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Cronaca

"Violenza sessuale nei locali della Asl", la denuncia di una giovane. Operatore a processo

Il racconto della ragazza è stato cristallizzato in incidente probatorio. Ieri l'uomo ha parlato di fronte ai giudici raccontando la sua versione dei fatti. A marzo il verdetto

L'accusa è pesantissima: quella di aver violentato una ragazza, mentre si trovava sul posto di lavoro. A finire sul banco degli imputati è un dipendente della Asl Toscana Sud Est, denunciato da una giovane che svolgeva il servizio civile in una struttura della provincia di Arezzo. I fatti contestati risalgono alla primavera del 2019 e ieri, di fronte al collegio giudicante presieduto dal giudice Filippo Ruggiero, presso il tribunale di Arezzo, si è conclusa l'istruttoria. La sentenza per il delicatissimo caso, che ha destato scalpore, è attesa per il prossimo 28 marzo. 

Durante l'iter processuale sono stati oltre 25 i testimoni ascoltati (tra i quali i colleghi dell'uomo, gli agenti di polizia che si occuparono della vicenda, i familiari della giovane, i medici che la visitarono). Ieri è stata la volta dell'imputato, difeso dall'avvocato Luca Bufalini, a rispondere al fuoco di fila di domande della pubblica accusa, della parte civile e del proprio difensore. Le parole della giovane, all'epoca dei fatti 23enne, rappresentata dall'avvocato Edi Cassioli, erano già state cristallizzate in incidente probatorio nel novembre del 2019 e oggi in aula hanno il valore di una prova. 

Ma cosa accadde in quella struttura? La vicenda emerse quando la giovane si recò presso il pronto soccorso chiedendo aiuto. Scattò il codice rosa e la denuncia. I medici, con il tatto e la delicatezza richiesti ogni qual volta si presenti il sospetto di una violenza, la visitarono e la ascoltarono. Lei raccontò la sua verità: di essere stata vittima di un abuso sessuale avvenuto nei locali della Asl. Affermò che ad usarle violenza sarebbe stato un operatore quarantenne che lavorava nella stessa struttura. In udienza preliminare entrarono nel fascicolo i documenti relativi alle visite mediche, le parole pronunciate in incidente probatorio e gli esiti di un test del dna (tracce biologiche trovate sugli indumenti della 23enne furono comparati con il dna dell'imputato). L'uomo decise di non avvalersi del rito abbreviato, ma di affrontare un processo ordinario per poter contestare le accuse in aula con  testimoni e consulenti. 

Ieri una nuova udienza, la penultima. L'imputato ha ripercorso l'episodio, negando la violenza. Una versione diametralmente opposta.

L'istruttoria si è conclusa e nel mese di marzo si svolgerà l'ultima udienza con la requisitoria della pm Elisabetta Iannelli e le arringhe finali dei legali. Poi la volta della sentenza. 

Nel procedimento anche la Asl si è costituita parte civile ed è rappresentata dall'avvocato Giuseppe Nerio Carugno. 

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