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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"Vendite di oro fittizie per frodare il fisco", perquisizioni anche ad Arezzo

Una società salentina è finita nel mirino della Procura di Lecce: 8 misure cautelari. E parte del metallo prezioso che la srl vendeva sarebbe arrivata alle aziende aretine, tramite una sede della società presente proprio in città

Gli affari della srl di Lecce finita nel mirino della Guardia di finanza gravitavano introno alla compravendita di oro. E parte del metallo prezioso sarebbe arrivata alle aziende aretine, tramite una sede della società presente proprio in città. Si trova nella zona di Saione e anche lì, come in altre sedi di cinque province italiane, sarebbero state fatte le perquisizioni. Stando a quanto trapela – le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza della città salentina - nell’Aretino non sarebbero emerse situazione di particolare gravità. Di fatto però la società operava da tempo in città ed era anche radicata nel territorio, tanto da fregiarsi sul proprio sito del titolo di rivenditore ufficiale di fedi di un celebre marchio aretino. 
L’operazione condotta dalle fiamme gialle, con accertamenti andati avanti dal 2020 ad oggi, hanno portato a otto misure di custodia cautelari, di cui un arresto, sei domiciliari e un’interdizione. 
Ma di cosa sono accusati gli otto indagati? Le ipotesi di reato sono quelle di associazione per delinquere, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, sottrazione al pagamento delle imposte e bancarotta fraudolenta. La srl, la cui sede principale è a Racale in provincia di Lecce, di fatto svolge attività di "commercio di oro, metalli preziosi ed oro da investimento" e il suo titolare è iscritto nell’apposito elenco della Banca d’Italia. L’impresa ha dei punti di rappresentanza ad Arezzo, Catanzaro, Roma e Marcianise. 
Gli inquirenti hanno seguito i movimenti degli indagati da oltre tre anni. Incrociando i dati e svolgendo accurate verifiche, le fiamme gialle avrebbero fatto emergere un complesso” sistema di frode fiscale esteso in ambito intra ed extra Ue (Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Gran Bretagna, Albania, Australia e Svizzera)”. Secondo la tesi della Procura salentina, i titolari, con la complicità di alcuni professionisti e grazie ad una rete di "prestanome", tra il 2016 e il 2020 avrebbero utilizzato diverse società "cartiere" con sedi all'estero alle quali inviavano bonifici per saldare fatture compravendite ritenute inesistenti ma "idonee a simulare l'acquisto di partite d'oro dall'estero", spiegano gli investigatori. Dai conti all’estero i titolari prelevavano in contanti migliaia di euro che venivano poi reintrodotti "sul territorio nazionale". Somme che in parte erano usate per ulteriori "transazioni finanziarie estero su estero, facendone perdere ogni tracciabilità". 
Ma quale era l’obiettivo? Stando a quanto sostenuto dagli inquirenti, era la frode fiscale. Tanto che alla fine anche la sede legale della società sarebbe stata trasferita in Bulgaria. Gli indagati, pare per impedire al fisco italiano di incassare le imposte non pagate si sarebbero liberati "fittiziamente degli asset patrimoniali della società - destinata a una irreversibile situazione di dissesto e poi fallita - trasferendoli ad altra società attiva nello stesso settore e riconducibile di fatto alla stessa governance".

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