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Commercio e criminalità: 6 esercenti su 10 non si sentono protetti. Furti e abusivismo le note dolenti

I commercianti aretini? Non si sento affatto al sicuro. Che sia per una questione legata ad episodi reali di microcriminalità o che si tratti, piuttosto, di una percezione diffusa di degrado sociale, la sensazione che hanno è proprio questa. A...

I commercianti aretini? Non si sento affatto al sicuro.

Che sia per una questione legata ad episodi reali di microcriminalità o che si tratti, piuttosto, di una percezione diffusa di degrado sociale, la sensazione che hanno è proprio questa. A dirlo sono i dati elaborati da Confocommercio Imprese per l'Italia che, proprio oggi, ha presentato un'accurata indagine che ha posto l'accento proprio sul tema sicurezza e realtà imprenditoriali del terziario toscano.

Secondo quanto riscontrato nell'indagine di Ascom, il 60 per cento degli imprenditori intervistati (4.500 in tutta la regione) ha risposto che rispetto all’anno scorso i livelli di sicurezza per la propria attività sono decisamente peggiorati. Le note dolenti riguardano l'abusivismo e i furti che sono indicati dalla maggior parte dei commercianti come i veri talloni di Achille.

I dati diffusi hanno trovato cornice nell’ambito della giornata “Legalità mi piace”, evento organizzato per sensibilizzare verso i fenomeni illegali che creano danni all’economia. Per l’occasione sono stati ospiti della sede aretina di Confcommercio il prefetto di Arezzo Clara Vaccaro, il questore Bruno Failla, il comandante della Guardia di Finanza Andrea Tesi e il presidente della Camera di Commercio di Arezzo Andrea Sereni, che si sono confrontati con i dirigenti dell’associazione sui temi dell’indagine, in collegamento streaming con la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini a Roma insieme al presidente nazionale Carlo Sangalli e al ministro dell’interno Marco Minniti.

Fra i reati considerati in aumento dagli imprenditori toscani del terziario dopo abusivismo e furti vengono contraffazione, rapine, usura e, all’ultimo punto, estorsione. La percezione dell’aumento, anche in questi casi, risulta significativamente superiore alla media nazionale.

Arezzo non fa eccezione e gli imprenditori intervistati da Ascom confermano la tendenza regionale.

Il 32% degli operatori toscani ascoltati (contro il 23% della media nazionale) sostiene di aver avuto esperienza diretta o indiretta di minacce o intimidazioni negli ultimi 12 mesi, sotto forma di pressioni psicologiche tramite telefonata o visita (63% contro il 69% nazionale), danneggiamento a cose (29% contro il 44% nazionale) e addirittura violenza fisica (11% contro il 13% della media italiana).

“Sono dati che purtroppo non ci stupiscono, perché i gridi di allarme sulla questione sicurezza ultimamente ci stanno arrivando da tutte le città toscane, compresa Arezzo - spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni - sarà perché finora ci eravamo abituati a vivere in oasi tranquille, sarà perché un po’ è cambiata la composizione sociale di molte comunità e questo già di per sé crea diffidenza. Poi sono aumentate alcune tipologie di reati a danno soprattutto dei negozi, come furti e rapine. Alcuni imprenditori si sentono sotto tiro, in certe zone vivono come in trincea. Le forze dell’ordine, per quanto continuino a spendersi con impegno encomiabile, non riescono a fronteggiare tutte le emergenze. Ma il loro intervento, in sinergia con quello delle amministrazioni comunali, si dimostra risolutivo in tante occasioni. Il caso di Saione è stato esemplare. Quando la sicurezza diventa per tutti una priorità si riesce a risolvere in poco tempo questioni che magari non sono neppure troppo gravi, ma che se fossero lasciate a se stesse potrebbero facilmente degenerare”.

Per fortuna, i toscani resistono più dei colleghi italiani alle richieste estorsive: l’82% di loro, contro il 69% italiano, le ha respinte con decisione, mentre l’altro 18% le ha purtroppo accettate, subito o dopo un po’ di tempo.

Tra le esperienze criminali subite, il taccheggio pare essere all’ordine del giorno per oltre la metà delle imprese toscane (57%) contro il 43% della media italiana.

In Toscana è più alta rispetto alla media nazionale la quota di chi ricorre ad azioni concrete per tutelarsi e proteggere la propria attività: quasi nove operatori su dieci lo fanno (l’86% contro l’81% a livello nazionale). Tra le misure preferite ci sono la stipula di specifici contratti di assicurazione (47%) e la vigilanza privata, poi l’installazione di impianti di videosorveglianza o di sistemi d’allarme.

La maggior parte degli intervistati è però convinto che gli unici veri antidoti contro la criminalità siano la certezza della pena (67%) e una maggiore protezione da parte delle forze dell’ordine. Si ha invece pochissima fiducia nelle leggi, considerate poco o per niente efficaci da nove imprenditori toscani su dieci (91% in Toscana, 92% a livello nazionale), che vorrebbero poi un inasprimento delle pene (94%). I toscani sembrano comunque poco propensi a proteggersi ricorrendo ad armi di difesa personale: solo il 13% dice di possederne una. Un dato comunque superiore alla media nazionale, ferma al 7%. Il 18% (contro l’11% nazionale) pensa però di dotarsene in futuro.

“Sicurezza e legalità sono due obiettivi primari per la Confcommercio perché l’illegalità ha costi altissimi per l’economia e la società, in termini di tasse evase, sfruttamento di persone, sottrazione di ricchezza alle imprese, ai lavoratori, allo Stato. Solo per il settore commercio e pubblici esercizi stimiamo una perdita quest’anno di quasi 28 miliardi di euro l’anno, per 181 mila posti di lavoro regolari a rischio - precisa la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, che come membro di giunta nazionale di Confcommercio ha ricevuto da Carlo Sangalli la delega alla legalità e alla sicurezza. - L’educazione alla legalità deve partire dai più giovani, ecco perché cerchiamo di coinvolgerli con iniziative come quella che abbiamo portato ad Arezzo nel febbraio scorso, al teatro Petrarca, per sensibilizzare gli studenti delle scuole superiori ad acquistare solo legalmente. La gente comune ancora non percepisce la gravità di acquistare merce contraffatta da venditori abusivi, ma se sapesse che così facendo alimenta una catena criminosa terribile forse si ricrederebbe”.
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