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Cronaca

"Contagiata da una collega con la febbre". 25enne salvata dalle cure monoclonali, l’appello: “Vaccinatevi”

Il contagio, la malattia e lo spettro di possibili gravi complicazioni. La testimonianza di una cittadina risultata positiva al virus lo stesso giorno in cui avrebbe dovuto fare il vaccino

“Il vaccino anti Covid? Dobbiamo farlo tutti. Questa malattia non è uno scherzo”. Erica (nome di fantasia) è risultata positiva al Covid il giorno stesso in cui avrebbe dovuto fare la prima dose di vaccino e avviare il proprio percorso di immunizzazione. “Ho 25 anni e abito ad Arezzo - racconta - per motivi lavorativi e personali ho prenotato il vaccino due mesi dopo l’apertura della finestra per la mia fascia di età. Il 3 settembre, con entusiasmo, mi sono recata al centro vaccinale del Teatro Tenda. Durante l’anamnesi il medico mi ha chiesto se avessi mai avuto episodi di shock anafilattico. Ho raccontato che da piccola è accaduto perché sono allergica a degli alimenti. Lui mi ha risposto che per questa ragione avrei dovuto sottopormi al trattamento presso una struttura protetta e che loro, quel giorno, non avrebbero potuto fare nulla. Così mi hanno fatto la richiesta e mi hanno detto di attendere la loro chiamata”.

Il contagio, la malattia e le possibili complicazioni

Qualche giorno più tardi, Erica riceve una telefona da parte del personale sanitario con la quale viene messa al corrente della disponibilità di un posto libero il 15 settembre in ospedale per eseguire il vaccino. Così con la data pianificata, Erica è tornata alle sue occupazioni quotidiane. Lavoro, amici, famiglia. “Ed è stato proprio sul posto di lavoro che l’ho beccato - spiega - qualche giorno prima della data del mio vaccino una collega, dichiaratamente no vax, si è presentata in turno con qualche linea di febbre. Appena lo abbiamo scoperto sono scattate tutte le procedure del caso e siamo corsi a fare i tamponi. La sera stessa lei è risultata positiva al Covid mentre io, ed altri colleghi, lo siamo diventati dopo pochi giorni. Nel mio caso la conferma mi è arrivata lo stesso giorno in cui avrei dovuto essere in ospedale a fare il vaccino”. L’infezione su Erica si è presentata in una forma piuttosto significativa. Febbre, perdita del gusto e dell’olfatto, problemi di respirazione, affaticamento, tosse. “Come prevede il protocollo ho contattato il mio medico di base per attivare le procedure della quarantena - aggiunge - è stato lui a farmi presente come il Covid mi avrebbe potuto causare problemi seri poiché, essendo in sovrappeso, rischiavo complicazioni importanti. Per questa ragione mi ha proposto di sottopormi alla terapia monoclonale”.

La terapia monoclonale

Dopo aver ricevuto spiegazioni sul trattamento si è convinta ad accettare e successivamente è stata contattata dagli operatori Usca con i quali ha concordato il trasferimento in ospedale dove le sarebbe stata fatta la trasfusione. “Sono entra nel reparto Covid del San Donato e sono stata accolta da personale fantastico - racconta ancora - tutti si sono dimostrati comprensivi, attenti, scrupolosi e mai, mai una volta, mi hanno fatto sentire a disagio. Abbiamo dei professionisti davvero che lavorano sodo e rischiano ogni giorno in prima persona a cui dobbiamo dire grazie ogni giorno”.

"Vaccinatevi, io avrei voluto ma il virus è stato più veloce"

Dopo il trattamento è tornata a casa e al momento attende il tampone di controllo per essere dichiarata guarita. “Non vedo l’ora - aggiunge - in questi giorni il mio pensiero è stato soprattutto per i miei familiari, tra cui anche una persona anziana che vive con me. Ho avuto paura di aver contagiato anche loro. Questa esperienza è stata terribile sia per come si è sviluppata che per come mi è piombata addosso. Nei mesi precedenti alla prenotazione del vaccino ho fatto tamponi per qualsiasi ragione e spostamento. Ho sempre tenuto ad essere più che sicura del mio stato di salute. Poi però succede quello che è capitato a me e ai miei colleghi. Ecco alla luce di tutta questa vicenda vorrei dire a tutti di vaccinarsi perché se la scienza ci dà questa opportunità noi dobbiamo fare la nostra parte. Dobbiamo crederci perché, davvero, non è uno scherzo. Sono stata qualche ora dentro al reparto Covid e posso dire che quel poco tempo lì mi è bastato per tutta la vita. Vedere la fatica nei volti dei sanitari e sapere che poco distante dal tuo letto ci sono persone ricoverate che soffrono ti apre gli occhi. Io il vaccino avrei tanto voluto farlo ma purtroppo non mi è stato permesso, non ho fatto in tempo. Il virus è stato più veloce”.

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