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I necci: la bontà dell'autunno fatta con castagne e ricotta

La ricetta di un'antica preparazione diffusa soprattutto nella zona dell'Appennino tosco-emiliano

  • Categoria

    Dessert
  • Difficoltà

    Facile
  • Tempo

    90 minuti
  • Dosi

    10 necci circa
  • 300 grammi di farina di castagne
  • 2 cucchiai di zucchero semolato
  • 350 ml di acqua
  • 1 pizzico di sale
  • olio extravergine di oliva

Farcitura

  • 750 grammi di ricotta vaccina fresca
  • 100 grammi di zucchero semolato

Procedimento

Come prima cosa preparate la farcitura. In una ciotola lavorate a lungo la ricotta setacciata con lo zucchero, con l’aiuto di una frusta, finché non otterrete un composto cremoso e omogeneo. Tenete da parte. In un'altra ciotola setacciate la farina di castagne. Unite lo zucchero, il sale e l’acqua aggiunta poco alla volta continuando a mescolare con una frusta per evitare la formazione di grumi. In caso il composto risultasse troppo duro unite ancora dell'acqua. Dovrete ottenere una pastella abbastanza fluida.

Ungete d'olio una padellina antiaderente e versate un mestolo d’impasto. Ruotate la padella in modo che il composto si possa distribuire in maniera omogenea. Fate cuocere a fuoco basso per circa 3 minuti per lato. Ripetete la stessa operazione fino all'esaurimento dell'impasto. Farcite i necci con della ricotta al centro e arrotolateli su se stessi. Servite i necci ancora tiepidi.

La ricetta

Autunno fa rima con castagne. Ci sono mille e più modi per non rinunciare per servire in tavola questo stupendo frutto che con il suo sapore e con il suo morbido profumo si attacca alle memorie più profonde e intime di ciascuno. Il baldino, la polenta di castagne, la minestra coi ceci, oppure le caldarroste o le succiole, sono soltanto alcuni dei modi in cui viene trasformato il bruno "confetto". Tra le tante ricette che abbiamo letto e conosciuto proprio in questi giorni ce ne è una che, a quanto pare, ha origini molto antiche e sarebbe particolarmente diffusa nelle zone dell'Appennino tosco-emiliano. Si tratta dei necci che altro non sono che delle spumose crespelle fatte con acqua e farina di castagne. Andando a ricercare a fondo abbiamo scoperto che le radici di questo preparato affondano tra le alture del pistoiese dove ancora oggi c'è chi non rinuncia ad assaporarle con della buona ricotta fresca. In origine però, a quanto pare, i necci venivano consumati principalmente insieme ad altri alimenti salati e fungevano da sostituto del pane. Oggi vengono proposte come fine pasto e rappresentano senza ombra di dubbio il perfetto connubio tra creatività e tradizione.

(ClaFa)

Un calice in abbinamento

In tempo di castagne, per tradizione, non è possibile esimersi dal parlare del Vino Novello, che nulla c'entra col vino nuovo, ma rappresenta una tipologia specifica di vino, con un suo disciplinare. E' l'alter ego del Beaujolais Nouveau francese (che però ha molte più restrizioni geografiche e si ottiene solo da uve Gamay). Oggi può essere immesso sul mercato ogni nuova vendemmia a partire dal 30 ottobre (in precedenza era il 6 novembre), fino alla fine dell'anno. E' un vino prodotto attraverso la tecnica di vinificazione della macerazione carbonica per parte delle uve: in sostanza, i grappoli vengono chiusi in un ambiente saturo di C02, alla temperatura di 30° scatta la fermentazione alcolica intracellulare. Rispetto a una vinificazione tradizionale, c'è una diminuzione della produzione di acido malico e un aumento di glicerina. Non solo, si sviluppano anche molti aromi secondari, che conferiscono al prodotto sensazioni di fragola e lampone. Nasce così un vino morbido, rotondo e fruttato, con poco tannino e da bere nell'immediato, senza grandi capacità di invecchiamento. Nella tradizione si abbina perfettamente alle castagne e ai prodotti a base di farina di castagne. In un piatto dolce, come nella versione proposta nella ricetta, la tradizione ci potrebbe spingere a scegliere la vicina Cagnina di Romagna Doc: un vino dolce e semplice, poco alcolico e beverino, ottenuto da uve Terrano.

Mat.Cial.

Autunno fa rima con castagne. Ci sono mille e più modi per non rinunciare per servire in tavola questo stupendo frutto che con il suo sapore e con il suo morbido profumo si attacca alle memorie più profonde e intime di ciascuno. Il baldino, la polenta di castagne, la minestra coi ceci, oppure le caldarroste o le succiole, sono soltanto alcuni dei modi in cui viene trasformato il bruno "confetto". Tra le tante ricette che abbiamo letto e conosciuto proprio in questi giorni ce ne è una che, a quanto pare, ha origini molto antiche e sarebbe particolarmente diffusa nelle zone dell'Appennino tosco-emiliano. Si tratta dei necci che altro non sono che delle spumose crespelle fatte con acqua e farina di castagne. Andando a ricercare a fondo abbiamo scoperto che le radici di questo preparato affondano tra le alture del pistoiese dove ancora oggi c'è chi non rinuncia ad assaporarle con della buona ricotta fresca. In origine però, a quanto pare, i necci venivano consumati principalmente insieme ad altri alimenti salati e fungevano da sostituto del pane. Oggi vengono proposte come fine pasto e rappresentano senza ombra di dubbio il perfetto connubio tra creatività e tradizione.

(ClaFa)

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In tempo di castagne, per tradizione, non è possibile esimersi dal parlare del Vino Novello, che nulla c'entra col vino nuovo, ma rappresenta una tipologia specifica di vino, con un suo disciplinare. E' l'alter ego del Beaujolais Nouveau francese (che però ha molte più restrizioni geografiche e si ottiene solo da uve Gamay). Oggi può essere immesso sul mercato ogni nuova vendemmia a partire dal 30 ottobre (in precedenza era il 6 novembre), fino alla fine dell'anno. E' un vino prodotto attraverso la tecnica di vinificazione della macerazione carbonica per parte delle uve: in sostanza, i grappoli vengono chiusi in un ambiente saturo di C02, alla temperatura di 30° scatta la fermentazione alcolica intracellulare. Rispetto a una vinificazione tradizionale, c'è una diminuzione della produzione di acido malico e un aumento di glicerina. Non solo, si sviluppano anche molti aromi secondari, che conferiscono al prodotto sensazioni di fragola e lampone. Nasce così un vino morbido, rotondo e fruttato, con poco tannino e da bere nell'immediato, senza grandi capacità di invecchiamento. Nella tradizione si abbina perfettamente alle castagne e ai prodotti a base di farina di castagne. In un piatto dolce, come nella versione proposta nella ricetta, la tradizione ci potrebbe spingere a scegliere la vicina Cagnina di Romagna Doc: un vino dolce e semplice, poco alcolico e beverino, ottenuto da uve Terrano.

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