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Cronaca

Rosato, la Corte d'appello ribadisce: Richline non deve pagare 2 milioni

La Corte d'appello ha dato ragione a Richline. Nella diatriba tra il marchio statunitense e Simona Rosato anche il secondo grado di giudizio è stato vinto dall'azienda del gruppo di Warren Buffet. Così Richline non dovrà pagare i quasi 2milioni di...

La Corte d'appello ha dato ragione a Richline. Nella diatriba tra il marchio statunitense e Simona Rosato anche il secondo grado di giudizio è stato vinto dall'azienda del gruppo di Warren Buffet. Così Richline non dovrà pagare i quasi 2milioni di euro chiesti da Rosato.

Secondo la Corte d'appello tra Richline e Simona Rosato non fu instaurato alcun rapporto di lavoro, pertanto la richiesta dell'imprenditrice, che da sola riuscì fondare un marchio per lungo tempo fu estremamente in voga, è stata respinta.

Il contenzioso si sviluppò in seguito all'intenzione da parte di Richline di acquisire gli asset societari. In una lettere d'intenti era stato anche definito il ruolo che, una volta concluso l'affare, l'imprenditrice avrebbe assunto. Per Rosato era stato delineato un posto da consulente dirigenziale, per un compenso di 250mila euro l'anno.

L'accordo però non arriva in fondo, l'affare sfuma. Passa il tempo e il marchio Rosato viene rilevato da Bros Manifatture. Ma la vicenda precedente continua prima al Tribunale del lavoro, poi in Corte d'Appello. Simona Rosato ha sostenuto di essere stata alle dipendenze degli statunitensi e ha chiesto i compensi come dirigente, le spettanze per la cessazione del rapporto di lavoro e i danni. Un conto da quasi 2 milioni di euro. Un conto che però in ben due gradi di giudizio è stato deciso non fosse legittimo saldare.

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