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Cronaca

Caso Reses, dopo i patteggiamenti di Mazzetti e Beoni prosegue l'udienza preliminare

Questa mattina il gip Stefano Cascone si è astenuto (essendosi occupato di un altro filone della vicenda giudiziaria che è stato stralciato): di nuovo in aula il 9 febbraio

Battuta d'arresto dell'udienza preliminare per il caso Reses. Dopo i patteggiamenti dello scorso ottobre da parte di Daniele Mazzetti (considerato dalla pubblica accusa il dominus dell'organizzione) e di Letizia Beoni, presidente del consorzio, oggi in aula il gip Stefano Cascone si è astenuto (essendosi occupato di un altro filone della vicenda giudiziaria che è stato stralciato). Il presidente del Tribunale dovrà quindi decidere se accogliere l'istanza del gip e nominare un altro giudice o se far proseguire il procedimento di fronte a Cascone. L'udienza è stata inviata al prossimo 9 febbraio. Nel frattempo è stata avanzata la richiesta da parte del consorzio Reses di costituirsi parte civile. 

L'udienza preliminare vede sul banco degli imputati sette persone. Tra loro anche l'ex presidente della provincia Roberto Vasai e il contabile Alessandro Corsetti. Vasai molto probabilmente opterà per il procedimento ordinario, mentre altri imputati potrebbero scegliere la strada del rito abbreviato o del patteggiamento. Proprio come hanno fatto Mazzetti (assistito dal legale Luca Fanfani) e Letizia Beoni (assistita dall'avvocato Roberto Alboni) che hanno patteggiato rispettivamente un anno e 6 mesi ed un anno per alcuni dei reati ritenuti più pesanti, quale ad edempio l'associazione a delinquere. Per altri reati, di tipo fiscale, dovranno invece intraprendere un nuovo procedimento separato dal primo. 

Le ipotesi dell'accusa

La vicenda venne a galla nel giugno del 2019: in quel mese la Guardia di Finanza eseguì tre ordini di custodia cautelare nei confronti dei vertici di Reses. Le indagini degli inquirenti hanno fatto un salto indietro nel tempo, fino al 2013, e avrebbero accertato che nell'arco di alcuni anni sarebbero state 10 le cooperative costituite e poi fallite.  In tutto sarebbero stati evasi 26 milioni di euro. Secondo gli inquirenti infatti, gli indagati avrebbero "Ideato un collaudato schema che prevedeva, tra l’altro, la partecipazione a “gare” pubbliche per l’affidamento di servizi socio-assistenziali, da parte di un consorzio, riconducibile agli indagati principali, per poi affidare l’esecuzione delle prestazioni a società cooperative “affiliate”, talora rappresentate da prestanome".

In pratica, secondo l'accusa, Reses avrebbe partecipato a bandi in svariate regioni per gestire residenze sanitarie assistenziali. Una volta vinto l'appalto, i lavori venivano poi assegnati a cooperative consorziate (in alcuni casi sostiene la Procura, intestate a prestanome) le quali ogni volta avrebbero percepito "indebite compensazioni" ma non avrebbero mai pagato i tributi. Fin quando le cooperative stesse venivano messe in liquidazione o fallivano. A quel punto avrebbero costituito nuove società e tutto sarebbe ripartito da capo.

Lo scorso ottobre ci sono stati i primi due patteggiamenti di fronte al giudice Giulia Soldini. L'udienza preliminare adesso andrà avanti per gli altri imputati. 

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