rotate-mobile
Economia

Alto export, consumi stabili, giù gli investimenti. La sfida è ripartire con le infrastrutture a sostegno dell'industria 4.0

Elevata dipendenza dalle esportazioni, consumi stabili e che si muoveranno a piccoli passi, ma gli investimenti sono andati giù. Questa in estrema sintesi la fotografia dell'economia in Italia nel 2017 tracciata dal ventiduesimo rapporto elaborato...

Elevata dipendenza dalle esportazioni, consumi stabili e che si muoveranno a piccoli passi, ma gli investimenti sono andati giù. Questa in estrema sintesi la fotografia dell'economia in Italia nel 2017 tracciata dal ventiduesimo rapporto elaborato da Ubi Banca, con Guerini e associati e il centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi. Il volume a cura di Mario Deaglio quest'anno è stato presentato anche ad Arezzo, all'interno delle bellissime sale della Casa Museo Ivan Bruschi, alla presenza di uno dei relatori, Giorgio Arfaras.

“Un futuro da costruire bene” analizza i trend macroeconomici e le dinamiche geopolitiche degli ultimi dodici mesi, con uno sguardo specifico al ruolo che l’Italia può assumere nell’attuale congiuntura economica e in relazione alle dinamiche internazionali.

La serata, aperta dai saluti del sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli e dal presidente Andrea Sereni della Camera di Commercio di Arezzo e del responsabile della macro area Lazio, Toscana, Umbria, Silvano Manella, si è sviluppata con un’esposizione dei temi a cura di Giorgio Arfaras, coautore del rapporto. La sfida sarà dunque quella di trovare la spinta per far ripartire gli investimenti in infrastrutture a sostegno dell'industria 4.0. La presentazione degli scenari L’esposizione del professore ha toccato tre grandi aree: le mutazioni strutturali di lavoro e capitale introdotte dalla globalizzazione e la loro ulteriore evoluzione in anni in cui la globalizzazione stessa sembra in crisi, almeno rispetto alla forma che assunse ai suoi albori, la situazione dell’Europa e dell’Italia in questo scenario, la prospettiva “sostenibile” proposta come possibile percorso di consolidamento della crescita.La globalizzazione - dopo un’epoca d’oro iniziata negli anni novanta, in cui a tassi elevati di crescita del PIL mondiale corrispondevano ancor più elevati livelli di scambi commerciali, e in cui il fenomeno portava benefici sia ai produttori del sud del mondo che alle imprese del nord del mondo - è entrata con la recessione del 2007-2008 in una fase di contrazione, tanto da porre la domanda se sia, addirittura, un fenomeno terminato oppure se stia solo assumendo forme nuove, per ora meno decifrabili che nel recente passato.

In tale contesto è evidente, nei paesi di più antica industrializzazione e più consolidato benessere, un progressivo aumento delle diseguaglianze e un impoverimento, soprattutto della classe media. L’ineguaglianza crescente dei redditi e la divaricazione culturale tra chi aderisce ad una visione multiculturale e chi, in antitesi, propugna un ritorno alle tradizioni, sono indicati nel Rapporto come macro-spiegazioni dell’emergere del populismo”.

Un altro dato sintetico ma di grande interesse è che nel breve volgere di cinque anni (2012-2016) gli investimenti europei in Cina sono in flessione, mentre quelli cinesi in Europa si sono letteralmente impennati, dando l’idea di una perdurante difficoltà dell’occidente nei confronti dell’esuberanza economica del colosso asiatico. Per l’Unione Europea, il prof. Deaglio ha delineato poi tre ipotesi per il futuro: dal rilancio del processo unitario ad una perdurante indecisione, con un’opzione intermedia di un’Europa a più velocità, concertata a livello degli Stati che compongono l’Unione.

L’Italia accenna finalmente a dinamiche virtuose, quali la crescita del PIL e dell’occupazione, unite ad un minor tasso di crescita del debito pubblico. L’industria che affronta questa fase è naturalmente diversa rispetto al passato: l’impiego risulta strutturalmente meno stabile e con la necessità di una sempre maggiore alternanza di formazione e lavoro, inoltre dalla crisi sono nate nuove imprese e si sono sviluppati settori che si affermano anche all’estero, come ad esempio la filiera dell’agroindustria.

Il professor Arfaras ha concluso la presentazione ipotizzando delle risposte adatte a queste sfide globali: il recupero di una visione di lungo periodo; nuovi investimenti in politiche di sviluppo sostenibile che considerino anche i fattori non economici; l’introduzione di processi produttivi ‘circolari’. Tale sviluppo sostenibile dovrà integrare variabili ambientali, economiche e sociali, unendole per evitare i molteplici rischi di una economia in stagnazione, di un mondo non protetto dal degrado e di una società divisa e non inclusiva: problemi che potrebbero manifestarsi se le variabili legate a economia, ambiente e società non venissero considerate in un’ottica unitaria. La tavola rotonda L’evento è stato anche valorizzato da una tavola rotonda moderata da Cesare Peruzzi, Direttore del portale Toscana24.it , a cui hanno preso parte: Antonio Capone, Direttore Confindustria Toscana Sud, Giordana Giordini, Presidente Sezione Oreficeria e Gioielleria Confindustria Toscana Sud e Luca Benvenuti Consigliere di Unoaerre. “Lo scenario approfondito oggi, lo abbiamo riscontrato in più ambiti nel momento in cui UBI Banca è diventata operativa anche in questo nuovo territorio che ha vissuto anni delicati” ha dichiarato Silvano Manella, Responsabile della Macro Area Lazio, Toscana, Umbria. “Va comunque detto che la Toscana è una regione dinamica capace di continuare a far crescere il proprio PIL e tra le regioni che più hanno recuperato occupazione rispetto ai numeri precedenti alla crisi. UBI Banca, forte della propria solidità e capacità di generare valore, si è fin da subito proposta come banca in grado di sostenere progetti industriali strutturati apportando anche innovazione in campi specifici come il welfare, il sociale e l’information technology. Rilevante l’impegno verso i distretti orafi, verso cui la Banca ha mantenuto invariata l’attenzione nei confronti delle oltre mille aziende e dei circa 7.000 addetti.” "L'analisi e le proposte che emergono dal rapporto presentato quest'oggi sono chiare e condivisibili. Anche un territorio relativamente piccolo come quella aretino è fortemente influenzato dal contesto internazionale che, peraltro, condiziona fortemente quello che ha costituito, in questi anni di crisi, il vero (e spesso unico) motore dell'economia in Italia e nella nostra provincia: l'export” ha affermato Andrea Sereni Presidente della Camera di Commercio di Arezzo. “Nella nostra realtà permangono purtroppo ampi fenomeni di impoverimento e diseguaglianza che sono stati sottovalutati se non addirittura ignorati dall'élite politiche, ad iniziare da quelle locali. Il grande assente infatti di questi ultimi vent'anni è la politica nella sua accezione più elevata, la capacità cioè di una elaborazione politica di ampio respiro non condizionata esclusivamente dagli appuntamenti elettorali o dalle pulsioni populiste."

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Alto export, consumi stabili, giù gli investimenti. La sfida è ripartire con le infrastrutture a sostegno dell'industria 4.0

ArezzoNotizie è in caricamento