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Cronaca

Spara al cognato: resta in carcere. L'avvocato: "Pistola con sé perché non aveva un luogo dove custodirla"

Ieri la decisione del gip: i legali avevano chiesto i domiciliari. La versione del 41enne e l'ordinanza del tribunale

La lite tra fratello e sorella, la chiamata al marito, l'arrivo dell'uomo nell'abitazione del cognato e poi lo sparo. Si stanno delineando i contorni della drammatica vicenda che si è verificata mercoledì scorso nella periferia nord di Arezzo. Un diverbio per questioni di organizzazione di un delicato menage familiare ha sfiorato la tragedia e dilaniato una famiglia: un uomo è in gravi condizioni in ospedale, il cognato che ha sparato si trova in carcere. Ieri per il 41enne, fino a pochi giorni fa di professione vigilante, si è svolto l'interrogatorio di garanzia, presso il carcere di Arezzo. L'uomo ha continuato a collaborare con gli inquirenti, raccontando la sua verità di fronte al gip Giulia Soldini e alla pm Julia Maggiore. Poi, dopo alcune ore di camera di consiglio, la decisione: al momento resterà in carcere. "Considerata la particolare conflittualità familiare - riporta l'ordinanza - vi è il pericolo che - sebbene C. sia incensurato - di episodi di violenza nel contesto domiciliare, possano ulteriormente verificarsi". A pesare sulla decisione del gip sarebbe stata anche "la freddezza dimostrata" oltre al "fatto che portasse sempre addosso l'arma carica". 

Da quanto riportato nell'ordinanza, la lite si sarebbe innescata quando il fratello avrebbe espresso la volontà di prendersi cura a tempo pieno dell'anziana mamma, con la quale vive, e di lasciare il proprio lavoro. Le parole tra fratelli si sarebbero fatte pesanti. E così  la sorella ha deciso di rivolgersi al marito che l'ha raggiunta. Poi il dramma.

La versione del vigilante

Ieri F.C. ha raccontato la sua verità. "Ha spiegato che si è trattato di un terribile incidente", hanno raccontato il legali Piero Melani Graverini e Gian Luca Felciai all'uscita della casa circondariale cittadina. "E' in stato di choc e continua a chiedere come stia il cognato, perché gli è molto legato". 

Il 41enne ha ripercorso le fasi di quel concitato pomeriggio, partendo dalla visita della sorella alla madre che vive con lui. Il diverbio si sarebbe innescato in breve tempo. La situazione sarebbe precipitata all'arrivo del marito 45enne della donna. Stando quanto raccontato dall'uomo agli inquirenti, "la porta della stanza della madre, dove lui si trovava chiuso, sarebbe stata aperta con violenza, abbattuta". F.C. che aveva indosso l'arma, ha raccontato di essersi spaventato, di aver perso l'equilibrio e a quel punto sarebbe partito il colpo che ha centrato all'addome il cognato. Poi le urla, la paura e le richieste d'aiuto. Alcune telefonate alle forze dell'ordine sono state fatte dallo stesso vigilante.

All'arrivo dei sanitari il 45enne era riverso a terra, privo di sensi. E' stato portato subito al San Donato e poi operato. Il cognato invece, dopo aver parlato a lungo con gli inquirenti, è stato arrestato. 

La versione fornita dal 41enne dovrà essere supportata da perizie e consulenze. 

La pistola e l'assenza di un armadio dove custodirla

Ma perché quella pistola, una Beretta calibro 40, si trovava a portata di mano? E' questo il grande dubbio degli inquirenti, al quale l'uomo avrebbe tentato di rispondere.  "Perché - riporta l'avvocato Graverini - il 41enne non ha un armadietto dove custodirla e per questo la teneva sempre con sé. Anche mercoledì sera, durante la lite, l'aveva addosso". 

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