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Cronaca Sansepolcro

"Ho trovato il tesoro di Montecristo". L'ultima verità di Pecorelli

Secondo il racconto reso a La vita in diretta sarebbero già stati dissotterrati due forzieri su tre. Ad aiutare l'imprenditore sarebbe stato un prete: "Mi ha salvato e mi ha procurato le ossa trovate bruciate nell'auto"

Sembrano usciti dalla penna di Gabriel García Márquez i racconti di Davide Pecorelli, tanto sono intrisi di realismo magico. L'uomo della Valtiberina, trovato vivo dopo 9 mesi durante i quali quasi tutti lo credevano morto bruciato in un'auto in Albania, è ricomparso improvvisamente nel Tirreno, nelle acque dell'isola di Montecristo. E proprio in questo luogo letterario, lui che in Albania si qualificava come scrittore, avrebbe non solo cercato, ma anche trovato un tesoro. Quello leggendario di San Mamiliano. "Tre forzieri con 250 chili di monete d’oro zecchino da cinque grammi l’una”. Ecco i dettagli da realismo magico che fanno la differenza. Un tesoro da spartire con la persona che l'avrebbe salvato e guidato. Ovvero "il prete che mi ha indicato i luoghi del ritrovamento”, ha detto ancora Pecorelli che ieri è stato intervistato da La vita in diretta, programma di Rai 1. Ha raccontato di aver già trovato due dei tre forzieri contenenti l'oro, a Cala Corfù e a Cala Fortezza. Poi, prima di rintracciare la terza parte delle ricchezze (a Cala Maestra), sarebbe stato intercettato dai carabinieri forestali che hanno messo fine alla sua seconda vita da Cristiano, il nome con cui Pecorelli si faceva chiamare in Albania. Aveva con sé picconi, sacchi e mappe. Le monete sarebbero rimaste sull'isola, al sicuro. Spiega il Corriere dell'Umbria che sarebbero state "troppo pesanti per essere portare nel garage affittato sulla terraferma". Ma - ha detto Pecorelli - "ho le foto e le ho mandate in Procura, a Perugia”. Ma la Procura, aggiunge il Corriere, smentisce il particolare. Non il racconto, che sarebbe lo stesso reso nell’audizione di lunedì. Sarebbe stato il capo della comunità di Medjugorie - dove Pecorelli ha detto di aver trascorso ben 8 mesi - ad indicargli i luoghi del ritrovamento. Una figura salvifica quella del religioso perché "avevo deciso di suicidarmi”, ha detto ancora Pecorelli, “poi sono andato a confessarmi da un prete che mi ha convinto a non farlo e a simulare la mia morte”. In sostanza, il capo religioso sarebbe il complice che avrebbe aiutato Pecorelli a bruciare la Skoda Fabia dandogli pure i resti umani che sono stati ritrovati carbonizzati nel mezzo. Ossa prese da una fossa comune. Ma la figura del prete resta avvolta nel mistero. “Non  farò mai il suo nome, è la persona che mi ha salvato la vita", ha detto ancora l'imprenditore.

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