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Costoliccio, what else? Quando il maiale incontra la brace e nasce la magia

Uno dei secondi piatti più semplici e goduriosi della tradizione aretina. Carne, fuoco e pazienza, ecco come gustarlo al meglio

  • Categoria

    Secondo
  • Difficoltà

    Facile
  • Tempo

    Quando è cotto si vede!
  • Dosi

    6 persone
  • 1,5 chili di costolette di maiale (meglio se intere)
  • Aglio
  • sale
  • pepe

Procedimento

Per farlo alla griglia conditelo con sale e pepe e se volete strusciatelo anche con uno spicchio d'aglio da entrambi i lati della carne. Piazzatelo sulla griglia rovente, sopra braci abbondanti, e cuocetelo a lungo, muovendolo e girandolo spesso, sempre con fuoco medio, evitando di farlo avvampare fuori lasciandolo poco cotto dentro. Dovrà anche perdere gran parte del suo grasso ed avere, da cotto, un aspetto abbastanza asciutto. Servitelo caldo accompagnato da un contorno adatta all'occasione: patate al forno (perfetto), pulezze rifatte in padella (molto bene) oppure insalata verde (troppo leggero). 

La ricetta

Che vita sarebbe senza maiale? Che esistenza condurremmo senza il costoliccio?
Bello, caldo, ruvvedo (ruvido in vernacolo ndr), grasso e confortante. Addentare una costoletta fumante è uno dei gesti più piacevoli, conviviali e naturali della cultura culinaria aretina. Seguendo il principio base che "del maiale non si butta via niente", per fare questo secondo piatto servono tre cose: il fuoco, il maiale e il tempo. Sì perché di brace per cuocere a dovere la carne ce ne vuole e le costolette devono provenire da un nobile suino che, come amano scherzare in quel di 'Rezzo, si è sacrifcato per farci felici e grassottelli. E poi certamente ci vuole pazienza perché, anche questo si sa, questa tipologia di animale richiede una cottura piuttosto aggressiva e accurata.

Buono la domenica a pranzo, è il protagonista di grigliate con gli amici o per i menù delle gite fuori porta. Un piatto così semplice da essere allo stesso tempo disarmante e commovente. Una ricetta basica, minimale, che riporta alla memoria le giornate d'estate e quei pranzi in giardino dove tutta la famiglia si cimenta in una credibilissima imitazione di cavallette fameliche.

(ClaFa)

Che vita sarebbe senza maiale? Che esistenza condurremmo senza il costoliccio?
Bello, caldo, ruvvedo (ruvido in vernacolo ndr), grasso e confortante. Addentare una costoletta fumante è uno dei gesti più piacevoli, conviviali e naturali della cultura culinaria aretina. Seguendo il principio base che "del maiale non si butta via niente", per fare questo secondo piatto servono tre cose: il fuoco, il maiale e il tempo. Sì perché di brace per cuocere a dovere la carne ce ne vuole e le costolette devono provenire da un nobile suino che, come amano scherzare in quel di 'Rezzo, si è sacrifcato per farci felici e grassottelli. E poi certamente ci vuole pazienza perché, anche questo si sa, questa tipologia di animale richiede una cottura piuttosto aggressiva e accurata.

Buono la domenica a pranzo, è il protagonista di grigliate con gli amici o per i menù delle gite fuori porta. Un piatto così semplice da essere allo stesso tempo disarmante e commovente. Una ricetta basica, minimale, che riporta alla memoria le giornate d'estate e quei pranzi in giardino dove tutta la famiglia si cimenta in una credibilissima imitazione di cavallette fameliche.

(ClaFa)

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