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Economia

Da Amelia e Italo a Marco ed Elena. Mani e filo simbolo del successo di Melys, da quasi 60 anni

Sono le mani ed il filo i simboli di questa azienda tutta orgogliosamente aretina. Melys sta per compiere 60 anni, è nata infatti nel 1956 grazie ad Amelia Donati alla quale si è aggiunto ben presto il marito Italo Sanarelli. Se di fronte c'è...

Sono le mani ed il filo i simboli di questa azienda tutta orgogliosamente aretina. Melys sta per compiere 60 anni, è nata infatti nel 1956 grazie ad Amelia Donati alla quale si è aggiunto ben presto il marito Italo Sanarelli.

Se di fronte c'è un bel traguardo da festeggiare, nel passato c'è un escalation nel settore della moda che dagli anni '60 in poi è stato reso possibile sempre grazie alle mani ed al filo. Ed anche per una buona parlantina in francese, grazie alle origini di mamma Amelia.

E' proprio legato alla Francia l'incipit di questa storia che ci racconta Marco Sanarelli erede dell'azienda insieme alla sorella Elena. Se per gli auguri ci risentiremo il prossimo anno, siamo invece pronti a scandire tutta quest'avventura industriale:
"La voglia di rischiare e l'intraprendenza hanno contraddistinto la nascita e lo sviluppo della nostra azienda, partita da una macchina da maglieria, lavorando per i privati, passando piano piano a collaborare con alcuni ingrossi."

Un passaggio fondamentale ci fu con il primo viaggio di lavoro a Parigi.
"Partirono con quei pochi soldi che avevano, ma con tanta speranza e la forza della gioventù, direzione le gallerie La Fayette, un sogno. Qui riuscirono ad incontrare il responsabile degli acquisti del reparto maglieria. Era l'inizio degli anni '60 e quella fu una data simbolo, una svolta per l'azienda. Visionando i capi di maglieria portati a Parigi arrivò il primo grande ordine di capi per uomo, donna e bambino. Un ordine che permise di pianificare il lavoro, che ci diede prestigio e che diede inizio anche ad una fondamentale collaborazione con gli uffici acquisto, di tutti i departement store mondiali, siti in Firenze, la capitale italiana della moda di allora, dove presentavamo i nostri campionari. In pochissimi anni ci fu il salto, da piccolo laboratorio ad impresa."

La Francia, dieci anni dopo, un'altra svolta:
"Continuarono ad arrivare richieste di collaborazione riconoscendo nelle mani di chi lavorava in azienda un savoir faire unico e così arrivò anche la prima grande casa di moda. Iniziammo a produrre capi di maglieria per Christian Dior ed il saper parlare bene il francese fu un punto in più per il successo di questa collaborazione."

Arrivò così il boom economico, in Italia e dentro la Melys.
"Significò soprattutto evoluzione del prodotto con una sempre più alta attenzione ai dettagli, significò anche l'arrivo di altre griffe dell'alta moda con ordinativi ad sempio da Valentino, Gucci, Hermes. Un continuo crescendo sempre contraddistinto dal lavoro delle mani, il trait d'union che ha unito tutti gli anni dello sviluppo dell'azienda. Con l'evoluzione del prodotto sempre più qualificato e l' attenzione al servizio e alla ricerca riservato alle Maison di Moda, iniziò a venire meno la collaborazione con i buyer fiorentini che è durò fino al 1985 quando decidemmo di cambiare, il nostro prodotto era diventato così elevato che si innescavano logiche di mercato diverse da quelle."

Adesso l'azienda conta 120 collaboratori, oltre a molti sub fornitori per le fasi principali, poi tutto il resto si svolge nella sede di Olmo alla periferia di Arezzo. Qui opera la seconda generazione, i figli di Amelia e Italo, Elena che si occupa di ricerca e campionario, Marco che si dedica alla parte commerciale e gestionale.


"Oggi siamo azienda di riferimento sull'alto pret-a-porter - continua Marco Sanarelli - non dico una bugia se posiziono la Melys, tra le prime dieci aziende di maglieria al mondo, ai vertici. Nell'anima non siamo cambiati, si parte sempre da un filo, però si arriva ad un prodotto finito che non è più il semplice pullover, ma una vera e propria creazione. Lavorano sempre le mani dall'inizio alla fine, abbiamo introdotto una industrializzazione minima, possiamo definirci quindi una maglieria sartoriale, che contiene pura artigianalità, prodotta su scala industriale. Esportiamo molto verso la Francia dove le più alte griffe mondiali si avvalgono del nostro "savoir faire".

Un'azienda aretina che crede nelle produzioni non delocalizzate e che non ha mai pensato di trasferirsi:
"Siamo feroci sostenitori del Made in Italy, questo mestiere qui si fa solo all'interno con maestranze eccezionali, fantastiche, che sono prevalentemente donne che fanno parte integrante della famiglia, preziose mani ci consentono di mantenerci a determinati livelli."

La crisi ed il futuro?
"Questa azienda ha possibilità di sviluppo verso la produzione per brand minori, abbiamo la possibilità di crescere, magari con altre unità. La crisi mondiale ha inizialmente colpito il settore del lusso che si è ripreso prima, ed i risultati oggi sono positivi, dobbiamo recuperare 5 anni di sofferenza, anzi di resistenza, nei quali abbiamo adottato politiche di mantenimento, soprattutto volte a non perdere la professionalità delle nostre maestranze, adesso stiamo ripartendo con investimenti. Se il settore, potesse avere condizioni favorevoli ci sarebbe una ripresa più veloce ed efficace. Servirebbe ad esempio, una riduzione della burocrazia che incide sui costi per almeno il 20%, per non parlare di una concreta lotta alla devastante concorrenza sleale interna operata da aziende cinesi che marcano Made in Italy, irrispettose di qualsiasi regola che, oltretutto, nessun organo fa rispettare, come infrastrutture, sistema impositivo. Così quindi potremmo far fronte con più competitività alle continue richieste, da parte di brand di tutto il mondo, di quel Made in Italy " vero " che tutti ci invidiano e fermare di fatto l' emorragia di aziende che chiudono, i cui effetti possono ripercuotersi anche in aziende come la nostra, nonostante operi su un segmento di settore molto diverso."



Intanto c'è una terza generazione che sta iniziando ad entrare in azienda:
"Sono i nostri figli tra i 25 ed i 40 anni che si approcciano a questo mestiere cercando di imparare a fare gli imprenditori, cerchiamo di formarli per assicurarsi la continuità, non è facile, ma ci stiamo provando".

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