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Negozi di intimo chiusi, nubi sul futuro dei lavoratori. Ancora niente passaggio al gruppo Calzedonia

Le attività del centro storico di Arezzo e del centro commerciale Setteponti (Intimissimi, Calzedonia, Tezenis) sono serrate da settimane, ufficialmente per inventario. Ecco cosa è successo: dai guai fiscali dell'attuale società alla mancata vendita alla Spa di Verona. Gli scenari

Un punto interrogativo enorme aleggia sul futuro di 33 dipendenti dei punti vendita di intimo e costumi da bagno, chiusi da settimane, a marchio Intimissimi, Intimissimi UomoCalzedonia e Tezenis che si trovano in centro storico ad Arezzo, in corso Italia, e nel centro commerciale Setteponti (ex Ipercoop). Ufficialmente sono tutti chiusi "per inventario", come si legge dalle scritte sulle vetrine, ma la situazione è estremamente complicata. Un'incertezza che rischia di protrarsi ancora a lungo, se non si giungerà rapidamente a un accordo per la riapertura dei negozi. All'orizzonte c'è un cambio di proprietà, con le società aretine che attualmente li gestiscono in franchising che potrebbero fare un passo indietro, in favore del Gruppo Calzedonia, la grande Spa italiana con sede a Verona che detiene, tra gli altri, anche il brand Signorvino.

I negozi Intimissimi, Tezenis e Calzedonia di Arezzo chiusi

I guai con il fisco

La situazione per le attività aretine, ora chiuse e in attesa di riaprire, si è complicata a partire da inizio febbraio, quando sono scattati i sequestri della Guardia di Finanza della compagnia aretina ordinati dalla Procura di Arezzo, che aveva aperto un'inchiesta per omesso versamento dell'Iva e delle ritenute fiscali. All'origine dell'indagine un accertamento dell'Agenzia delle Entrate relativo alle annualità 2016 e 2017. I finanzieri hanno così sequestrato oltre 300mila euro nei conti correnti e oltre 400mila euro in immobili riconducibili alle società controllanti i negozi (che hanno i marchi in licenza, pertanto il gruppo Calzedonia nulla c'entra con l'inchiesta).

La possibile soluzione

Lo scorso maggio, a seguito delle difficoltà, il legale rappresentante - l'imprenditore Giorgio Venturini - aveva esplicitato (questa l'intervista a La Nazione) la volontà di cedere le attività al gruppo Calzedonia. Nella circostanza si era difeso dalle accuse dicendo di pagare per colpe non sue. "Sono convinto di pagare colpe non mie, ma di chi nel tempo ha creato una situazione incredibile a mia totale insaputa. Ma sono cose che con il tempo verranno a galla e spero di poter dimostrare". E aveva aggiunto: "Entro la fine del mese tutto dovrebbe essere a posto". Ma maggio è passato, giugno quasi e ancora non si vede una soluzione per la riapertura dei punti vendita e per la continuità lavorativa dei 33 assunti (quasi tutti donne).

Gli scenari e l'intervento dei sindacati

Sono entrati in campo i sindacati, che stanno seguendo da vicino l'evoluzione della situazione. Marco Pesci, segretario Filcams Cgil Arezzo, spiega: "Ci siamo attivati, aprendo un canale di discussione con il gruppo Calzedonia, ma l'acquisizione appare ancora lontana. Ecco perché sarebbe fondamentale aver accesso per le dipendenti agli ammortizzatori sociali, cosa che chiediamo a gran voce". L'interlocuzione dei rappresentanti dei lavoritari con attuale e possibile futura proprietà è costante, ma ci sarebbero degli ostacoli al passaggio. In particolare, il principale sarebbe quello del pagamento del Tfr del personale, circa 200mila euro, essendoci assunti che contano anche 12 anni di servizio. Uno scenario possibile è che per le attività aretine venga aperta la procedura fallimentare: a quel punto il gruppo Calzedonia sarebbe certamente tra i pretendenti per la riapertura. Ma il rischio è che i tempi si allunghino incredibilmente, rispetto a quanto inizialmente ipotizzato da Venturini. Con i negozi aretini fermi ancora a lungo.

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