controllare le masse.

Così come nel Regno Unito magari cercheranno con qualche garbuglio giuridico di invalidare il referendum. Ma sarebbero tutti azzardi mortali. Il vento è cambiato e, al di là di quello che armeggeranno nel Regno Unito, ben pochi in Europa saranno disposti ad accettare altri inutili sacrifici. Inutili sacrifici che, come abbiamo tutti sperimentato nell’ultimo quarto di secolo, servono solo a peggiorare le cose, e a preparare il terreno ad altri espropri. Certo ci sarebbe sempre la possibilità di togliere il diritto di voto al popolo, come a molti piacerebbe. Ma qui possiamo stare più tranquilli, perché manca il coraggio per una scelta di questo tipo. In conclusione, la Storia ha cambiato passo e ci siamo inoltrati in un terreno inesplorato. Ma il momento è prezioso e sta a tutti noi combattere per una Europa dei popoli, e non del grande capitale finanziario internazionale come è stata sino ad ora. Dobbiamo dire chiaro e forte, e senza sottomissione, che l’interesse nazionale dell’Italia, che la protezione sociale, quindi per esempio le pensioni e la sanità pubblica gratuita e senza differenze per tutti, sono molto più preziosi ed importanti dei falsi e truffaldini vincoli contabili europei che stanno distruggendo lo Stato solo per gli interessi del grande capitale finanziario internazionale. E non parliamo a caso, perché noi sappiamo da molto tempo quello che deve essere fatto, e come deve essere fatto. E per quanto Lorsignori possano provarci, e ci proveranno, la Storia non torna mai indietro.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Da Berlino alla vecchia Banca Etruria

ArezzoNotizie è in caricamento