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Cronaca

Evasione milionaria dell'Iva: 32 orafi alla sbarra. C'è anche il numero uno di Oro Italia Trading

Tra i chiamati alla sbarra c'è anche Plinio Pastorelli, ex consigliere delegato di Oro Italia Trading difeso dagli avvocati Luca Fanfani e Pier Matteo Lucibello.

E' il giorno dell'udienza.
Questa mattina 32 orafi, tutti accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato per evasione (milionaria) dell'Iva, compariranno nell'aula del giudice Giampiero Borraccia.
Prende il via ufficialmente il procedimento che si riferisce all'operazione "argento vivo", attività venuta alla luca ben quattro anni orsono e che ha visto già quattro imprenditori del settore orafo arrestati per la frode.

In questo lasso di tempo gli inquirenti hanno terminato l'elenco di tutti coloro che potrebbero essere coinvolti nella vicenda.
Questa mattina l'avvio dell'udienza preliminare.
Tra i chiamati alla sbarra c'è anche Plinio Pastorelli, ex consigliere delegato di Oro Italia Trading difeso dagli avvocati Luca Fanfani e Pier Matteo Lucibello.

La vicenda

Le attività di indagine della GdF permisero scoprire una frode fiscale nel settore del commercio di metalli preziosi (principalmente argento, ma anche platino, palladio e rodio), attuata da due distinte organizzazioni criminali. I protagonisti erano due soggetti aretini, noti nel distretto orafo locale, che, pur non avendo alcun ruolo formale nelle società coinvolte, erano in grado di controllarne l’operatività, dirigendo i “prestanome” in maniera quasi militare arrivando al punto di dirgli come vestirsi o cosa dire durante gli atti gestionali.

Le due organizzazioni hanno acquistato per anni ingenti quantitativi di argento puro (in grani) in ambito nazionale, senza corrispondere l’IVA ai fornitori (applicando il meccanismo del “reverse charge”).

A questo punto l’argento puro veniva trasformato in semilavorato (fuso in verghe) senza alcuna effettiva finalità commerciale ma solo con l’obiettivo di assoggettare ad IVA le successive vendite attraverso società c.d. “cartiere” che non versavano nè IVA e nè II.DD.

Il metallo veniva poi definitivamente ceduto al cliente finale che lo faceva nuovamente affinare per ricollocarlo sul mercato. Il sistema fraudolento consentiva ai membri delle associazioni criminali di intascare l’IVA generata dalle operazioni commerciali strumentalmente realizzate, nonché al cliente finale di acquistare i metalli preziosi ad un prezzo sensibilmente inferiore a quello che avrebbe potuto spuntare se si fosse rivolto direttamente alle aziende che fornivano i beni e che davano inizio al “circuito” economico artificioso e “messo in piedi” al solo scopo di poter frodare l’erario.

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