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Venerdì, 19 Aprile 2024

I ricciarelli, quei deliziosi biscotti che ricordano le babbucce dei sultani arabi

I biscotti del Natale diventati famosi in tutta la Penisola conquistando generazioni di golosi

  • Categoria

    Dessert
  • Difficoltà

    Facile
  • Tempo

    15 minuti di cottura
  • 500 grammi di mandorle sgusciate di cui 100 grammi amare
  • 650 grammi di zucchero semolato
  • 200 grammi di zucchero a velo
  • 2 chiare
  • cialda da pasticceria
  • farina
  • 30 grammi di scorza di arancia candita

Procedimento

Sbollentate le mandorle in acqua calda per rimuovere facilmente la buccia marrone. Pelatele e asciugatele tenendole circa 10 minuti in forno tiepido avendo cura di non tostarle. Una volta fredde tritatele finemente e versate la polvere in una terrina dove aggiungerete poco per volta 500 grammi di zucchero semolato, il candito tritato finemente e un cucchiaio di farina. In un tegamino mettete 150 grammai di zucchero e aggiungete 3 cucchiai di acqua. Fate sciogliere il tutto fino ad ottenere uno sciroppo molto liquido. Versatelo all'interno della terrina con un altro cucchiaio di farina e due di zucchero a velo. Mescolate il tutto e coprite il composto con un canovaccio umido. Lasciate riposare il preparato per una notte intera. Sbattete le chiare montandole a neve e aggiungetele al composto insieme ad un altro cucchiaio di zucchero a velo. Mescolate bene e poi stendete la pasta ottenuta su una spianatoia fino a che non sarà di circa un centimetro di spessore. Ritagliatela a losanghe e adagiate il tutto in una teglia dove avrete sistemato il foglio di pasta (ostia) da pasticceria. Spolverateli abbondantemente di zucchero a velo ed infornate a 150° per 15 minuti. Fateli raffreddare all'interno del forno dopo averlo spento.

Tra le varianti c'è quella che prevede l'assenza di arancia candita e l'aggiunta di miele all'impasto.

La ricetta

Un dolce di Natale che, malgrado le credenze comuni, è più semplice da preparare di quanto si pensi. I ricciarelli sono una specialità tipica del senese ma, nonostante questo, nel tempo si sono diffusi in tutta la Penisola diventando un vero e proprio must della tradizione gastronomica. In origine erano chiamati “marzapanetti alla senese” o “morzelletti” e venivano prodotti all'interno dei conventi o nelle botteghe degli speziali. Incerta è la loro origine anche se, uno dei produttori più popolari di questo (e altri dolci) ne ricostruisce i passaggi all'interno del proprio blog. Ecco cosa viene raccontato sulla nascita dei ricciarelli.

La sua storia inizia a Palermo con il Panis Martis, il marzapane che giunge fino in Toscana. Da sempre legato alla nobiltà questo dolce si diffonde nella sua variante senese intorno al XV secolo e la ricetta è rimasta quasi invariata rispetto a quella che possiamo assaggiare oggi: miele o zucchero, mandorle e canditi d’arancio. Inizialmente utilizzata nella preparazione di torte, il suo utilizzo evolve e si cominciano preparare anche piccoli dolcetti con questo impasto: i marzapanetti. Questi pasticcini d’ispirazione araba con cuore morbido e superficie rugosa potrebbero essere gli antenati dei ricciarelli. Secondo un altro racconto, i ricciarelli deriverebbero dai morselletti, venduti per il Palio dell’Assunta a Siena dalla metà del 1400. Il “morsello” era un “bocconcello di cosa buona”, riferito ad un dolcetto simile al ricciarello ma che prevedeva nella sua ricetta l’aggiunta di torli d’uovo. Il nome “Ricciarello” si diffonderà solo a partire dal XIX secolo e una delle leggende, che si tramandano ormai da molto tempo, narra che sia stato Ricciardetto della Gherardesca a notare la somiglianza tra questi dolcetti arricciati e le babbucce dei sultani che aveva visto durante le crociate.

Fonte: Sapori.it

(ClaFa)

Un calice in abbinamento

Per un dolce nobile, ecco un vino altrettanto nobile. Nella vicina Umbria, ad Orvieto per la precisione, c'è una grande tradizione di vini "muffati", ideali da abbinare alla pasticceria secca natalizia (oltre che ai formaggi erborinati come i Blu, il Gorgonzola, lo Stilton, il Roquefort, etc. con cui crea un connubio davvero godurioso). La muffa nobile, ovvero la Botrytis Cinerea, date le particolari condizioni climatiche dell'Orvietano, avvolge gli acini dell'uva, senza intaccarne il contenuto, creando una patina (tipo cenere) che anzi lo protegge. L'acino così appassisce in pianta, concentrando profumi, sapori e zucchero e perdendo acqua. Da questa pregiata uva botritizzata (grechetto, ma anche vitigni internazionali come riesling e sauvignon) nasce un vino dolce, intenso, persistente e dorato come il Muffa Nobile Orvieto Doc.

Un dolce di Natale che, malgrado le credenze comuni, è più semplice da preparare di quanto si pensi. I ricciarelli sono una specialità tipica del senese ma, nonostante questo, nel tempo si sono diffusi in tutta la Penisola diventando un vero e proprio must della tradizione gastronomica. In origine erano chiamati “marzapanetti alla senese” o “morzelletti” e venivano prodotti all'interno dei conventi o nelle botteghe degli speziali. Incerta è la loro origine anche se, uno dei produttori più popolari di questo (e altri dolci) ne ricostruisce i passaggi all'interno del proprio blog. Ecco cosa viene raccontato sulla nascita dei ricciarelli.

La sua storia inizia a Palermo con il Panis Martis, il marzapane che giunge fino in Toscana. Da sempre legato alla nobiltà questo dolce si diffonde nella sua variante senese intorno al XV secolo e la ricetta è rimasta quasi invariata rispetto a quella che possiamo assaggiare oggi: miele o zucchero, mandorle e canditi d’arancio. Inizialmente utilizzata nella preparazione di torte, il suo utilizzo evolve e si cominciano preparare anche piccoli dolcetti con questo impasto: i marzapanetti. Questi pasticcini d’ispirazione araba con cuore morbido e superficie rugosa potrebbero essere gli antenati dei ricciarelli. Secondo un altro racconto, i ricciarelli deriverebbero dai morselletti, venduti per il Palio dell’Assunta a Siena dalla metà del 1400. Il “morsello” era un “bocconcello di cosa buona”, riferito ad un dolcetto simile al ricciarello ma che prevedeva nella sua ricetta l’aggiunta di torli d’uovo. Il nome “Ricciarello” si diffonderà solo a partire dal XIX secolo e una delle leggende, che si tramandano ormai da molto tempo, narra che sia stato Ricciardetto della Gherardesca a notare la somiglianza tra questi dolcetti arricciati e le babbucce dei sultani che aveva visto durante le crociate.

Fonte: Sapori.it

(ClaFa)

Un calice in abbinamento

Per un dolce nobile, ecco un vino altrettanto nobile. Nella vicina Umbria, ad Orvieto per la precisione, c'è una grande tradizione di vini "muffati", ideali da abbinare alla pasticceria secca natalizia (oltre che ai formaggi erborinati come i Blu, il Gorgonzola, lo Stilton, il Roquefort, etc. con cui crea un connubio davvero godurioso). La muffa nobile, ovvero la Botrytis Cinerea, date le particolari condizioni climatiche dell'Orvietano, avvolge gli acini dell'uva, senza intaccarne il contenuto, creando una patina (tipo cenere) che anzi lo protegge. L'acino così appassisce in pianta, concentrando profumi, sapori e zucchero e perdendo acqua. Da questa pregiata uva botritizzata (grechetto, ma anche vitigni internazionali come riesling e sauvignon) nasce un vino dolce, intenso, persistente e dorato come il Muffa Nobile Orvieto Doc.

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