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Economia

Zona rossa, Confesercenti: "Non sono il commercio e la ristorazione a diffondere il virus"

Il direttore Checcaglini: "Le aziende sono allo stremo, ci sono imprenditori che non ce la fanno più ad andare avanti, sia dal punto di vista economico che da quello psicologico"

La provincia di Arezzo dal 15 marzo torna in zona rossa. Pressoché tutte le attività del commercio da lunedì saranno chiuse. Ad alzare la saracinesche saranno solo quelle che vendono generi di prima necessità. Confesercenti esprime solidarietà e continua a lamentare un’assenza di strategia capace di uscire dalla pandemia in tempi ragionevoli, e la mancanza di azioni per evitare il fallimento delle imprese. 

“Si chiudono ancora una volta - commenta il direttore Mario Checcaglini - le attività del commercio. Prosegue il fermo della ristorazione e dei pubblici esercizi chiusi anche in zona arancione nella necessità che ha chi ci governa di dare un segnale all’opinione pubblica che sta lavorando per contenere il virus”. A rischio di ripeterlo all’infinito Confesercenti ribatte: “Non sono queste le chiusure che risolvono i problemi della diffusione del virus”.

Checcaglini continua a ripeterlo dall’inizio del primo lockdown del marzo2020. “Da quella data - ricorda il direttore Checcaglini - è passato un anno e siamo di nuovo a commentare le chiusure nella provincia di Arezzo che da lunedì sarà zona rossa. Siamo consapevoli che la nostra posizione possa non piacere a parte dell’opinione pubblica. Non vogliamo apparire indifferenti ai gravi problemi di salute dei nostri concittadini e quindi sottolineare che chiudere le attività sia uno sbaglio, può apparire sconveniente e antipatico”. Confesercenti però è convinta di dire la verità: “non sono il commercio e la ristorazione a diffondere il virus”.

“Il virus - aggiunge Checcaglini - si diffonde a causa dei comportamenti di tante persone, soprattutto dei ragazzi ma non solo dei ragazzi anche di adulti irresponsabili, che stanno in giro e non si attengono alle necessarie, anzi doverose perché sono sanzionabili, misure di precauzione. Con i loro comportamenti sbagliati queste persone portano in famiglia il virus con le conseguenze che sappiamo”. Per Confesercenti “il commercio e la ristorazione sono le vittime della diffusa irresponsabilità di chi va in giro senza rispettare le regole, di chi si assembra e non indossa la mascherina correttamente. È così che si diffonde il virus. Per contenere questi comportamenti non si fa molto, anzi non si fa pressoché nulla. E non riguarda solo e soltanto le istituzioni, riguarda anche le famiglie, le quali dovrebbero esercitare il loro ruolo genitoriale con maggiore efficacia e quindi esercitando più controllo del comportamenti dei loro ragazzi”.

La situazione economica è grave. “Ci sono attività - garantisce il direttore di Confesercenti - che oramai da un anno sono chiuse, se si esclude solo la parentesi estiva dell’anno passato. Sono imprenditori che non ce la fanno più ad andare avanti. Non ce la fanno più economicamente, e non ce la fanno nemmeno dal punto di vista psicologico. Vedere la propria impresa, a cui hanno dedicata la vita, indirizzata verso la china della dissoluzione distrugge anche le persone più ottimiste e positive”.

“Da parte di Confesercenti - conclude il direttore - è un dovere esprimere solidarietà a questi settori economici che pagano un prezzo alto alle misure di contenimento del virus. Il segnale di solidarietà dovrebbe giungere anche dalle tante persone che si dicono preoccupate per la salute pubblica e perciò chiedono chiusure ma lo fanno da una situazione garantita o da smart working o dalla pensione o dalla cassa integrazione e non devono  sopportare il peso di una prospettiva di assenza di reddito per loro e per le loro famiglie”.

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