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Economia

La cimice asiatica mette a rischio il 50% della produzione di frutta, l'allarme di Confagricoltura

La richiesta è di una soluzione sostenibile con l'antagonista naturale della cimice, un esperimento che in altre zone ha già dato risultati

«La provincia di Arezzo produce il 60% della frutta ‘made in Toscana’, senza un piano di tutela concreto c’è il rischio di vedere la produzione dimezzata», sono le parole di Carlo Bartolini Baldelli, presidente di Confagricoltura Arezzo che fa proprio l’allarme lanciato dai frutticoltori. I timori degli addetti ai lavori riguardano la diffusione della cimice asiatica, si tratta di un vero flagello per le produzioni locali, un problema che attende da anni una risposta.carlo bartolini baldelli presidente confagricoltura-2-2

Da qui la richiesta alla Regione Toscana di attivarsi nei confronti del Governo per consentire la previsione di un sistema di difesa da questo insetto. La cimice asiatica (Halyomorpha halys Stål) è originaria di Cina, Giappone e Taiwan. Circa dieci anni fa è stata accidentalmente introdotta in Italia, probabilmente trasportata nei container provenienti dai paesi orientali.

«Attualmente in Italia non è riconosciuto ufficialmente nessun tipo di difesa nei confronti della cimice asiatica - spiega il direttore di Confagricoltura Arezzo, Gianluca Ghini - Nel nostro Paese gli insetticidi sono vietati, tuttavia senza ricorrere a soluzioni chimiche ci sarebbe la possibilità di favorire una lotta biologica con un antagonista. La risposta potrebbe essere la ‘vespa samurai’, ovvero la Trissolcus japonicus, un imenottero parassitoide che potrebbe ridurre la capacità riproduttiva della cimice asiatica. Tuttavia, per consentire ai frutticoltori di difendersi con questo antagonista naturale occorre un quadro normativo chiaro o perlomeno un’azione che preveda una sperimentazione».

«I frutticoltori - dichiara Antonio Tonioni, imprenditore e presidente del settore Frutta per Confagricoltura Toscana - vogliono continuare a produrre nel pieno rispetto della legge,  vogliono che sulle tavole dei consumatori arrivino prodotti eccellenti e naturali, ma non vogliono assistere impotenti a danneggiamenti dei raccolti e al conseguente arrivo sul mercato di prodotti stranieri quelli sì, trattati chimicamente. Se la cimice asiatica è uno dei riflessi della globalizzazione dei mercati, chiediamo che anche la risposta al problema sia di questo tipo. Se l’utilizzo dell’antagonista naturale è osteggiato poiché non autoctono, ci troviamo di fronte ad un vicolo cieco in cui l’agricoltura è costretta solo a pagare i danni della globalizzazione e non a sfruttarne le opportunità».

In considerazione dei risultati positivi ottenuti in altre regioni dalla sperimentazione dell’antagonista naturale della cimice, da parte di Confagricoltura Arezzo c’è la richiesta di aprire di un tavolo tecnico decisionale per ricercare una soluzione sostenibile.

«La situazione economica generale sta mostrando evidenti difficoltà per la dipendenza dall’estero di materie prime - dichiara il presidente Bartolini Baldelli - in questa fase la nostra agricoltura non può restare ostaggio di norme che ne limitano la produzione e la competitività. Difendersi da questo insetto è possibile e ambientalmente sostenibile se c’è la volontà».

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