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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia Castiglion Fiorentino

Ad Arezzo la pasta costa cara: in un anno +45%. Pastificio Fabianelli è il modello da seguire

Coldiretti: "Bene commissione sui prezzi convocata dal Ministero del Made in Italy/Mr.Prezzi". I principali incrementi su base annua a Siena (+58%), Firenze (+52%) e Pistoia (+51%)

Il modello da seguire è quello dell’accordo siglato nel 2019 tra Filiera Agricola Italiana ed il Pastificio Fabianelli di Castiglion Fiorentino per la produzione di pasta al 100% toscana che assicura agli agricoltori un prezzo minimo garantito che si trova sempre al di sopra dei costi di produzione. Un accordo che ha rilanciato il settore cerealicolo in provincia di Arezzo. Questa la convinzione di Coldiretti Toscana per rispondere ai rincari choc per la pasta in Toscana. In un anno il prezzo medio per acquistare un chilo di pasta, secondo l’Osservatorio dei Prezzi del Ministero del Made in Italy, è aumentato in maniera spaventosa, passando da 1,5 euro a 2,11 euro con incrementi anche del 58% e con punte fino a 3,8 euro per alcune tipologie. I rincari più significativi si registrano a Siena (+58%), Firenze (+52%) e Pistoia (+51%) ma anche ad Arezzo (+45%). Ma se da un lato i prezzi della pasta continuano a salire, dall’altro le quotazioni del grano duro continuano a scendere. A denunciarlo è Coldiretti Toscana dopo l’annuncio della convocazione di una commissione sui prezzi voluta dal Ministero del Made in Italy per analizzare le ragioni che hanno portato agli aumenti ingiustificati del prezzo della pasta a fronte di un calo dei prezzi della materia prima pagata agli agricoltori. “E’ evidente che i prezzi della pasta non sono aumentati per colpa degli agricoltori che oggi ricevono per il grano duro il 30% in meno rispetto allo scorso anno. – spiega Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana –. In media il prezzo della pasta è cresciuto del 41% su base regionale, ben al di sopra del dato nazionale. Serve fare chiarezza al più presto a tutela dei consumatori e delle imprese agricole anche alla luce della nuova normativa sulle pratiche sleali”.

La pasta – sottolinea Coldiretti Toscana – è ottenuta direttamente dalla lavorazione del grano con l’aggiunta della sola acqua e non trovano dunque alcuna giustificazione le divergenze registrate nelle quotazioni, con la forbice dei prezzi che si allarga e mette a rischio i bilanci dei consumatori e quelli degli agricoltori. Una distorsione che appare chiara anche dall’andamento dei prezzi medi al dettaglio. Ad Arezzo un chilo di pasta costava 1,49 euro al chilo nel marzo 2022, un anno dopo, ha raggiunto i 2,17 euro al chilo. A Firenze siamo passati da 1,42 euro a 2,17 euro al chilo, a Grosseto da 1,76 a 2,15 euro (+22%), a Livorno da 1,69 a 2,11 euro, a Lucca da 1,41 a 1,94 euro (+37%), a Pistoia da 1,37 euro a 2,08 (+51%) ed infine a Siena 1,37 euro a 2,17. 

Le superfici agricole coltivate a frumento duro, secondo le prime previsioni del Consorzio Agrario del Tirreno sono in crescita del 2%, in controtendenza rispetto al resto d’Italia dove si stima invece una flessione. Lo scorso anno, in Toscana, i cerealicoltori avevano raccolto poco meno di 1,9 milioni di quintali di frumento duro, quasi 1 milione tra le sole province di Grosseto e Siena. 

"In Italia siamo di fronte a manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada dove il grano – precisa Coldiretti Toscana - viene coltivato secondo standard non consentiti in Europa per uso del glifosate nella fase di preraccolta. Occorre invece – continua Coldiretti Toscana - ridurre la dipendenza dall’estero e lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali". Per questo l'esempio di Fabianelli calza a pennello.

"Bisogna riattivare da subito - precisa Coldiretti Toscana - la Commissione Unica Nazionale per il grano duro, la cui attività in via sperimentale si è sospesa nell'ottobre del 2022, perché fornisce trasparenza al mercato e da la possibilità di poter mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori della filiera eliminando le distorsioni e i frazionamenti delle borse merci locali. Importante anche investire nella ricerca che, come motore dell'innovazione varietale, deve rispondere non solo alle richieste qualitative del mondo industriale, ma anche rispondere alle nuove esigenze produttive e di resilienza verso gli effetti del cambiamento climatico, rispondendo al contempo alle nuove richieste di sostenibilità volute dalla nuova Politica Agricola Comunitaria".

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