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Dalla corte dei Medici al laboratorio di Mattei fino ai pacchi inviati ad Arezzo da Redi: la ricetta dei cantuccini

Un simbolo incontrastato di autenticità e toscanità divenuto popolare in tutto il territorio regionale oltre che in tutto il mondo

  • Categoria

    Dessert
  • Difficoltà

    Facile
  • Tempo

    60 minuti
  • Dosi

    30 cantucci
  • 2 uova
  • 170 grammi di zucchero
  • 280 grammi di farina 00
  • ½ cucchiaino di bicarbonato
  • 40 grammi di burro morbido
  • 70 grammi di di mandorle sgusciate e non pelate
  • 1 arancia
  • 1 cucchiaio di miele
  • 1 tuorlo per spennellare

Procedimento

In una ciotola rompete due uova intere e lavoratele con lo zucchero semolato avendo cura di utilizzare uno sbattitore elettrico. Successivamente unite la farina e il bicarbonato e mescolate fino a ottenere un impasto granuloso. Aggiungete burro, mandorle intere, scorza d’arancia e miele. Lavorate velocemente l’impasto e formate un panetto. Dividete il panetto in due parti e con le mani lievemente infarinate ricavate da ciascuna un filoncino. Disponeteli su una teglia coperta di carta forno e spennellateli con il tuorlo d’uovo. Fate cuocere in forno preriscaldato a 190° per 20 minuti. Ritirateli, fateli riposare qualche minuto e tagliate ogni filone a fettine diagonali, dello spessore di un centimetro circa. Fate dorare i biscotti per altri 5 minuti in forno a 200°. Sfornate i cantucci e fateli raffreddare prima di servirli.

La ricetta

Se c'è uno simbolo di toscanità questo è il cantuccino. Un biscotto dall'apparenza semplice ma che una volta arrivato alle papille gustative sorprende e conquista. Tipici della provincia di Prato i cantuccini (o cantucci) sono esportati in tutta la regione e sono il dessert che in casa, o al ristorante, non può mancare mai. La ricetta tradizionale prevede che la loro realizzazione avvenga con le mandorle intere. Ma sappiamo bene che le tradizioni sono suscettibili a modifiche dettate dalla creatività di massaie e chef pasticceri. Non è anomalo infatti trovarne con gocce di cioccolato, nocciole, canditi e altra frutta secca al loro interno. Non tutti sanno invece che nel 2011 è nata anche una confederazione di produttori l'Assocantuccini con l'esplicito obiettivo di riuscire ad ottenere il riconoscimento di Indicazione geografica protetta (Igp) per questa leccornia. Un traguardo tagliato nell'agosto del 2015 grazie anche al contributo di alcune delle più popolari e apprezzate pasticcerie della provincia di Arezzo. Stando a quanto ricostruito dagli esperti dell'associazione, l’origine dei cantuccini risale almeno al XVI secolo e il nome sembra derivare da “canto”, parte di un insieme, o da “cantellus“, in latino “pezzo o fetta di pane”. Il biscotto nella sua forma “dolce” si inserisce invece nel solco della produzione e consumo dolciario affermatosi a partire dal XIV secolo, come conseguenza di quello che gli storici hanno definito “boom dello zucchero”, seguito alla diffusione della coltivazione della canna da zucchero in Nord Africa ed Europa Meridionale. A partire dalla seconda metà del ‘500, i cantucci fecero la loro comparsa alla corte dei Medici, anche se, come mostra la ricerca effettuata sulle ricette dell’epoca, non contenevano ancora mandorle, ispirandosi ai già conosciuti biscotto di Pisa e al parente “biscotto genovese”. Il ‘700 fu caratterizzato dal diffondersi dei cantucci in diverse varianti, ma solo a partire dal ‘900 i cantuccini alle mandorle iniziarono ad essere prodotti in tutta la Toscana sempre più su larga scala. Oggi questa specialità dolciaria è esportata in tutto il mondo. Tra gli aretini celebri ghiotti di cantuccini si trova il medico naturalista Francesco Redi che dopo essersi trasferito a Pisa era solito accompagnare le lettere con amici e parenti aretini da una scatola di cantucci (all'epoca ancora senza mandorle). Inoltre l'illustre concittadino ne fa riferimento nel suo Libro de’ ricordi, che copre gli anni che vanno dal 1647 al 1697. La prima ricetta documentata di questo dolce è un manoscritto, conservato nell'archivio di Stato di Prato, di Amadio Baldanzi, un erudito pratese del XVIII secolo. In questo documento i biscotti vengono detti alla genovese. Sarà poi Antonio Mattei, celeberrimo pasticcere di Prato, a creare nel 1858 la ricetta classica. Un esperimento così ben riuscito che all'epoca gli valse il conferimento di numerosi premi alle fiere campionarie italiane e estere oltre ad una menzione speciale all'esposizione universale di Parigi nel 1867. La bottega laboratorio di Mattei è ancora oggi un punto di riferimento per tutti gli appassionati di questo stupendo biscotto ed è considerata l'unica incontrastata depositaria della ricetta tradizionale. 

(ClaFa)

Un calice in abbinamento

Piatto tradizionale che deve essere accompagnato a un vino altrettanto figlio della tradizione toscana: il Vin Santo. Per essere rispettosi fino in fondo, peschiamo - tra i tanti ottimi tipi che si producono in regione - dalla provincia di Prato con il Vin Santo di Carmignano Doc, a base Trebbiano e Malvasia bianca. Colore oro, ambrato per la Riserva. Profumo intenso e dal ventaglio ampio: fichi sciroppati, uva passa, scorzetta d'arancia e albicocca disidratata; sorso vellutato, dolce, avvolgente, sostenuto da spiccate freschezza e sapidità. Una scia saporosa lunghissima, per sostenere la persistenza di un grande cantuccio artigianale. Ovviamente, il cantuccino non si intinge nel bicchiere: anche Chianti e Fiorentina vanno a nozze, ma non ci si sogna di intingere la fetta di carne nel calice di rosso :) 

(Mat.Cial.)

Se c'è uno simbolo di toscanità questo è il cantuccino. Un biscotto dall'apparenza semplice ma che una volta arrivato alle papille gustative sorprende e conquista. Tipici della provincia di Prato i cantuccini (o cantucci) sono esportati in tutta la regione e sono il dessert che in casa, o al ristorante, non può mancare mai. La ricetta tradizionale prevede che la loro realizzazione avvenga con le mandorle intere. Ma sappiamo bene che le tradizioni sono suscettibili a modifiche dettate dalla creatività di massaie e chef pasticceri. Non è anomalo infatti trovarne con gocce di cioccolato, nocciole, canditi e altra frutta secca al loro interno. Non tutti sanno invece che nel 2011 è nata anche una confederazione di produttori l'Assocantuccini con l'esplicito obiettivo di riuscire ad ottenere il riconoscimento di Indicazione geografica protetta (Igp) per questa leccornia. Un traguardo tagliato nell'agosto del 2015 grazie anche al contributo di alcune delle più popolari e apprezzate pasticcerie della provincia di Arezzo. Stando a quanto ricostruito dagli esperti dell'associazione, l’origine dei cantuccini risale almeno al XVI secolo e il nome sembra derivare da “canto”, parte di un insieme, o da “cantellus“, in latino “pezzo o fetta di pane”. Il biscotto nella sua forma “dolce” si inserisce invece nel solco della produzione e consumo dolciario affermatosi a partire dal XIV secolo, come conseguenza di quello che gli storici hanno definito “boom dello zucchero”, seguito alla diffusione della coltivazione della canna da zucchero in Nord Africa ed Europa Meridionale. A partire dalla seconda metà del ‘500, i cantucci fecero la loro comparsa alla corte dei Medici, anche se, come mostra la ricerca effettuata sulle ricette dell’epoca, non contenevano ancora mandorle, ispirandosi ai già conosciuti biscotto di Pisa e al parente “biscotto genovese”. Il ‘700 fu caratterizzato dal diffondersi dei cantucci in diverse varianti, ma solo a partire dal ‘900 i cantuccini alle mandorle iniziarono ad essere prodotti in tutta la Toscana sempre più su larga scala. Oggi questa specialità dolciaria è esportata in tutto il mondo. Tra gli aretini celebri ghiotti di cantuccini si trova il medico naturalista Francesco Redi che dopo essersi trasferito a Pisa era solito accompagnare le lettere con amici e parenti aretini da una scatola di cantucci (all'epoca ancora senza mandorle). Inoltre l'illustre concittadino ne fa riferimento nel suo Libro de’ ricordi, che copre gli anni che vanno dal 1647 al 1697. La prima ricetta documentata di questo dolce è un manoscritto, conservato nell'archivio di Stato di Prato, di Amadio Baldanzi, un erudito pratese del XVIII secolo. In questo documento i biscotti vengono detti alla genovese. Sarà poi Antonio Mattei, celeberrimo pasticcere di Prato, a creare nel 1858 la ricetta classica. Un esperimento così ben riuscito che all'epoca gli valse il conferimento di numerosi premi alle fiere campionarie italiane e estere oltre ad una menzione speciale all'esposizione universale di Parigi nel 1867. La bottega laboratorio di Mattei è ancora oggi un punto di riferimento per tutti gli appassionati di questo stupendo biscotto ed è considerata l'unica incontrastata depositaria della ricetta tradizionale. 

(ClaFa)

Un calice in abbinamento

Piatto tradizionale che deve essere accompagnato a un vino altrettanto figlio della tradizione toscana: il Vin Santo. Per essere rispettosi fino in fondo, peschiamo - tra i tanti ottimi tipi che si producono in regione - dalla provincia di Prato con il Vin Santo di Carmignano Doc, a base Trebbiano e Malvasia bianca. Colore oro, ambrato per la Riserva. Profumo intenso e dal ventaglio ampio: fichi sciroppati, uva passa, scorzetta d'arancia e albicocca disidratata; sorso vellutato, dolce, avvolgente, sostenuto da spiccate freschezza e sapidità. Una scia saporosa lunghissima, per sostenere la persistenza di un grande cantuccio artigianale. Ovviamente, il cantuccino non si intinge nel bicchiere: anche Chianti e Fiorentina vanno a nozze, ma non ci si sogna di intingere la fetta di carne nel calice di rosso :) 

(Mat.Cial.)

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