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La chiamavano "smaialata". Una bontà vietata ai deboli di cuore

Un piatto che non richiede grandi abilità culinarie ma bensì pazienza infinita e coraggio da leoni. Una pietra miliare della tradizione toscana

  • Categoria

    Secondo
  • Difficoltà

    Facile
  • Tempo

    Parecchio
  • Dosi

    Possenti
  • Sale
  • Pepe
  • Peperoncino
  • Aglio
  • Olio - 8 cucchiai
  • Mezzo bicchiere di aceto
  • Due bicchieri di vino rosso
  • Parti di: zampe, coda, muso, costole, cotenna, stomaco, cuore, polmone, milza, rognoni, fegato

Procedimento

Utilizzare tutti i pezzi meno nobili del maiale ovvero, zampe, cosa, qualche pezzo di muso, costole, cotenna, stomaco, cuore, polmoni, milza, rognoni e tutti gli scarti rimasti dalle altre lavorazioni.
Primo step. Dividete le frattaglie. Zampe, muso, cosa, ritagli di orecchie e cotenne vanno sbollentati, rasati (laddove è necessario) con un coltello oppure fiammeggiati. Successivamente vanno immersi in acqua salata e lasciati bollire per 30/40 minuti schiumando spesso. Una volta cotti vanno scolati, disossati e tagliati in pezzetti non troppo grossi. E' consigliabile lasciare da parte un po' del brodo di lessatura di questi ingredienti. Successivamente lavare lo stomaco del maiale aprendolo e tenendolo in acqua corrente per almeno un'ora e poi bollirlo in acqua salata almeno un'ora. Anche questo una volta cotto va scolato e tagliato a pezzettini. Le altre frattaglie vanno tutte pulite togliendovi i grumi di sangue, le vene e i duroni. Dopo di che vanno lavate con cura, sbollentate e tagliate a pezzi. Il godurioso costolicio va aggiunto in piccole quantità così come le rifiniture dei salumi che possono essere aggiunte secondo piacimento e disponibilità.

Munirsi di una pentola in ferro molto capiente. Alcune sono in grado di contenere dagli 8 ai dieci chili di carne. Si tratta di pezzi unici che sono stati forgiati appositamente per assolvere a questo arduo compito. Mettete 8 cucchiai di olio d'oliva e qualche spicchio d'aglio nella pentola e adagiatela sul fuoco. Aggiungetevi le parti più grasse come cotenne, zampe, muso e costoliccio. Successivamente aggiungete gli altri ingredienti sbollentati in precedenza tenendo presente i tempi di cottura di ciascuno. Da ultimo aggiungere milza, fegato e rognoni. Aggiungere sale, pepe, peperoncino e finocchio selvatico. Fate sfumare la carne con due bicchieri di vino e mezzo di aceto. Dopo aver fatto evaporare l'alcol terminate la cottura aggiungendo il brodo di lessatura degli zampucci. 

La ricetta

Una padellata di maiale. Una montagna di pezzettini di "ciccia" così alta e così impegnativa da far venire il fiato corto anche a scalatori esperti e forchette agguerrite. La smaialata non è altro che questo. Un gigante da abbattere, un Golia da annientare ma anche, e soprattutto, una botta di colesterolo senza pari.

Gennaio è il mese in cui i nonni contadini spezzavano il maiale. Tradizione antichissima che oggi viene messa in pratica da giovani e prestanti macellai investiti dell'onere di tramandare l'assioma "del maiale non si butta via niente". Si sa, con la carne di questo nobile animale viene data forma ad una miriade di meravigliose e morbide bontà che elencarle tutte sarebbe un lavoro così titanico, da richiedere un'enciclopedia. Prosciutti, braciole, costolicci, "rocchi" e sambudelli. Ma anche trippa (detta anche sacco), gota, tarese, capocollo. Un tripudio di grasso, sale, pepe, aglio spezie e celestiali note.

Un lavoro antico che viene fatto rigorosamente a gennaio. Perché? In primo luogo è importante iniziare l'anno con delle scorte di cibo e poi, le temperature rigide dell'inverno consentono agli insaccati di trasformarsi in capolavori che tanto infiammano l'anima di ogni buon aretino. Ma torniamo alla smaialata. Sistemati i tagli e messi in fila gli affettati cosa si può fare con gli scarti e con tutte quelle frattaglie? Si buttano via? Ma neppure per sogno. Armati di santa pazienza, guanti e una tribù di persone da sfamare ecco che l'impresa della padellata di maiale può avere inizio. Un piatto unico (e ci mancherebbe), sugoso, saporito e potente che rende omaggio alle fatiche dell'uomo e al sacrificio dell'animale da condividere con chi si ama.

N.B. Questa pietanza non è indicata ai cardiopatici - per ovvie ragioni - e ai palati troppo sensibili. Perché? Ve lo spieghiamo nella preparazione. 

(ClaFa) 

Un calice in abbinamento

Le caratteristiche del piatto impongono un vino di corpo. E' datato di grassezza e grande tendenza dolce (per via della tipologia della carne). Ci sono poi succulenza e untuosità. La carne di maiale è bianca, ma ci sono le spigolosità delle frattaglie, oltre al piccante, che richiedono un po' di morbidezza. Un vino toscano di ottima beva calza a pennello. Anche della provincia di Arezzo. Perché non abbinarci un Rosso Valdarno di Sopra Doc? 

Una padellata di maiale. Una montagna di pezzettini di "ciccia" così alta e così impegnativa da far venire il fiato corto anche a scalatori esperti e forchette agguerrite. La smaialata non è altro che questo. Un gigante da abbattere, un Golia da annientare ma anche, e soprattutto, una botta di colesterolo senza pari.

Gennaio è il mese in cui i nonni contadini spezzavano il maiale. Tradizione antichissima che oggi viene messa in pratica da giovani e prestanti macellai investiti dell'onere di tramandare l'assioma "del maiale non si butta via niente". Si sa, con la carne di questo nobile animale viene data forma ad una miriade di meravigliose e morbide bontà che elencarle tutte sarebbe un lavoro così titanico, da richiedere un'enciclopedia. Prosciutti, braciole, costolicci, "rocchi" e sambudelli. Ma anche trippa (detta anche sacco), gota, tarese, capocollo. Un tripudio di grasso, sale, pepe, aglio spezie e celestiali note.

Un lavoro antico che viene fatto rigorosamente a gennaio. Perché? In primo luogo è importante iniziare l'anno con delle scorte di cibo e poi, le temperature rigide dell'inverno consentono agli insaccati di trasformarsi in capolavori che tanto infiammano l'anima di ogni buon aretino. Ma torniamo alla smaialata. Sistemati i tagli e messi in fila gli affettati cosa si può fare con gli scarti e con tutte quelle frattaglie? Si buttano via? Ma neppure per sogno. Armati di santa pazienza, guanti e una tribù di persone da sfamare ecco che l'impresa della padellata di maiale può avere inizio. Un piatto unico (e ci mancherebbe), sugoso, saporito e potente che rende omaggio alle fatiche dell'uomo e al sacrificio dell'animale da condividere con chi si ama.

N.B. Questa pietanza non è indicata ai cardiopatici - per ovvie ragioni - e ai palati troppo sensibili. Perché? Ve lo spieghiamo nella preparazione. 

(ClaFa) 

Un calice in abbinamento

Le caratteristiche del piatto impongono un vino di corpo. E' datato di grassezza e grande tendenza dolce (per via della tipologia della carne). Ci sono poi succulenza e untuosità. La carne di maiale è bianca, ma ci sono le spigolosità delle frattaglie, oltre al piccante, che richiedono un po' di morbidezza. Un vino toscano di ottima beva calza a pennello. Anche della provincia di Arezzo. Perché non abbinarci un Rosso Valdarno di Sopra Doc? 

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